5 Luglio 2022

Cartolarizzazione dei crediti: legittimazione passiva della banca cedente

di Fabio Fiorucci, Avvocato Scarica in PDF

Con decisioni n. 21843/2019 e, più di recente, n. 13735/2022, la Cassazione ha operato dei significativi chiarimenti riguardo alla questione della legittimazione passiva della società cedente.

Il ragionamento della Suprema Corte prende le mosse dal rilievo che la cessione non può mai pregiudicare la posizione del debitore ceduto; tale ‘regola’, sembrerebbe confortare la conclusione che costui, così come può opporre al cessionario le eccezioni relative alla validità o esatto adempimento del negozio da cui deriva il credito ceduto, possa far valere verso il cessionario le pretese creditorie derivanti dalla (in)validità e dall'(in)esatto adempimento di quel titolo negoziale. Vale a dire, che, in presenza di una cessione effettuata ai sensi degli artt. da 1 a 4 della I. n. 130 del 1999, qualora sia domandato dal debitore ceduto l’accertamento di un credito strumentale alla restituzione delle somme indebitamente percepite in ragione del contratto di mutuo nei confronti di un soggetto che si è spogliato del credito in virtù dell’operata cessione, deve ritenersi insussistente la legittimazione passiva della società cedente per essere unica legittimata passiva la società cessionaria.

Questa ricostruzione non è reputata corretta dalla Cassazione (decisioni nn. 21843/2019 e 13735/2022), in primo luogo perché finisce con annullare la distinzione tra cessione del credito e cessione del contratto, conferendo alla fattispecie disciplinata dalla L. n. 130/1999 i caratteri propri del contratto a favore di terzi ex art. 1411 c.c.

È poi rilevato che, per espressa disposizione di legge, come già sopra ricordato (art. 3, comma 2, L. n. 130/1999), i crediti che formano oggetto di ciascuna operazione di cartolarizzazione costituiscono un vero e proprio “patrimonio separato”, ad ogni effetto, rispetto a quello della società veicolo e rispetto a quello relativo ad altre operazioni di cartolarizzazione. Tale patrimonio, secondo quanto espressamente previsto dall’art. 1, comma 1, lett. b), della legge sulla cartolarizzazione è a destinazione vincolata, in via esclusiva, al soddisfacimento dei diritti incorporati nei titoli emessi per finanziare l’acquisto dei crediti, nonché al pagamento dei costi dell’operazione. In altri termini, il flusso di liquidità che l’incasso dei crediti è in grado di generare è funzionale, in via esclusiva, al rimborso dei titoli emessi, alla corresponsione degli interessi pattuiti ed al pagamento dei costi dell’operazione.

In tale stato di cose, consentire al debitore ceduto di opporre in compensazione, al cessionario (SPV), controcrediti da esso vantati verso il cedente (nascenti da vicende relative al rapporto con esso intercorso ed il cui importo, pertanto, lungi dall’essere noto alla “società veicolo” al momento della cessione, deve essere accertato giudizialmente), significherebbe andare ad incidere, in modo imprevedibile, su quel “patrimonio separato a destinazione vincolata” della SPV, scaricandone, così, le conseguenze sul pubblico dei risparmiatori ai quali spetta, invece, ed in via esclusiva, il valore del medesimo. I possessori dei titoli emessi dallo “special purpose vehicle” possono essere, infatti, esposti solo al rischio derivante dal mancato incasso dei crediti cartolarizzati – perché non soddisfatti dai debitori, ovvero perché inesistenti o, al limite, perché già estinti anche per compensazione ma non anche a quello che sul patrimonio alimentato dai flussi di cassa, generati dalla riscossione dei crediti cartolarizzati, possano soddisfarsi anche altri creditori (pena, altrimenti, la negazione del meccanismo della separazione come tracciato dalla L. n. 130 del 1999, art. 1, comma 1, lett. b). Dunque il debitore ceduto non può opporre al cessionario in compensazione contro-crediti vantati verso il cedente (relativamente al mutuo, pertanto, impossibilità di operare la compensazione tra il debito del mutuatario con un controcredito che questi assume di vantare nei confronti della mutuante).

Tale conclusione, è ancora osservato dalla Cassazione, trova un indiretto conforto nel dettato normativo, ed esattamente nella L. n. 130 del 1999, art. 4, comma 2. Esso, infatti, per un verso, stabilisce che dalla «data della pubblicazione della notizia dell’avvenuta cessione nella Gazzetta Ufficiale o dalla data certa dell’avvenuto pagamento, anche in parte, del corrispettivo della cessione, sui crediti acquistati e sulle somme corrisposte dai debitori ceduti sono ammesse azioni soltanto a tutela dei diritti di cui all’art. 1, comma 1, lett. b)», nonché, per altro verso, che «in deroga ad ogni altra disposizione, non è esercitabile dai relativi debitori ceduti la compensazione tra i crediti acquistati dalla società di cartolarizzazione e i crediti di tali debitori nei confronti del cedente sorti posteriormente a tale data». Risulta evidente come il divieto, posto a carico del debitore ceduto, di compensazione dei crediti «sorti posteriormente» alla data della pubblicazione della notizia dell’avvenuta cessione nella Gazzetta Ufficiale (o alla data certa dell’avvenuto pagamento, anche in parte, del corrispettivo della cessione), risponde alla stessa logica di salvaguardia del “patrimonio separato a destinazione vincolata” che origina dall’operazione cartolarizzazione.

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