4 Luglio 2016

Cause di incompatibilità del mediatore e ruolo degli organismi di mediazione

di Giacinto Parisi Scarica in PDF

Tar Lazio, sez. I, 6 aprile 2016, n. 4173Scarica la sentenza

Conciliazione in genere – Mediazione – Mediatore – Incompatibilità (cause di) – Disciplina – Competenza – Normativa secondaria – Non sussiste – Organismi di mediazione – Regolamento dell’organismo Codice etico – Sussiste (l. 23 agosto 1988, n. 400, art. 17; l. 18 giugno 2009, n. 69, art. 60; d.leg. 4 marzo 2010, n. 28, artt. 3, 8, 9, 10, 14, 16; l. 31 dicembre 2012, n. 247, art. 3; d.m. 18 ottobre 2010, n. 180, artt. 2, 4, 7, 14 bis; d.m. 4 agosto 2014, n. 139, art. 6; Codice deontologico forense approvato il 31 gennaio 2014, art. 62)

[1] La normativa primaria non ha riservato alla decretazione regolamentare alcun margine per disciplinare i casi di incompatibilità e di conflitto di interesse del mediatore, affidando esclusivamente agli organismi di mediazione, che operano sotto la vigilanza del Ministero della giustizia, il potere di provvedere in materia mediante il proprio regolamento interno e il relativo codice etico.

CASO

[1] Con ricorso promosso dinanzi al Tar Lazio, alcuni avvocati chiedevano l’annullamento dell’art. 6 d.m. 4 agosto 2014, n. 139, il quale, inserendo nel d.m. 18 ottobre 2010, n. 180 l’art. 14 bis, introduceva una disciplina generale in materia di incompatibilità dei mediatori.

SOLUZIONE

[1] Dopo aver compiuto una approfondita ricognizione del quadro normativo di riferimento, il Tar Lazio ha accolto il ricorso, affermando il principio riportato in epigrafe, ed ha, dunque, annullato l’art. 6 d.m. 139/2014 per incompetenza del Ministero della giustizia a disciplinare la materia.

QUESTIONI

[1] Con quattro sentenze depositate nel mese di aprile 2016, tutte sostanzialmente identiche nella motivazione, la prima sezione del Tar Lazio si è pronunciata sui ricorsi presentatati da associazioni forensi, organismi di mediazione e singoli professionisti all’indomani dell’introduzione dell’art. 14 bis d.m. 180/2010, recante una disciplina generale in materia di incompatibilità dei mediatori (oltre alla sentenza in commento, Tar Lazio, sez. I, 14 aprile 2016, n. 4420; Id., 5 aprile 2016, n. 4115; Id., 1° aprile 2016, n. 3989, tutte in Quotidiano Giuridico del 26 aprile 2016, con nota di G. Di Marco – S. Campidelli).

Accogliendo i voti espressi da una parte della dottrina (F. Ferraris, Ultime novità in materia di mediazione civile e commerciale, in Riv. dir. proc., 2015, 781 ss.; M. Marinaro, Resta il “nodo” della formazione degli operatori per una prestazione al cliente a misura di qualità, in Guida al diritto, 2014, fasc. 41, 63), il Tar ha, dunque, annullato l’art. 14 bis d.m. 180/2010, nonché, per invalidità derivata, con le sentenze nn. 3989 e 4115 del 2016, anche la circolare del Ministero della giustizia del 14 luglio 2015 (reperibile su http://bit.ly/1VmL4d5), con cui erano stati forniti alcuni chiarimenti interpretativi in ordine alla medesima disposizione regolamentare.

Il giudice amministrativo, disattendendo le difese delle parti pubbliche, ha innanzitutto osservato che, nell’ambito della disciplina dettata dal d.leg. 28/2010, il regolamento proprio dei singoli organismi di mediazione assume un ruolo centrale. Infatti, coerentemente con la scelta compiuta dalla legge delega n. 69/2009, che indicava al legislatore delegato di conferire particolare rilievo all’organo di mediazione in sé considerato piuttosto che ai singoli mediatori, è stato previsto che sia il regolamento di ciascun organismo ad individuare le modalità di nomina del mediatore, tali da assicurarne la sostanziale indipendenza e terzietà (artt. 3 e 7 d.leg. 28/2010). Al contrario, la normativa primaria non ha riservato alla regolamentazione di rango secondario alcun margine per intervenire sui temi dell’incompatibilità e del conflitto di interessi del singolo mediatore, ma, invece, ha affidato al Ministero della giustizia il compito di vigilare sugli organismi iscritti nell’apposito registro e di valutare l’idoneità del loro regolamento interno (art. 16 d.leg. 28/2010).

Inoltre, l’art. 14 bis d.m. 180/2010, che va altresì ad incidere sulle cause di incompatibilità dell’«avvocato-mediatore», si è posto in contrasto con la normativa primaria anche sotto un ulteriore profilo. Infatti, attraverso il rinvio “mobile” che l’art. 3 l. 247/2012 compie alle disposizioni del codice deontologico, la legge professionale forense disciplinava già le cause di incompatibilità dell’«avvocato-mediatore», e, dunque, come rilevato dal Consiglio di Stato nell’ambito dell’esercizio della sua funzione consultiva, l’intervento di modifica era «necessitante – semmai – di apposita previsione in altra iniziativa normativa», ossia di un intervento legislativo che andasse ad incidere sul disposto della l. 247/2012 e dell’art. 62 del codice deontologico forense (Cons. St., Sezione Consultiva per gli Atti Normativi, parere del 25 febbraio 2014, n. 640, in www.giustizia-amministrativa.it).

Infine, il Tar ha evidenziato alcune criticità di ordine pratico che scaturiscono dalla normativa in esame. Infatti, in alcune parti del territorio nazionale in cui gli organismi di mediazione sono poco numerosi, le disposizioni particolarmente stringenti dell’art. 14 bis – che, ad esempio, estendono le ipotesi di incompatibilità all’esercizio della funzione di mediatore anche a coloro che esercitano la propria professione negli stessi locali di uno dei difensori delle parti sottoposte alla procedura -, da un lato, indurrebbero alcuni avvocati a rinunciare a svolgere le funzioni di mediatore, e, dall’altro lato, si presterebbero ad usi strumentali, come, a titolo esemplificativo, alla scelta di un organismo di mediazione specifico, ove è iscritto il legale di fiducia della controparte, al solo fine di impedirgli l’assistenza nella controversia (in tal senso già M. Marinaro, Resta il “nodo”, cit., 63).

Ferma la condivisibilità delle conclusioni cui è giunto il Tar nelle pronunce in questione, merita evidenziare la criticità di alcuni passaggi della motivazione, che appaiono poco convincenti. Ad esempio, là dove si afferma che «la centralità riconosciuta all’organismo è rafforzata dalla previsione dell’art. 8 d.lgs. cit. …, secondo la quale è il responsabile dell’organismo a designare un mediatore e fissare un primo incontro tra le parti e non sono le parti a “scegliersi” il singolo mediatore (a differenza di quel che accade, ad esempio, per l’arbitrato)», il giudice amministrativo trascura di considerare che nulla vieta al regolamento di un organismo di prevedere come criterio di nomina la concorde designazione del mediatore: se le parti possono nominare di comune accordo chi deciderà (con efficacia vincolante) la propria controversia, a maggior ragione essi potranno concordemente designare chi le dovrà aiutare a trovare una soluzione senza alcun potere nei loro confronti (F. Valerini, Illegittima la norma sulla incompatibilità dei mediatori, in Diritto e giustizia del 4 aprile 2016).