Cessione di partecipazioni di società proprietaria di immobili: la prova del pactum fiduciae non richiede la forma scritta
di Mario Cascavilla Scarica in PDFCass. Civ., n. 9139 del 19 maggio 2020
Parole chiave: pactum fiduciae –– cessione di partecipazioni –– interposizione reale –– negozio fiduciario
Massima: “Il contratto di trasferimento di quote di partecipazione relativo a una società, indipendentemente dall’eventuale esistenza di immobili nel patrimonio di questa, non richiede nè ad substantiam nè ad probationem la forma scritta, la quale non è dunque necessaria per la validità e l’efficacia della cessione tra le parti”.
Disposizioni applicate: art. 1351 c.c. – art. 2300 c.c. – art. 2556 c.c.
La pronuncia che si commenta, in continuità con un orientamento ormai consolidato in giurisprudenza, conferma il noto principio secondo cui il contratto di trasferimento di partecipazioni societarie non richiede la forma scritta, neppure laddove la società sia proprietaria di beni immobili.
Nel caso di specie, l’attore aveva intestato provvisoriamente e fiduciariamente a sua moglie una partecipazione del 98% in una società proprietaria di un immobile, provvedendo egli stesso a fornire l’intera provvista di denaro ai fini dell’acquisto. Trascorsi alcuni anni dall’atto di acquisto, l’attore aveva chiesto alla moglie il ri-trasferimento della partecipazione societaria, senza successo.
Prende così avvio il giudizio di primo grado, nel cui ambito l’attore ha sostenuto che la fattispecie concreta potesse essere ricondotta ad una ipotesi di interposizione reale di persona, essendo il contratto di acquisto stato concluso formalmente dalla donna mentre era ben cosciente del fatto che il soggetto che sarebbe realmente divenuto titolare del rapporto sarebbe stato il marito. Il ché, gli avrebbe quindi consentito di ottenere il trasferimento in suo favore delle quote della società oggetto dell’intercorsa cessione o, quantomeno, la restituzione dell’importo versato.
L’iniziativa giudiziale non ha tuttavia avuto esito favorevole in prima battuta, avendo l’attore omesso di produrre in giudizio il documento recante il patto fiduciario. Ad opinione del Tribunale di Torino infatti, il pactum fiduciae, siccome relativo a beni immobili, avrebbe dovuto assumere la forma scritta ad substantiam e non avrebbe potuto essere provato per testimoni o per presunzioni.
In senso diametralmente opposto si è successivamente pronunciata la Corte d’Appello, che ha sottolineato come la prova dell’esistenza dell’accordo fiduciario non richiederebbe necessariamente la produzione del documento recante il patto, ancorché la società sia titolare di un bene immobile. L’acquisto della titolarità del bene, infatti, rappresenta solo un effetto indiretto del negozio concluso, volto invece in via diretta all’acquisto della partecipazione nella società.
Il caso, giunto innanzi alla Corte di Cassazione, viene risolto alla luce di un già consolidato orientamento giurisprudenziale, che può essere riassunto richiamando alcuni passaggi argomentativi della sentenza:
(i) la cessione di partecipazioni rappresenta un negozio che non comporta il passaggio, dal socio cedente, a quello cessionario, dei diritti immobiliari di cui sia titolare la società, che dunque restano nella titolarità della società, la quale non è parte del negozio di cessione;
(ii) con riferimento a suddetta tipologia di negozio, la legge non prescrive specifici obblighi di tipo formale. Secondo una giurisprudenza consolidata, il pactum fiduciae può essere qualificato come un contratto preliminare (Cass. Civ., n. 9010 dell’11 aprile 2018; Cass. Civ. n. 13216 del 25 maggio 2017; Cass. Civ., n. 8001 del 7 aprile 2011) che, ai sensi dell’art. 1351 c.c., è nullo se non è fatto nella stessa forma prescritta per il contratto definitivo.
Questa prospettiva consente di escludere, a priori, che il patto fiduciario sia soggetto alla forma scritta ad substantiam o ad probationem quando abbia ad oggetto il trasferimento di quote sociali, dal momento che il contratto di cessione di quote è a forma libera, ancorché la società sia proprietaria di immobili, dunque il negozio fiduciario che lo programmi non per forza dovrà risultare da un contesto documentale;
(iii) altresì non rileva che la legge prescriva che il negozio di trasferimento della partecipazione debba essere iscritto nel registro delle imprese, dal momento che la previsione non è diretta ad incidere sulla validità e sul perfezionamento del pactum fiduciae, bensì sull’opponibilità del patto alla società;
(iv) non assume infine rilievo la circostanza per cui l’acquisto della partecipazione abbia costituito una sorta di “sovrastruttura” volta in concreto ad ottenere un risparmio fiscale per l’acquisto della proprietà dell’immobile. Ad opinione dei giudici di legittimità, il contratto concluso tra moglie e marito era volto all’acquisto della partecipazione societaria, e non dell’immobile, avendo le parti inteso stipulare un negozio fiduciario concernente la quota; ne discende che, nell’indagine volta all’individuazione della disciplina da applicare al contratto, occorre guardare al negozio di trasferimento di partecipazioni e non a quello di trasferimento di una proprietà immobiliare.