4 Dicembre 2018

Casa familiare in comodato: l’età anziana dei comodanti è decisiva ai fini della restituzione

di Giuseppina Vassallo, Avvocato Scarica in PDF

Corte di Cassazione, VI sez. civile, ordinanza n. 17332 del 3 luglio 2018

Comodato a termine – comodato precario – vincolo di destinazione dell’immobile

(artt. 1809 e 1810 c.c.)

MASSIMA

Ai sensi dell’art. 1809 c.c., comma 2, il bisogno imprevedibile e urgente che giustifica la richiesta del comodante di restituzione del bene immobile – anche se la sua destinazione sia quella di casa familiare – deve essere giudicato sussistente nel caso in cui i proprietari siano anziani, per gli inevitabili problemi di salute, e la conseguente necessità di fronteggiare maggiori spese mediche.

 CASO

La circostanza portata in giudizio è quella tipica in cui i genitori di uno degli sposi cedono in comodato gratuito alla coppia il godimento di un loro immobile. Dopo diversi anni, in sede di separazione, la casa è assegnata alla moglie convivente con i figli minori.

I genitori, ormai anziani, avevano richiesto la restituzione dell’immobile innanzi, dichiarando che l’uso dell’immobile era stato concesso in attesa che fosse reperita altra abitazione.

Inoltre, era sopraggiunto un urgente e imprevedibile stato di bisogno dovuto alle loro precarie condizioni di salute e alla necessità di affrontare considerevoli spese mediche.

Sia il Tribunale sia la Corte d’appello negano la restituzione dell’immobile.

Secondo la Corte territoriale, gli appellanti non avevano dimostrato il carattere precario del comodato e quindi il contratto non poteva essere risolto sulla base della mera manifestazione di volontà dei comodanti (art. 1810 c.c., comma 1), poiché in presenza di un vincolo di destinazione alle esigenze abitative familiari.

Inoltre, non appariva giustificato l’imprevedibile bisogno, ai sensi dell’art. 1809 c.c., perché la documentazione prodotta confermava solo la presenza di malattie collegate all’età e tali da non richiedere un esborso mensile così elevato da giustificare la richiesta di restituzione del bene.

Gli anziani proprietari ricorrono in Cassazione facendo rilevare che la Corte d’appello avrebbe errato nel ritenere non sussistente quell’urgente e imprevedibile bisogno, in considerazione della loro età, dei loro modesti redditi di pensione e del fatto che l’abitazione oggetto del comodato, fosse l’unica risorsa economica a loro disposizione.

Infine, non sarebbe stato onere dei comodanti dimostrare la natura precaria del contratto, ma onere dei comodatari provare che il godimento dell’immobile fosse finalizzato a destinare il bene alle esigenze familiari, finché esistenti.

SOLUZIONE 

La Cassazione ha accolto il ricorso della coppia.

Al caso in esame dovevano essere applicati i principi affermati dalla Cassazione a sezioni unite e poi seguiti dalle successive pronunce (cfr. Cass. Civ. S.U. 29 settembre 2014, n. 20448).

1) “il coniuge separato, convivente con la prole minorenne o maggiorenne non autosufficiente e assegnatario dell’abitazione già attribuita in comodato, che opponga alla richiesta di rilascio del comodante l’esistenza di una destinazione dell’immobile a casa familiare, ha l’onere di provare che tale era la pattuizione attributiva del diritto personale di godimento”;

2) “ai sensi dell’art. 1809 c.c., comma 2, il bisogno che giustifica la richiesta del comodante di restituzione del bene non deve essere grave, ma imprevisto (e, dunque, sopravvenuto rispetto al momento della stipula del contratto di comodato) ed urgente; ne consegue che non solo la necessità di un uso diretto ma anche il sopravvenire d’un imprevisto deterioramento della condizione economica del comodante, che giustifichi la restituzione del bene ai fini della sua vendita o di una redditizia locazione, consente di porre fine al comodato, ancorché la sua destinazione sia quella di casa familiare, ferma, in tal caso, la necessità che il giudice eserciti con massima attenzione il controllo di proporzionalità e adeguatezza nel comparare le particolari esigenze di tutela della prole e il contrapposto bisogno del comodante”.

I suddetti principi non sono stati utilizzati dalla Corte d’appello di Messina.

Non solo spettava ai comodatari dimostrare il vincolo di destinazione dell’immobile alle esigenze abitative, ma anche che tali esigenze fossero ancora sussistenti al momento della richiesta di restituzione.

La Corte avrebbe dovuto tenere conto, nel bilanciare l’interesse del comodante e del comodatario, di due circostanze.

Una, che il godimento era stato di lunga durata, tanto che tra i figli ivi residenti, uno di loro era ormai maggiorenne.

L’altra, che l’età avanzata dei ricorrenti, per gli inevitabili problemi di salute, comportasse la necessità di affrontare maggiori spese mediche.

La Cassazione si spinge a dichiarare che quest’ultimo fattore doveva essere giudicato decisivo ai fini della domanda di restituzione, perché nel nostro ordinamento vige un obbligo di assistenza che grava anche sui figli in favore dei genitori anziani (art. 433 c.c.) e che “non consente di porre sulle spalle di questi ultimi una sorta di onere permanente di contribuzione al mantenimento delle più giovani generazioni”.

QUESTIONI

La sentenza in esame, conferma l’orientamento attuale della Cassazione, inaugurato con la sentenza a sezione unite del 2014.

Prima dell’intervento unificatore, alcuni provvedimenti della suprema Corte ritenevano applicabile al caso la disciplina di cui all’art. 1810 c.c. Nel caso di comodato precario, ossia in assenza di previsione di durata, “la determinazione del termine di efficacia del vinculum iuris costituito tra le parti è rimessa in via potestativa alla sola volontà del comodante, che ha la facoltà di manifestarla ad nutum con la semplice richiesta di restituzione del bene, senza che assuma rilievo la circostanza che l’immobile sia stato adibito ad uso familiare e sia stato assegnato, in sede di separazione tra coniugi, all’affidatario dei figli”. (Cass. Civ., sez. I, 11 agosto 2010, n. 18619, Cass. Civ., sez. II, 7 luglio 2010).

Tutto ciò al fine di evitare che chi cede in comodato subisca una sorta di espropriazione del bene.

Pertanto, attualmente, il comodato di un immobile da adibire a casa familiare, è considerato un comodato a termine, ai sensi all’art. 1809 c.c., intendendo come termine, individuato per relazionem, la destinazione dell’immobile a casa familiare indipendentemente dall’insorgere di una crisi coniugale.

Dopo le sezioni unite, la Cassazione ha avuto modo di specificare che la destinazione a residenza familiare deve essere positivamente accertata e che, in mancanza, deve essere adottata la soluzione più favorevole alla cessazione del contratto di comodato (Cass. Civ. sez. VI, 21 novembre 2014, n. 24838).