13 Febbraio 2024

Azione di ripetizione dei canoni di locazione e termine di decadenza semestrale della domanda

di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDF

Cassazione civile, sezione III, Ordinanza del 13.04.2023 n. 9937, Presidente R. Frasca, Estensore E. Iannello

Massima:Il termine semestrale di decadenza, previsto dall’art. 13, comma 2, legge 9 dicembre 1998, n. 431 (ratione temporis applicabile), per l’esercizio dell’azione di ripetizione delle somme corrisposte in misura superiore al canone risultante dal contratto scritto e registrato, fa sì che, se l’azione viene esperita oltre il detto termine, il conduttore è esposto al rischio dell’eccezione di prescrizione dei crediti per i quali essa è già maturata, mentre il rispetto del termine di sei mesi gli consente il recupero di tutto  indebitamente è stato corrisposto fino al momento della riconsegna dell’immobile locato, il che si traduce nella inopponibilità di qualsivoglia eccezione di prescrizione”.

CASO

Caio e Sempronia locavano a Tizio un immobile ad uso abitativo il 7 marzo 2007. Il contratto si rinnovava tacitamente e successivamente perveniva a naturale scadenza ed il conduttore il 18 giugno 2023 rilasciava l’immobile.

Nel novembre 2013, i locatori Caio e Sempronia, convenivano in giudizio la loro controparte contrattuale affinchè venisse condannata al pagamento dei canoni insoluti pari a sei mensilità per l’anno in corso, al rimborso delle spese condominiali così come anticipate per gli anni dal 2008 al 2012 nonchè, da ultimo, al risarcimento dei danni arrecati all’immobile.

Nel costituirsi in giudizio, Tizio, contestava le domande attoree e chiedeva in via riconvenzionale, la condanna degli istanti alla ripetizione delle somme corrisposte in eccesso rispetto al canone pattuito nel contratto scritto e registrato, previa declaratoria di nullità della pattuizione ai sensi e per gli effetti dell’art. 13 della legge n. 431 del 1998.

Alla luce di quanto esposto dalle parti, il Tribunale di Sondrio, con sentenza n. 432 del 2017, accoglieva le domande attoree e rigettava la domanda riconvenzionale per intervenuta prescrizione semestrale dell’azione ex art. 13, comma 2 L. n. 431 del 1998.

Tizio impugnava la decisione del giudice di primo grado innanzi la Corte d’Appello di Milano, la quale, tuttavia, con sentenza n. 2330 del 2018, rigettava il gravame a totale conferma della decisione del giudice di prime cure.

Tizio presentava ricorso per cassazione sulla base di due motivi; resistevano con controricorso Caio e Sempronia.

SOLUZIONE

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 9937 del 13 aprile 2023, ha parzialmente accolto il ricorso ritenendo il primo motivo fondato, ha cassato la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione del giudice a quo, cui ha demandato anche la decisione sulle spese.

QUESTIONI

Con il primo motivo la ricorrente rilevava la violazione e la falsa applicazione dell’art. 13 della legge n. 431 del 1998, in merito alla decisione della Corte d’appello circa l’intervenuta prescrizione dei crediti azionati in via riconvenzionale dalla stessa, deducendo l’erronea interpretazione della norma de quo alla luce della consolidata esegesi contraria elaborata dai giudici di legittimità avuto riguardo all’esperienza giurisprudenziale precedente maturata nel vigore dell’art. 79 della legge n. 392 del 1978, da sempre considerata norma di chiusura del sistema per tutte le tipologie locatizie ed ora in vigor, solo per le locazioni di immobili urbani ad uso diverso, successivamente all’entrata in vigore della L.431/98, sulle locazioni abitative .

La Corte di Cassazione riteneva tale motivo fondato dichiarando l’esegesi offerta dalla Corte territoriale non condivisibile alla luce della invalsa interpretazione relativa alla disposizione contenuta nell’art. 79 della legge n. 392 del 1978 e valutando come, nel caso in esame, l’esercizio tardivo dell’azione di ripetizione avrebbe unicamente comportato l’impossibilità di ripetere quanto versato oltre dieci anni prima e non già la decadenza di ogni diritto di credito ancorchè non prescritto.

Il giudice di legittimità, sul punto, rilevava che “la ratio dell’art. 79, secondo comma, della legge n. 392 del 1978, in coerenza con la finalità sanzionatoria della nullità prevista nel primo comma, è volta ad eliminare l’incertezza connessa ad una convenzione che, sia pure pro quota, si assume contra legem, per cui l’azione del conduttore implica la previa determinazione del canone legalmente dovuto e la sua proponibiltà è ragionevolmente limitata ad un circoscritto lasso di tempo […] d’altra parte, mentre il credito del locatore per i canoni rimasti impagati è soggetto alla prescrizione quinquennale ex art. 2948, n. 3, c.c., il credito del conduttore avente ad oggetto il rimborso di canoni indebitamente versati sarebbe soggetto alla prescrizione ordinaria decennale, ex art. 2946 c.c.”.

Orbene, la giurisprudenza di legittimità nonchè la dottrina, sono concordi nel ritenere il principio contenuto nell’art. 79, L. n. 392 del 1978 come un vero e proprio ius receptum applicabile anche alla fattispecie delle locazioni ad uso abitativo di cui all’art. 13 L. n. 431 del 1998, la quale, come per il caso delle locazioni ad uso non abitativo, prevede che “nei casi di nullità di cui al comma 1 il conduttore, con azione proponibile nel termine di sei mesi dalla riconsegna dell’immobile locato, può chiedere la restituzione delle somme corrisposte in misura superiore al canone risultante dal contratto scritto e registrato”.

Invero, in forza del principio suindicato previsto in materia di locazioni ad uso non abitativo, il mancato rispetto del termine semestrale di decadenza posto a favore del conduttore, onde consentirgli la ripetizione delle somme in qualunque forma pagate al locatore, comporta la sua esposizione all’eccezione di prescrizione dei crediti per i quali è già maturata, al contrario, il tempestivo esercizio dell’azione permette di recuperare tutto quanto indebitamene corrisposto fino al momento del rilascio del bene immobile in locazione[1].

A conferma della legittima applicazione estensiva di tale principio, la Suprema Corte evidenzia che le norme richiamate (art. 79 L.392/78 e 13 L.431/98) condividono le intitolazioni nonchè gran parte del contenuto e che la diversità dell’interesse tutelato dai due provvedimenti mediante la previsione di nullità insanabile non è tale da “incidere sullo scopo da assegnare in via interpretativa alla norma”.

Sul punto occorre precisare che l’art. 79 della legge n. 392 del 1978 ha come finalità quella di limitare l’autonomia negoziale delle parti mediante la previsione di “uno schema negoziale in larga parte predefinito inderogabilmente dal legislatore […] i riferimenti alla misura del canone e alla durata del contratto […] non facevano altro che ribadire la natura imperativa degli artt. 1 e 12 ss. della medesima legge, così da confermare che l’eventuale presenza di clausole difformi avrebbe portato alla loro dichiarazione di nullità, in piena coerenza con gli artt. 1418 e 1419 cod. civ.”.

Al contrario ed in maniera più limitata e circoscritta, l’art. 13 della legge n. 431 del 1998 sanziona con la nullità ogni pattuizione delle parti finalizzata a determinare un canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e successivamente registrato.

Sul punto, le Sezioni Unite[2] si sono pronunciate riconoscendo la piena validità del contratto di locazione ad uso abitativo contenente la pattuizione del canone apparente sanzionando, invece, l’accordo dissimulato, relativo al maggior canone, con nullità insanabile con conseguente diritto del conduttore alla ripetizione di quanto indebitamente corrisposto.

Peraltro, non è neppure ammissibile la sanatoria successiva dell’accordo dissimulato attraverso la sua registrazione successiva in considerazione del fatto che l’oggetto della sanzione prevista dalla norma è da individuarsi nell’illegittima sostituzione di un canone con un altro.

La ratio della norma, quindi, è quella di tutelare il contraente debole e contemporaneamente gli interessi fiscali e tributari sottesi all’obbligo di registrazione del contratto di locazione a fini di prevenzione del fenomeno della evasione fiscale.

Appare interessante il passaggio argomentativo della Corte in cui si ribadisce che: “ la diversità dei fondamenti assiologici delle previste nullità non ha però motivo di riflettersi sulla ricostruzione del meccanismo rimediale prefigurato, come detto in termini identici, rispettivamente dall’art. 79 legge 392/78 e dall’art. 13, comma 2, legge 431 del 1998”

Infatti la Corte di Cassazione evidenzia come: “anche in tale ipotesi si pone lesigenza che lazione di ripetizione del conduttore che ha corrisposto indebitamente somme eccedenti il canone previsto nel contratto scritto e registrato non sia disincentivata dalla remora che il locatore possa agire in ritorsione impedendo che alla scadenza la locazione possa proseguire in tacita sua rinnovazione pattizia

Alla luce di quanto esposto, in conclusione, la Suprema Corte, pronunciava il seguente principio di diritto “il termine semestrale di decadenza, previsto dall’art. 13, comma 2, legge 9 dicembre 1998, n. 431, (ratione temporis applicabile), per l’esercizio dell’azione di ripetizione delle somme corrisposte in misura superiore al canone risultante dal contratto scritto, fa sì che, se l’azione viene esperita oltre il detto termine, il conduttore è esposto al rischio dell’eccezione di prescrizione dei crediti per i quali essa è già maturata, mentre il rispetto del termine di sei mesi gli consente il recupero di tutto quanto indebitamente è stato corrisposto fino al momento della riconsegna dell’immobile locato, il che si traduce nella inopponibilità di qualsivoglia eccezione di prescrizione”.

Quindi in applicazione del richiamato principio la Corte censura la decisione del giudice di secondo grado, affermando che l’esercizio dell’azione di ripetizione del conduttore oltre il termine semestrale di decadenza previsto dall’art. 13, comma 2, L.431/98, impedisce il recupero per intervenuta prescrizione di quanto indebitamente versato dieci anni prima e non già la decadenza in radice da ogni pretesa restitutoria ancorchè non prescritta.

Con il secondo motivo la ricorrente censurava l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti in merito alla condanna al risarcimento dei danni, per non aver la Corte d’appello ricostruito la situazione relativa allo stato dei luoghi al momento della consegna dell’immobile concesso in locazione nè al momento della conclusione del contratto; pertanto, dalla mancanza di tali verifiche derivava l’inammissibilità dell’incarico al c.t.u. in quanto esplorativo e le cui stesse conclusioni risultavano frutto di presunzioni apodittiche. Evidenziava, a tal proposito, che la decisione della Corte, si sarebbe dovuta basare sulle dichiarazioni rese dai testimoni che avrebbero confermato le proprie tesi difensive.La Corte di Cassazione, tuttavia, riteneva tale motivo inammissibile in quanto relativo a profili di fatto non riconducibile al tipo di vizio evocato dalla ricorrente ed in quanto finalizzato alla rivalutazione di profili previamente esaminati nella sentenza impugnata non censurabili in sede di giudizio di legittimità.  Peraltro, il motivo si riduceva ad una mera riproposizione delle medesime censure già formulate e rigettate con ampia motivazione da parte del giudice delle seconde cure.

[1] Ex multis Cass. Civ., sent. n. 31321/22

[2] Cass. Civ., SS. UU., sent. n. 18213/15

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