15 Settembre 2021

Compensi professionali: l’avvocato può agire in via monitoria

di Lucia Di Paolantonio, Avvocato Scarica in PDF

Cass., Sez. Un., Sent., ud. 25 maggio 2021, 08.07.2021, n. 19427.

Recupero crediti – liquidazione del compenso – decreto ingiuntivo (artt 633 e 636 cod. proc. civ.)

[1] L’avvocato che intende agire per la richiesta dei compensi per prestazioni professionali può avvalersi del procedimento per ingiunzione regolato dagli artt. 633 e 636 cod. proc. civ., ponendo a base del ricorso la parcella delle spese e prestazioni, munita della sottoscrizione del ricorrente e corredata dal parere della competente associazione professionale, il quale sarà rilasciato sulla base dei parametri per compensi professionali di cui alla L. 31 dicembre 2012, n. 247, e di cui ai relativi decreti ministeriali attuativi. 

CASO

Con ricorso ex art. 363 cod. proc. civ. il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione ha richiesto che la Suprema Corte enunciasse nell’interesse della legge i principi di diritto ai quali il Tribunale di Roma avrebbe dovuto attenersi nel procedimento monitorio azionato da un avvocato per ottenere il pagamento di compensi per prestazioni professionali. Invero, il Tribunale di Roma aveva rigettato la richiesta di emissione di decreto ingiuntivo in favore di un avvocato, richiesta sulla base della parcella da lui sottoscritta e corredata del parere favorevole dell’ordine di appartenenza del legale. Il Procuratore Generale, rilevato che esistevano orientamenti difformi da quello cui aveva aderito il Tribunale di Roma, ha ripercorso i motivi addotti dal Giudice Capitolino, osservando che gli stessi non potevano essere accolti e che, al contrario, anche in seguito all’abolizione delle tariffe per i professionisti, restava in ogni caso possibile per gli avvocati procedere in via monitoria al fine di recuperare i propri crediti. Sostanzialmente, la Procura Generale riteneva che l’abolizione delle tariffe non avesse inciso sugli strumenti processuali previsti per il recupero dei crediti professionali e ciò in quanto: a) quando tra le parti non è intervenuto l’accordo il compenso è determinato in forza dei parametri fissati con decreto; b) la l. n. 27 del 2012, non ha inciso sugli strumenti processuali che l’ordinamento appresta per la tutela dell’avvocato né ha comportato l’eliminazione della possibilità di avvalersi del parere del consiglio dell’ordine, al fine di ottenere un decreto ingiuntivo; c) l’abrogazione delle tariffe non ha comportato la eliminazione di tutte le norme che, in modo diretto o indiretto, richiamano il sistema tariffario, ma ha solo determinato la sostituzione di un criterio per la determinazione dei compensi, quello appunto tariffario, con un altro, fondato sui parametri determinati con decreto ministeriale.

SOLUZIONE

La Corte di Cassazione ha dichiarato ammissibile il ricorso ed ha enunciato il principio di diritto ex art. 363 cod. proc. civ.

QUESTIONI

[1] La Suprema Corte, su impulso della Procura Generale, è stata chiamata ad assolvere la sua funzione nomofilattica in merito all’ammissibilità del procedimento monitorio quale strumento per il recupero dei crediti professionali a seguito dell’abolizione delle tariffe professionali.

Nella sentenza in commento, la Corte ha ripercorso, dopo l’abrogazione delle tariffe professionali, il metodo di determinazione del compenso dell’Avvocato, sostanzialmente evidenziando che l’art. 636 cod. proc. civ. u.c., prescrive che il giudice, se non rigetta il ricorso a norma dell’art. 640 cod. proc. civ., deve attenersi al parere nei limiti della somma domandata, salva la correzione degli errori materiali. Il parere di congruità ha dunque un’efficacia vincolante in sede di emissione di decreto ingiuntivo e perde tale efficacia in sede di opposizione.

Invero, la norma sostanziale, mai abrogata, che permette l’esistenza di una tale efficacia vincolante ad un atto amministrativo (parere dell’Ordine di appartenenza) è l’art. 2233 cod. civ., secondo cui il compenso dovuto per le prestazioni d’opera intellettuale, se non è convenuto dalle parti e se non può essere stabilito secondo le tariffe o gli usi, è determinato dal giudice, sentito il parere dell’associazione professionale a cui il professionista appartiene, così creando una gerarchia di carattere preferenziale tra i vari criteri di determinazione del compenso.

La gerarchia summenzionata, secondo gli Ermellini, in ogni caso non è stata di fatto intaccata dall’abolizione delle tariffe prevista dal d.l. 24 gennaio 2012, n. 11, convertito con modificazioni dalla L. 24 marzo 2012, n. 27, in quanto l’articolo 9 della legge citata prevede che, ferma l’abrogazione delle tariffe e la necessità che misura del compenso sia pattuita con il cliente, nel caso di liquidazione del compenso del professionista da parte di un organo giurisdizionale, il giudice deve far riferimento a parametri stabiliti con decreto del Ministro vigilante, da adottare in un termine prefissato.

Invero, anche il d.m. n. 140 del 2012, art. 1, dispone che, in difetto di accordo tra le parti in ordine al compenso, l’organo giurisdizionale che deve liquidare il compenso dei professionisti di cui al regolamento è tenuto ad applicare le disposizioni ivi contenute; disposizione analoga è contenuta anche nella successiva l. 247/2012, che ha ribadito la regola che i parametri si applicano quando non vi è una pattuizione tra le parti: a differenza delle tariffe, i parametri non distinguono più tra diritti e onorari, ma accorpano in fasi distinte la molteplicità delle attività compiute dal professionista.

Ripercorso brevemente l’evoluzione del sistema che passa dalle le tariffe ai  parametri, i Giudici del supremo consesso hanno evidenziato che, anche nel nuovo sistema, basato sull’accordo tra le parti e solo in via subordinata all’applicazione dei parametri, trova applicazione l’art. 636 cod. proc. civ., per cui nulla osta all’ottenimento del decreto ingiuntivo da parte dell’avvocato che, anche se non munito di un accordo scritto con il cliente, potrà ottenere il titolo sulla base della parcella sottoscritta e corredata del parere favorevole da parte del consiglio dell’Ordine di appartenenza.

In conclusione, dunque, la Corte ha enunciato il seguente principio di diritto « In tema di liquidazione del compenso all’avvocato, l’abrogazione del sistema delle tariffe professionali per gli avvocati, disposta dal D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito dalla L. 27 marzo 2012, n. 27, non ha determinato, in base all’art. 9 D.L. n. cit., l’abrogazione dell’art. 636 c.p.c. Anche a seguito dell’entrata in vigore del D.L. n. 1 del 2012, convertito dalla L. n. 27 del 2012, l’avvocato che intende agire per la richiesta dei compensi per prestazioni professionali può avvalersi del procedimento per ingiunzione regolato dagli artt. 633 e 636 c.p.c., ponendo a base del ricorso la parcella delle spese e prestazioni, munita della sottoscrizione del ricorrente e corredata dal parere della competente associazione professionale, il quale sarà rilasciato sulla base dei parametri per compensi professionali di cui alla L. 31 dicembre 2012, n. 247, e di cui ai relativi decreti ministeriali attuativi».

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