Cartolarizzazione dei crediti: due questioni operative
di Fabio Fiorucci, Avvocato Scarica in PDFIn base al combinato disposto degli artt. 4, comma 1, L n. 130/1999 e 58, comma 3, TUB, è stato esteso anche ai cessionari di crediti acquisiti nelle operazioni di cartolarizzazione (L. n. 130/1999) l’utilizzo dell’art. 50 TUB, allo scopo di dotarli di strumenti rapidi ed efficaci che consentano di contenere gli immobilizzi e le perdite su crediti.
Dunque, la natura bancaria o meno del soggetto cessionario del credito non rileva ai fini dell’applicabilità dell’art. 50 TUB, trattandosi di una prerogativa che è stata attribuita ai cessionari dei crediti acquistati nelle operazioni di cartolarizzazione (e ai loro mandatari) direttamente dalla legge:
– la natura speciale dell’art. 50 TUB non rappresenta in alcun modo un elemento ostativo all’esperimento dell’azione monitoria da parte di soggetti non aventi natura bancaria nell’ipotesi in cui questi si siano resi cessionari del credito derivanti da rapporti bancari in virtù di operazioni di cartolarizzazione disciplinate dall’art. 4, comma 1, legge n. 130 del 1999, ovvero siano mandatari di tali cessionari. In particolare, nessun elemento ostativo si pone nel caso in cui la legittimazione ad agire del soggetto non bancario trovi la propria fonte nel mandato con rappresentanza conferitogli dalla stessa banca e sulla base di una certificazione ex art. 50 TUB emessa dall’istituto di credito presso cui era stato aperto il conto corrente (Cass. n. 20626/2021; v. anche Cass. n. 31577/2019);
– la prova agevolata del credito bancario, prevista dal citato art. 50 del TUB, deve ritenersi utilizzabile anche da parte della società resasi cessionaria di tale credito nell’ambito di un’operazione di cartolarizzazione, sempre che l’estratto conto certificato sia stato rilasciato dalla banca cedente (Trib. Ravenna 8.3.2021).
A norma dell’art. 3, comma 2, L. n. 130/1999, «i crediti relativi a ciascuna operazione per tali intendendosi sia i crediti vantati nei confronti del debitore o dei debitori ceduti, sia ogni altro credito maturato dalla società di cui al comma 1 nel contesto dell’operazione, i relativi incassi e le attività finanziarie acquistate con i medesimi costituiscono patrimonio separato a tutti gli effetti da quello della società e da quello relativo alle altre operazioni. Su ciascun patrimonio non sono ammesse azioni da parte di creditori diversi dai portatori dei titoli emessi per finanziare l’acquisto dei crediti stessi».
Su tali presupposti, è stata disposta la sospensione della provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo per il rischio paventato dall’ingiunto di non poter più, all’occorrenza, recuperare quanto eventualmente versato alla società di cartolarizzazione (SPV), munita (come di regola) di un modesto capitale sociale:
– la SPV ha un capitale sociale di soli € 10.000,00 e risulta, dai suoi stessi bilanci, finanziariamente inconsistente, priva di strutture e di dipendenti, sicché deve necessariamente ritenersi fondato il dedotto pericolo che l’esecuzione forzata del decreto ingiuntivo opposto possa danneggiare in modo grave gli opponenti, senza garanzia di rimborso/risarcimento in caso di accoglimento dell’opposizione (Trib. Fermo 9.6.2020; v. anche Trib. Perugia 4.12.2018).
La tesi della maggiore solvibilità della banca cedente rispetto alla SPV è rigettata dal Collegio di coordinamento dell’ABF n. 6816/2018, secondo cui a) la circostanza che la società cessionaria non sia solvibile per definizione è da dimostrare; b) il legislatore avrebbe potuto soddisfare questa esigenza mantenendo espressamente in capo al cedente, in ipotesi di cartolarizzazione, ogni responsabilità relativa alla esecuzione del rapporto oggetto di cessione.
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