Azione revocatoria ordinaria dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale
di Emanuela Ruffo, Avvocato Scarica in PDFCass. civ. Sez. Terza Sent., 28/08/2023, n. 25361, Pres. Sestini, Est. Ambrosi
Costituzione del fondo patrimoniale – Fallimento del costituente – Azione revocatoria ordinaria proposta dal curatore
[1] La costituzione del fondo patrimoniale effettuata dall’imprenditore successivamente fallito può essere dichiarata inefficace nei confronti della massa per mezzo dell’azione revocatoria ordinaria, proposta dal curatore a norma dell’art. 2901 c.c., espressamente richiamato dall’art. 66 L. fall.
Disposizioni applicate
Art. 167 c.c., art. 2901 c.c., art. 66 L. fall.
CASO
La curatela fallimentare ha agito per ottenere la declaratoria di inefficacia ex art. 2901 c.c. dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale posto in essere dai coniugi, soci accomandatari della fallita, sostenendo che con la costituzione del fondo patrimoniale avevano cercato di sottrarre i beni alla garanzia patrimoniale ex art. 2740 c.c..
Il Tribunale di primo grado accoglieva la domanda del curatore. I coniugi impugnavano la sentenza, ma anche la Corte d’Appello adita confermava la decisione del primo grado e respingeva quindi la domanda.
La pronuncia di secondo grado veniva impugnata dai coniugi avanti la Corte di Cassazione.
SOLUZIONE
La Corte di Cassazione ha affermato che la costituzione del fondo patrimoniale effettuata dall’imprenditore successivamente fallito può essere dichiarata inefficace nei confronti della massa per mezzo dell’azione revocatoria ordinaria, proposta dal curatore a norma dell’art. 2901 c.c., espressamente richiamato dall’art. 66 L. fall.
QUESTIONI
La sentenza in commento si occupa dell’azione revocatoria ordinaria in ambito fallimentare.
Il primo comma dell’art. 66 L. fall. prevede infatti che il curatore possa domandare che siano dichiarati inefficaci gli atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori, secondo le norme del codice civile.
L’azione revocatoria ordinaria ha come scopo quello di reintegrare la generica garanzia patrimoniale del debitore a favore di qualunque credito assunto dallo stesso (art. 2740 c.c.).
La ratio dell’istituto è quindi quella di far venire meno i possibili effetti pregiudizievoli per un creditore causati da un atto di disposizione del debitore, purché sussistano le condizioni soggettive (consilium fraudis del debitore e dell’eventuale partecipatio fraudis del terzo) e oggettive (eventus damni) previste dalla legge.
L’azione revocatoria, pertanto, ha quali presupposti:
- la sussistenza di una ragione di credito in capo all’attore;
- l’esistenza del consilium fraudis del debitore che può variare a seconda che l’atto dispositivo sia anteriore o posteriore al sorgere del credito: se anteriore, occorre il dolo specifico del debitore, nel senso che si deve provare che l’atto è stato posto in essere dal futuro debitore al fine di precostituirsi una situazione di insolvenza. Se posteriore è sufficiente il dolo generico, inteso come mera consapevolezza del pregiudizio che l’atto avrebbe potuto arrecare al creditore;
- la sussistenza della scientia damni del terzo per l’ipotesi che si tratti di un atto dispositivo a titolo oneroso. In ipotesi di atto dispositivo a titolo gratuito è invece sufficiente la semplice conoscenza o conoscibilità, delle conseguenze negative che – in punto di concreto soddisfacimento del diritto del credito – l’atto medesimo è in grado di produrre;
- la sussistenza dell’eventus damni, inteso come il compimento di un atto che non necessariamente determini l’insolvenza del debitore, ma renda anche solo più difficoltosa un’eventuale e futura soddisfazione del creditore mediante una modifica del patrimonio, non solo quantitativa, ma anche qualitativa.
In tema di revocatoria ordinaria del fondo patrimoniale, in particolare, la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di affermare (da ultimo, Cass. n. 9192/2021) che è necessario che l’atto oggetto di revoca comporti un pregiudizio alle ragioni del creditore, ovvero che lo stesso sia cioè idoneo ad “alterare in senso peggiorativo” la garanzia patrimoniale che nel concreto risulta posta ad assistenza del credito (cfr. Cass., n. 4143/1996), così rendendo più “incerta” o comunque maggiormente “difficoltosa” la realizzazione del diritto medesima (Cass., n. 15310/2007).
La sentenza in commento si inserisce nell’ormai consolidato orientamento di legittimità che sostiene come costituisca ius receptum il principio per cui la costituzione del fondo patrimoniale effettuata dall’imprenditore successivamente fallito può essere dichiarata inefficace nei confronti della massa a mezzo di azione revocatoria ordinaria proposta dal curatore ai sensi dell’art. 2901 c.c., espressamente richiamato dall’art. 66 L. fall.
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