13 Luglio 2021

Cessione del credito ipotecario in corso di esecuzione e graduazione in sede distributiva

di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ., sez. III, 26 febbraio 2021, n. 5508 – Pres. Vivaldi – Rel. Porreca

Espropriazione forzata immobiliare – Cessione del credito ipotecario in pendenza del processo esecutivo – Distribuzione della somma ricavata – Collocazione del cessionario nel grado del cedente – Annotazione della cessione – Necessità – Esclusione

Il cessionario del credito ipotecario, divenuto tale dopo la vendita del bene ipotecato, partecipa alla distribuzione della somma ricavata nel processo esecutivo con la prelazione spettante all’originario creditore ipotecario, qualora la cessione sia stata idoneamente e tempestivamente manifestata al giudice dell’esecuzione, ai creditori concorrenti e all’esecutato, senza necessità di annotazione della vicenda traslativa ai sensi dell’art. 2843 c.c., dato che, ai fini della distribuzione, la formalità non assume funzione costitutiva, bensì latamente dichiarativa.

CASO

Nel corso di un’espropriazione forzata immobiliare, il titolare di un credito assistito da garanzia ipotecaria addiveniva alla sua cessione; una volta pervenuti alla fase della distribuzione del ricavato, al cessionario del credito veniva riconosciuta la posizione di chirografario, dal momento che l’annotazione della cessione prescritta dall’art. 2843 c.c. era stata effettuata dopo la vendita dell’immobile pignorato e la trascrizione del relativo decreto di trasferimento.

L’opposizione proposta ai sensi dell’art. 617 c.p.c. avverso l’ordinanza distributiva veniva rigettata dal Tribunale di Roma, assumendosi che l’annotazione della cessione ha natura costitutiva, sicché, in sua assenza, la prelazione ipotecaria non poteva essere opposta ai creditori concorrenti, ovvero essere fatta valere ai fini della distribuzione del ricavato dalla vendita.

La sentenza del Tribunale di Roma veniva gravata con ricorso per cassazione, con il quale si sosteneva che, nel caso di successione nel credito durante la pendenza di una procedura esecutiva, l’annotazione non può avere natura costitutiva del privilegio ipotecario, in quanto già esistente per effetto dell’originaria iscrizione ipotecaria e opponibile perché precedente al pignoramento.

SOLUZIONE

[1] La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso e, decidendo nel merito, ha annullato l’ordinanza distributiva opposta, affermando che la natura costitutiva dell’annotazione a margine dell’iscrizione originaria prescritta dall’art. 2843 c.c. non viene in rilievo allorquando si tratti della distribuzione della somma ricavata dalla vendita del bene ipotecato, dovendosi, in questo caso, fare riferimento alla regola dettata dall’art. 2916 c.c., che sancisce l’inefficacia – nei confronti degli altri creditori concorrenti – delle sole ipoteche iscritte successivamente alla trascrizione del pignoramento.

QUESTIONI

[1] In virtù di quanto previsto dall’art. 2843 c.c., la formalità dell’annotazione nei registri immobiliari del trasferimento dell’ipoteca o del credito garantito – da eseguirsi a margine dell’iscrizione originaria – ha l’effetto di sostituire al cedente o al surrogante il cessionario o il surrogato (già subentrato nella pretesa creditoria in forza del negozio di cessione) nella prelazione ipotecaria annessa al diritto reale di garanzia; di converso, la mancata annotazione priva di effetti la trasmissione del vincolo nei confronti dei terzi.

Il tenore della norma non lascia dubbi sul valore costitutivo dell’annotazione del trasferimento.

Allorquando, tuttavia, si tratti di applicare tale regola nell’ambito della distribuzione della somma ricavata dalla vendita del bene ipotecato e fatto oggetto di pignoramento, essa va coordinata con la disposizione recata dall’art. 2916 c.c., la quale, onde assicurare un regime di tutela ai creditori, dispone che non si deve tenere conto delle ipoteche, anche se giudiziali, iscritte dopo il pignoramento.

Il differente portato normativo delle due previsioni, secondo i giudici di legittimità, indica che, in caso di trasferimento della prelazione, l’annotazione non ha l’effetto di costituire una garanzia, che è già esistente, ma identifica il soggetto che ne è titolare, consentendo ai terzi di effettuare questa individuazione e di risolvere gli eventuali conflitti tra plurimi cessionari.

Ne discende che, coordinando le due norme, bisogna distinguere, da un lato, la disciplina generale della circolazione del diritto reale di garanzia – cui accede la prelazione – e, dall’altro lato, la collocazione poziore del cessionario del credito assistito da ipoteca (opponibile alla procedura, perché anteriore al pignoramento) nella distribuzione del ricavato dalla vendita.

Nel secondo caso, l’ipoteca – già presente e iscritta – non aggrava la posizione degli altri creditori concorrenti, essendo per loro indifferente che a soddisfarsi in via privilegiata sia il cedente piuttosto che il cessionario (ovvero il surrogante piuttosto che il surrogato).

Pertanto, se la finalità sottesa alla disposizione recata dall’art. 2916 c.c. (analogamente a quanto stabilito dagli artt. 2913, 2914 e 2915 c.c.) è quella di evitare il pregiudizio dei creditori, sancendo l’inefficacia nei loro confronti degli atti successivi al pignoramento, la medesima inefficacia non può essere predicata nel caso in cui tale pregiudizio non sia ravvisabile, non trovando, nel sistema codicistico, specifici riferimenti che la giustifichino (in questi termini, già Cass. civ., sez. I, 10 agosto 2007, n. 17644).

Mentre all’art. 2843 c.c. è sotteso il principio generale che collega funzionalmente l’opponibilità ai terzi alla conoscibilità della causa che produce gli effetti opponibili, l’art. 2916 c.c. identifica nel pignoramento un limite preclusivo che fissa alla sua data le cause di prelazione che potranno essere fatte valere in sede di distribuzione, ossia cristallizza a tale momento le posizioni dei creditori in relazione alle loro cause di prelazione; di conseguenza, la cessione successiva al pignoramento di un credito assistito da ipoteca a esso antecedente è destinata a non incidere sui limiti preclusivi riconducibili all’art. 2916 c.c., il quale assicura alla generalità dei creditori un regime di certezza in ordine alla graduazione del diritto al soddisfacimento sul ricavato dalla vendita che è indifferente rispetto alle cessioni delle titolarità soggettive dei crediti e si pone, nell’ambito della disciplina dell’espropriazione forzata, quale norma speciale rispetto a quella dettata dall’art. 2843 c.c. (così Cass. civ., sez. III, 6 marzo 2008, n. 6013).

Quale corollario, secondo la Corte di cassazione, ne discende che non è ipotizzabile la collocazione in chirografo, in sede distributiva, di un credito assistito da un’ipoteca opponibile alla procedura esecutiva perché iscritta anteriormente alla trascrizione del pignoramento, solo perché ceduto dopo di essa senza che sia stata effettuata l’annotazione prevista dall’art. 2843 c.c.

In realtà, a tale proposito, la giurisprudenza di legittimità suole distinguere a seconda che la cessione sia intervenuta prima o dopo l’emissione e la trascrizione del decreto di trasferimento.

Se, infatti, dall’art. 2843 c.c. si evince il carattere necessario e la conseguente natura costitutiva dell’annotazione nei registri immobiliari del trasferimento dell’ipoteca, la regola ivi dettata non può operare nell’ambito dell’esecuzione forzata, quando la cessione sia intervenuta dopo la pronuncia del decreto di trasferimento, cui si riconnette l’effetto purgativo discendente dall’ordine di cancellazione delle formalità pregiudizievoli previsto dall’art. 586 c.p.c., che rende – di fatto – impraticabile l’espletamento dell’annotazione (non essendovi più un’iscrizione a margine della quale effettuarla); in quel momento, del resto, la garanzia che insisteva sul bene si è già trasferita sul prezzo ricavato dalla vendita forzata e la cessione o la surrogazione è, di per sé sola, sufficiente a trasferire il diritto di essere soddisfatto con preferenza su tale prezzo (in questi termini, Cass. civ., sez. III, 30 agosto 2018, n. 21395).

La sentenza in commento, invece, fa un passo in avanti, affermando che, anche qualora la cessione del credito ipotecario sia avvenuta prima della vendita del bene ipotecato e dell’emissione del decreto di trasferimento, la prelazione ipotecaria può essere fatta valere in sede di distribuzione pure in assenza della relativa annotazione, in ragione della priorità dell’iscrizione originaria rispetto al pignoramento e in considerazione del fatto che non viene più in gioco la circolazione di un bene purgato dalle formalità, bensì solo ed esclusivamente la distribuzione del ricavato.

Il fatto che il cessionario del credito ipotecario, divenuto tale dopo la vendita del bene e la pronuncia del decreto di trasferimento, possa partecipare alla distribuzione della somma ricavata con la prelazione spettante al dante causa senza necessità di annotazione della vicenda traslativa, non implica logicamente, secondo i giudici di legittimità, che, qualora la cessione avvenga prima della vendita e non sia stata annotata, il cessionario diventi chirografo sebbene l’ipoteca fosse stata iscritta prima del pignoramento e fosse, quindi, noto agli altri creditori di dover essere postergati.

Una volta che si sostenga che, ai fini della distribuzione, l’annotazione non ha una funzione costitutiva, ma meramente dichiarativa, la necessità della formalità, per i fini considerati, rimane in assoluto priva di giustificazione, in quanto la cessione del credito ipotecario sia stata idoneamente palesata al giudice dell’esecuzione, ai creditori concorrenti e all’esecutato in tempo utile ai fini delle valutazioni da compiere nella fase distributiva.

Non venendo in gioco la circolazione del bene e la disciplina generale della sequela della garanzia reale rispetto ai terzi (trattandosi di un bene purgato dal peso in parola), bensì solo ed esclusivamente la corretta ripartizione del ricavato, la modifica del soggetto titolare del credito e della prelazione che lo assiste verificatasi prima del riparto non incide sulla posizione dei creditori concorrenti (e non determina, dunque, alcuno dei pregiudizi considerati dagli artt. 2913, 2914, 2915 e 2916 c.c.), sicché non può negarsi la sua legittimazione a essere soddisfatto con preferenza.

Un’opposta conclusione, secondo i giudici di legittimità, finirebbe per tutelare un residuo solo formale, ledendo la libera circolazione dei beni cui si ispira l’ordinamento civile e che non può trovare deroghe non previste, vieppiù se non rispondenti ad alcuna ragione di necessaria tutela.

D’altra parte, in modo sostanzialmente analogo, l’art. 511 c.p.c. consente al creditore del creditore già partecipante al processo esecutivo di sostituirsi a quest’ultimo, subentrando nella sua posizione processuale relativamente al diritto al riparto della somma ricavata dall’esecuzione: essendo, dunque, la stessa legge a prevedere la possibilità che della prelazione di cui eventualmente fosse titolare il creditore sostituito si avvalga un soggetto diverso, senza subordinarla all’espletamento di particolari formalità, proprio perché non si determina alcuna lesione della par condicio creditorum, pare effettivamente irragionevole argomentare diversamente solo perché, mutatis mutandis, la sostituzione del soggetto partecipante alla distribuzione sia la conseguenza ovvero l’effetto di una cessione del credito.

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