Certificazioni verdi Covid-19, Real Estate e Hospitality: le ultime interpretazioni
di Donatella Marino, AvvocatoParole chiave
Green pass rafforzato – Certificazioni Verdi – salute – lavoro – riservatezza – Real Estate – Immobiliare – ricettività – locazioni turistiche – “affitti brevi” – strutture ricettive – Hospitality – GDPR – Garante privacy – verifiche – check-in online – linee guida
Sintesi della questione
Le misure introdotte dal D.L. 26 novembre 2021, n. 172 introducono nuove categorie di destinatari dell’obbligo di “possedere” una delle certificazioni verdi Covid-19 previste dal D.L. 22 aprile 2021 e succ. mod. Tra questi, per esempio, gli ospiti delle strutture ricettive. Estesi anche anche i destinatari dell’obbligo di verifica del possesso delle certificazioni. Complessi i temi affrontati dal Legislatore – e conseguentemente dall’interprete – tenuto a trovare un equilibrio sostenibile tra interessi contrapposti. Da una parte, il diritto alla salute collettiva, dall’altra, il diritto alla salute individuale e la conseguente libertà di ciascuno nella scelta in ambito vaccinale. Sul punto è determinante la sentenza del Consiglio di Stato dello scorso 20 ottobre. La nuova normativa interseca ulteriori interessi e valori: primo tra tutti il diritto alla riservatezza dei dati personali, per la cui tutela fondamentale è stato il contributo del Garante Privacy, ma anche il diritto a una istruzione adeguata, al lavoro, alla proprietà, allo sviluppo della propria iniziativa economica. Ulteriori complessità nascono infine dalla difficoltà, talvolta impossibilità, di eseguire le norme emergenziali, specie laddove vengono imposti obblighi di verifica. Per fare un esempio: nel settore della ricettività diversa da quella alberghiera tradizionale, come nelle case vacanza, prive di reception.
Il diritto alla salute e la decisione del Consiglio di Stato
La ratio della recente normativa individua come prioritario, il diritto alla salute di cui all’art. 32 della Costituzione. Sul punto, il Consiglio di Stato, chiamato a decidere in materia di obbligo vaccinale per il personale sanitario, ha stabilito con Sentenza 20 ottobre 2021, n. 7045, la prevalenza dell’interesse collettivo alla salute rispetto al diritto alla salute dell’individuo e alla sua libertà di decidere senza costrizioni in merito alle vaccinazioni. Rigettando la tesi della prevalenza del diritto di autodeterminazione, la Corte ha chiarito che tale diritto, “pur fondamentale nel nostro ordinamento… in quanto diretta espressione della dignità della persona” non può essere tutelato a scapito “dell’interesse pubblico alla vaccinazione obbligatoria degli operatori sanitari, poiché quella stesso valore supremo nella gerarchia dei principî costituzionali e, cioè, la dignità della persona (v., sul punto, Corte cost., 7 dicembre 2017, n. 258) … esige la protezione della salute di tutti, quale interesse collettivo, conformemente, del resto, al principio universalistico a cui si ispira il Servizio sanitario in Italia ..” Aggiunge che è estranea al nostro ordinamento la logica “ dei cc.dd. diritti tiranni e, cioè, di diritti che non entrano nel doveroso bilanciamento con eguali diritti, spettanti ad altri, o con diritti diversi, pure tutelati dalla Costituzione, e pretendono di essere soddisfatti sempre e comunque, senza alcun limite”. Si tratta di una logica che “è del resto estranea ad un ordinamento democratico, perché «il concetto di limite è insito nel concetto di diritto» (Corte Cost., 14 giugno 1954, n. 1) ed è stata espressamente sempre ripudiata anche dalla Corte costituzionale che, come noto, ha chiarito che tutti i diritti tutelati dalla Costituzione – anche quello all’autodeterminazione – si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non è possibile individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri perché, se così non fosse, si verificherebbe «la illimitata espansione di uno dei diritti, che diverrebbe “tiranno” nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette» (Corte cost., 9 maggio 2013, n. 85).
Tutela della riservatezza e obblighi di verifica: la posizione del Garante della Privacy
Gli sforzi del legislatore si concentrano quindi sul tentativo di assicurare un bilanciamento democraticamente congruo tra i diversi valori interessati, cercando di mantenere fermo il prioritario valore della salute collettiva ma nel rispetto degli ulteriori interessi costituzionalmente garantiti che ne rimangono inevitabilmente lesi: tra questi, il diritto alla riservatezza. A questi fini, infatti, la previsione indicata all’art. 9 co. 10-bis del D.L. 52/2021 imponeva di utilizzare le certificazioni verdi Covid-19 esclusivamente ai fini indicati, prevedendo che “ogni diverso o nuovo utilizzo delle certificazioni verdi COVID-19” debba essere “disposto esclusivamente con legge dello Stato”. Ne è conseguito un dialogo continuo con il Garante Privacy, il quale ha imposto condizioni che garantissero il rispetto dei principi di “liceità, correttezza e trasparenza” e di “minimizzazione” per ogni trattamento dei dati (art. 5 Reg. UE n. 679/2016, “GDPR”). Si è giunti, pertanto, progressivamente, alla definizione di modalità di verifica, descritte dal DPCM del 17 giugno 2021 (e succ. mod.), che consente di controllare l’autenticità, la validità e l’integrità della certificazione richiesta (“base” o “rafforzata”), “senza che tuttavia rilevino e siano all’esterno conoscibili le ragioni sottese all’ottenimento del requisito abilitativo” (Memoria Garante del 7 dicembre). Rilevante anche lo specifico intervento del Garante dello scorso 10 dicembre: censurando “l’uso da parte di albergatori o datori di lavoro dell’app per il green pass rafforzato invece che la versione base”, conferma che il c.d. Super Green pass non solo non deve, ma nemmeno può essere chiesto nei luoghi dove la legge non lo prescrive.
Le difficoltà applicative per alcune attività del Real Estate e della ricettività
Critica è, infine, anche l’esecuzione degli obblighi di verifica delle Certificazioni Verdi, specie in alcuni settori dell’economia.
Un esempio specifico di incertezza normativa, obblighi contraddittori e inesigibilità della norma emerge per le strutture “non” o “extra” alberghiere come le case-vacanza, in cui la procedura di check-in è affidata a sistemi di domotica senza assistenza di una persona fisica. La contraddittorietà emerge laddove si richiede un rigoroso rispetto degli obblighi di controllo (come evidenziato dallo stesso Garante della Privacy lo scorso 13 dicembre 2021, “un’eventuale mancata verifica quotidiana della validità della certificazione verde rischia di determinare la sostanziale elusione delle finalità di sanità pubblica”) in contrasto con la ratio normativa, come ben recepita sul punto dalle Linee Guida della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome dello scorso 2 dicembre – recepite peraltro dell’Ordinanza del Ministero della Salute dello stesso giorno – suggeriscono in modo esplicito di “favorire modalità di … gestione delle prenotazioni online, con sistemi automatizzati di check-in e check-out ove possibile”. Sul punto si pone peraltro anche un tema di esigibilità di una norma ineseguibile per oggettive impossibilità pratiche posto che, in molte di queste situazioni e in attesa di ulteriori adeguamenti legislativi e tecnologici, non è concretamente possibile effettuare il controllo nelle modalità richieste. Analoghe considerazioni valgono per il settore del Real Estate locativo residenziale, ivi incluse le locazioni brevi con finalità turistica di cui all’ art. 53 D.Lgs 23 maggio 2011, n.79. Tant’è che locatori e conduttori non sono – nè potrebbero essere – destinatari delle normative esaminate e sono pertanto esclusi dagli obblighi in materia di Certificazioni Verdi. Una impostazione confermata dalle stesse Linee Guida che (pur menzionando le “locazioni brevi” in una delle disposizioni introduttive e specificando infatti nel corpo del testo alcuni obblighi di igienizzazione anche per gli alloggi locati) riportano che “l’accesso ad alberghi ed altre strutture ricettive è consentito esclusivamente ai soggetti muniti di una delle “certificazioni verdi COVID-19” escludendo così, in linea con la normativa, gli alloggi la cui fruizione è concessa in regime di locazione.
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