Cassazione della sentenza per vizio di motivazione (ante d.l. 83/2012) e poteri del giudice del rinvio
di Michele Ciccarè Scarica in PDFCass., Sez. VI-2, 26 gennaio 2017, n. 2029
Impugnazioni civili – ricorso per cassazione – vizio di motivazione – cassazione con rinvio – giudizio di rinvio – poteri e limiti del giudice del rinvio (Cod. proc. civ., artt. 360, 384)
[1] Quando l’annullamento con rinvio della decisione impugnata dinanzi alla Corte di Cassazione sia avvenuto per vizi di motivazione [n.d.r.: vecchio art. 360, n. 5, c.p.c., applicabile per le sentenze pubblicate entro il 10 settembre 2012] il giudice del rinvio non può fondare la decisione sugli stessi elementi del provvedimento annullato, dovendo di contro, nell’ambito del capo annullato, eliminare le contraddizioni o sopperire ai difetti argomentativi esercitando tutte le facoltà che competono al giudice del merito.
CASO
[1] Veniva cassato con rinvio un decreto di liquidazione del danno non patrimoniale per irragionevole durata del processo, sul rilievo che la Corte di appello non aveva sufficientemente motivato lo scostamento dai criteri elaborati dalla giurisprudenza della Corte EDU per la determinazione del quantum (in pregiudizio del soggetto istante).
Eppure, la Corte di appello, in sede di rinvio, confermava la liquidazione di tale importo sulla scorta delle medesime motivazioni già rese dalla pronuncia annullata.
Dunque, il soggetto danneggiato ricorreva nuovamente dinanzi alla Suprema Corte, evidenziando la violazione dell’art. 384, co. 2, c.p.c.
SOLUZIONE
[1] I giudici di legittimità, in accoglimento della doglianza mossa dal ricorrente, cassano con rinvio la pronuncia oggetto di impugnazione. Nella sentenza in analisi viene osservato infatti che «in ipotesi di annullamento per vizi della motivazione in ordine a punti decisivi della controversia, la sentenza rescindente, indicando i punti specifici di carenza o di contraddittorietà, non limita il potere del giudice di rinvio all’esame dei soli punti specificati, ma conserva al giudice stesso tutte le facoltà che gli competevano originariamente quale giudice di merito, relative ai poteri di indagine e di valutazione della prova, nell’ambito dello specifico capo della sentenza di annullamento, anche se, nel rinnovare il giudizio, egli è tenuto a giustificare il proprio convincimento secondo lo schema esplicitamente o implicitamente enunciato nella sentenza di annullamento, evitando di fondare la decisione sugli stessi elementi del provvedimento annullato, ritenuti illogici, e con necessità, a seconda dei casi, di eliminare le contraddizioni e sopperire ai difetti argomentativi».
Si precisa ad ogni modo che l’originaria fattispecie processuale sottesa al principio di diritto emanato concerne un caso di impugnazione per difetto di motivazione ex art. 360, n. 5, c.p.c., nella formulazione previgente rispetto a quella attuale, così come riformata dall’art. 54, d.l. 83/2012, conv. con mod. in l. 134/2012.
QUESTIONI
[1] Siffatta impostazione risulta costantemente applicata in giurisprudenza (conformi Cass., 24 settembre 2015, n. 18881; Cass., 5 marzo 2014, n. 5088; Cass., 22 aprile 2009, n. 9617; Cass., 27 agosto 2007, n. 18087; Cass., 23 febbraio 2006, n. 4018; Cass., 27 luglio 2004, n. 14134; Cass., 4 luglio 2003, n. 10567; Cass., 28 ottobre 1997, n. 10598; Cass., 4 giugno 1994, n. 5418; cfr. anche Cass., 1 dicembre 1992, n. 12839; Cass., 1 dicembre 1989, n. 5270).
Tale opzione ermeneutica è perfettamente armonica con l’art. 384 c.p.c., per il quale il giudice del rinvio deve uniformarsi «al principio di diritto e comunque a quanto statuito dalla Corte».
Da ciò deriva infatti che, nel rispetto del dictum – esplicito o implicito – fornito dalla sentenza rescindente in sede di accertamento dell’incoerenza e/o insufficienza logica della motivazione, al giudice del rinvio non è consentito fondare la decisione sugli stessi elementi del provvedimento cassato, dovendo egli procedere ad una nuova valutazione delle prove e dei fatti già acquisiti, nonché di quelli la cui acquisizione – nel rispetto delle preclusioni maturate – si renda necessaria in relazione alle direttive espresse dalla sentenza della Corte di Cassazione (per quest’ultima precisazione v. Cass., 29 febbraio 2016, n. 3963; Cass., 7 agosto 2014, n. 17790).
Viceversa, quando l’annullamento sia avvenuto per violazione di norme ex art. 360, n. 3, c.p.c., il giudice del rinvio deve meramente uniformarsi al principio di diritto enunciato dalla sentenza di cassazione, applicandolo al caso di specie senza possibilità di modificare l’accertamento o la valutazione dei fatti acquisiti al processo (sul punto Cass., 29 febbraio 2016, cit.; Cass., 27 agosto 2007, cit.; Cass., 28 ottobre 1997, cit.; cfr. inoltre Cass., 13 giugno 2016, n. 12119, annotata in questa rivista).