Cessione di partecipazioni sociali: la società è estranea al contratto di compravendita delle proprie quote stipulato tra soci e/o terzi
di Dario Zanotti, Avvocato Scarica in PDFCass. civ., Sez. I, ordinanza del 4 ottobre 2022, n. 28717.
Parole chiave: vendita di quote – recesso del socio – determinazione del prezzo.
Massima: “Nel caso di recesso del socio (art. 2473 c.c.) il rapporto derivante dalla manifestazione di volontà del socio di esercitare il diritto di recesso a lui attribuito dallo statuto e in ogni caso dalla legge (art. 2473 c.c., comma 1, secondo periodo) è solo fra società e socio recedente anche quanto alle conseguenze patrimoniali della sua manifestazione di volontà alla società rivolta.
Nel caso di cessione a terzi per atto tra vivi della quota di partecipazione al capitale di società a responsabilità limitata (art. 2469 c.c.), il relativo contratto, cui la società è estranea, è valido e efficace fra le relative parti indipendentemente dal suo deposito presso il registro delle imprese, necessario solo per rendere il trasferimento efficace anche nei confronti della società, degli altri soci e dei terzi (art. 2470 c.c.).”
Disposizioni applicate: 2473 c.c.
La vicenda che si analizza riguarda principalmente (e in via molto sintetica) tre società: Alfa Immobiliare s.r.l. (socia di Beta Immobiliare S.r.l., che ha ceduto le proprie partecipazioni in tale società; d’ora in poi “Alfa”), Beta Immobiliare s.r.l. (“Beta”), e Omicron s.r.l. con la quale Beta ha stipulato una transazione (dopo la cessione delle quote da parte di Alfa) in esecuzione della quale la stessa Beta ha incassato una consistente somma di denaro (non tenuta in considerazione per il prezzo di cessione). I fatti si sono svolti nel 2002, quindi prima della riforma del 2003.
Alfa, venendo a conoscenza dell’incasso di Beta, ha chiesto e ottenuto dal Tribunale di Gamma decreto ingiuntivo con il quale è stato ingiunto a Beta di pagare a detta società ricorrente la propria quota della sopra indicata sopravvenienza attiva del patrimonio della stessa Beta, non prevista nel bilancio sulla base del quale era stato calcolato il prezzo di vendita delle quote di Beta. Beta ha proposto opposizione contro tale decreto ingiuntivo, rigettata in primo grado. Nel giudizio d’appello, la Corte ha però revocato il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale; per ciò che qui rileva, si analizza uno dei motivi del ricorso per cassazione di uno dei soci di Alfa (nel frattempo entrata in liquidazione e poi estinta con cancellazione dal Registro delle imprese).
Con riferimento al grado di appello, e a quanto successivamente deciso dalla Suprema Corte, è interessante il ragionamento in diritto sull’eventuale responsabilità risarcitoria di Beta legata alla determinazione del prezzo di vendita di partecipazione sociale (di Alfa, nella specie). In breve, Alfa può pretendere ‘un’integrazione’ del prezzo di vendita delle proprie quote da Beta alla luce della transazione con Omicron?
Il ragionamento giuridico della Suprema Corte prende le fila dai rilievi della Corte d’Appello, vale a dire:
(1) non è possibile individuare una ragione giuridicamente valida in base alla quale Alfa possa vantare pretese (anche risarcitorie) nei confronti di Beta relative alla determinazione del prezzo di vendita delle quote per la sopravvenienza attiva del patrimonio di Beta alla luce della transazione con Omicron;
(2) ciò anche perché Beta era estranea al contratto di cessione delle quote;
(3) quanto al rapporto tra socio (Alfa) e società (Beta), si è in presenza di un contratto di cessione di quota sociale e non di un recesso del socio dalla società (art. 2473 c.c.) determinante il diritto del socio a ottenere dalla società la liquidazione del valore della quota in proporzione del patrimonio sociale.
Secondo Alfa, tuttavia, la Corte d’Appello avrebbe commesso una violazione ovvero falsa applicazione dell’art. 2041 c.c., nonché dell’art. 2473 c.c. (sia con riferimento alla precedente che all’attuale formulazione), giacché l’operazione di cessione sarebbe qualificabile come un sostanziale recesso di Alfa.
Secondo Corte di cassazione, al fine di inquadrare correttamente la vicenda occorre distinguere tra recesso e cessione di quote, partendo dalla disciplina del diritto societario precedente alla riforma del 2003 e applicabile al caso di specie ratione temporis. Nel recesso, il socio ha diritto di ottenere dalla società il rimborso della propria partecipazione in proporzione del patrimonio sociale risultante dal bilancio dell’ultimo esercizio (art. 2437 c.c., applicabile alle società a responsabilità limitata per effetto del rinvio formale recettizio a tale articolo operato dal successivo art. 2494 c.c.): il rapporto contemplato, nella disciplina prima del 2003, era solo fra società e socio.
Nel caso di trasferimento per atto tra vivi della proprietà di quota di partecipazione al capitale di società a responsabilità limitata (art. 2479 c.c.), il relativo contratto, cui la società è estranea, era valido ed efficace fra le relative parti, indipendentemente dalla sua iscrizione nel libro dei soci della società; necessaria solo per rendere il trasferimento efficace anche nei confronti della società, degli altri soci e dei terzi (giurisprudenza di legittimità consolidata; in questo senso cfr., comunque: Cass. n. 1192 del 1978; Cass. n. 3419 del 1981; Cass. n. 697 del 1997; Cass. n. 339 del 2005; Cass. n. 19161 del 2007), con la conseguenza che tale iscrizione aveva la funzione di dimostrare la qualità di socio nel rapporto con la società, in funzione dell’esercizio da parte del primo dei diritti sociali (cf. Cass. n. 697 del 1997) e costituiva, se la cessione era accompagnata dalle formalità previste dal citato art. 2479, atto dovuto da parte della società (cfr. Cass. n. 3419 del 1981; Cass. n. 2637 del 1993).
La non assimilabilità del recesso del socio di società a responsabilità limitata alla cessione per atto fra vivi della quota di partecipazione al capitale di tale tipo di società è da confermare anche alla luce della vigente disciplina, derivata dalla riforma del 2003.
Nel caso di recesso del socio (art. 2473 c.c.) il rapporto derivante dalla manifestazione di volontà del socio di esercitare il diritto di recesso a lui attribuito dallo statuto e in ogni caso dalla legge (art. 2473 c.c., comma 1, secondo periodo) è solo fra società e socio recedente anche quanto alle conseguenze patrimoniali della sua manifestazione di volontà alla società rivolta.
Nel caso di cessione a terzi per atto tra vivi della quota di partecipazione al capitale di società a responsabilità limitata (art. 2469 c.c.), il relativo contratto, cui la società è estranea, è valido e efficace fra le relative parti indipendentemente dal suo deposito presso il registro delle imprese, necessario solo per rendere il trasferimento efficace anche nei confronti della società, degli altri soci e dei terzi (art. 2470 c.c.).
In conclusione, secondo la Cassazione, l’affermazione secondo cui la cessione di quota sociale da Alfa a terzi equivarrebbe a recesso della prima da Beta, società della cui partecipazione era proprietaria prima della cessione, è in diritto manifestamente infondata.
Centro Studi Forense - Euroconference consiglia