Clausola statuaria simul stabunt simul cadent per i membri del CdA: quando il suo esercizio è abusivo?
di Francesca Scanavino, Avvocato e Assistente didattico presso l’Università degli Studi di Bologna Scarica in PDFParole chiave: simul stabunt simul cadent – decadenza – abusività – strumentalità – consiglio di amministrazione – dimissioni – revoca – giusta causa – preavviso – equilibrio – risarcimento –
Massima: “Il carattere abusivo o strumentale dell’esercizio della clausola simul stabunt simul cadent si configura ogni qual volta le dimissioni di quell’amministratore o di quegli amministratori capaci di provocare la decadenza di tutto l’organo di gestione siano dettate unicamente o prevalentemente dallo scopo di eliminare amministratori sgraditi, in assenza di giusta causa, quindi eludendo l’obbligo di corresponsione degli emolumenti residui (ed in generale di risarcimento del danno) che spetterebbero loro se fossero cessati dalla carica, non per effetto della clausola in discussione, ma per revoca ex art. 2383 c. 3 c.c. nelle S.p.A. ed ex art. 1723 c. 2 e 1725 c.c. nelle S.r.l.” [Nel caso in esame, il Tribunale di Milano ha ritenuto che le dimissioni dei convenuti dalla carica di amministratori – con l’effetto, stante la presenza della clausola statutaria simul stabunt simul cadent, della decadenza di tutto l’organo – non fossero state strumentali alla compromissione dell’equilibrio all’interno dell’organo gestorio, ma, piuttosto, avessero risolto, secondo le regole statuarie, un conflitto insanabile personale creatosi tra gli amministratori e dannoso per la gestione della società.]
Disposizioni applicate: art. 2383 c. 3 c.c., art. 1723 c. 2 c.c. e art. 1725 c.c.
Tizia, in qualità di cessato amministratore di Alfa S.r.l. e detentrice del 29,97% del capitale sociale della stessa, ha convenuto in giudizio Alfa S.r.l., Caio, Sempronio (quest’ultimi anche amministratori di Alfa e detentori del suo capitale sociale rispettivamente del 29,97% e del 30,07%) per far dichiarare l’illegittimità della sua revoca dalla carica di amministratrice.
In particolare, Tizia lamentava che Caio e Sempronio si erano dimessi dal CdA di Alfa al fine di azionare strumentalmente la clausola statutaria simul stabunt simul cadent in modo tale ottenere la sua revoca – pur in assenza di giusta causa e senza preavviso – dalla carica di amministratrice, eludendo, in tale maniera, l’obbligo di risarcimento previsto a norma dell’art. 1725 c.c..
Il Tribunale di Milano, chiamato a decidere di tale vertenza, ha ritenuto che la domanda attorea fosse priva di fondamento.
Al riguardo, il Tribunale ha innanzitutto sottolineato che la clausola simul stabunt simul cadent:
(i) è finalizzata a mantenere costanti, a livello di organo gestorio, gli equilibri interni originariamente voluti e cristallizzati secondo una determinata configurazione nella delibera assembleare di nomina (cfr. ex multis Tribunale Milano, Sent. del 28 luglio 2010; Tribunale Milano, Sent. n. 4833 del 18 aprile 2016 e Tribunale Milano, Sent. n. 2303 del 2019); tale clausola funzionerebbe infatti da stimolo alla coesione dell’organo gestorio, poiché ciascun amministratore è consapevole che le dimissioni di uno/alcuni degli altri determinano la decadenza dell’intero consiglio e, nel contempo, che ciascuno può contribuire a quella decadenza quando in disaccordo con gli altri (così Tribunale Milano, Sent. n.247 del 14 gennaio 2020); e che
(ii) l’operatività fisiologica della stessa non implica l’obbligo di motivare la rinuncia all’incarico, sebbene spesso di fatto tale motivazione viene resa (si veda Tribunale Milano, Sent. n. 3388 del 13 marzo 2015 e Tribunale di Milano, Sent. n. 1124 del 31 gennaio 2019).
Ciò non significa che tale clausola non possa avere carattere abusivo o strumentale, ma tale carattere si configura quando le dimissioni di quell’amministratore o di quegli amministratori capaci di provocare la decadenza di tutto l’organo di gestione siano dettate unicamente o prevalentemente dallo scopo di eliminare amministratori sgraditi, in assenza di giusta causa, quindi eludendo l’obbligo di corresponsione degli emolumenti residui (ed in generale di risarcimento del danno) che spetterebbero loro se fossero cessati dalla carica, non per effetto della clausola in discussione, ma per revoca ex art. 2383 c 3 c.c. nelle S.p.A. ed ex art. 1723 c 2 e 1725 c.c. nelle S.r.l..
Nel caso in esame, il Tribunale ha rilevato come, in realtà, le dimissioni di Caio e Sempronio dal CdA fossero giunte solo dopo numerosi tentativi di riportare la gestione della società – che da tempo era disfunzionale per i contrasti tra l’attrice, da un lato, e i convenuti, dall’altro – ad un equilibrio.
Proprio in tale ottica, il giudice milanese ha rigettato le domande di Tizia, affermando che le dimissioni di Caio e Sempronio non sono state strumentali alla compromissione dell’equilibrio all’interno dell’organo gestorio, ma, piuttosto hanno risolto, secondo le regole statuarie, un conflitto insanabile personale creatosi tra gli amministratori e dannoso per la gestione della società.
Centro Studi Forense - Euroconference consiglia