Autonomia del processo di merito susseguente a procedimento cautelare ante causam
di Silvia Romanò, Dottoranda in Scienze giuridiche europee e internazionali presso l'Università degli Studi di Verona Scarica in PDFCassazione civile, Sez. II, Ordinanza 11/1/2024, n. 1120. Pres. Manna, Estensore Amato
Procedimento cautelare – Giudizio di merito – Rapporti tra giudizio cautelare e giudizio di merito – vizi di notificazione – contraddittorio – provvedimenti d’urgenza – efficacia
Il giudizio di merito susseguente a un procedimento cautelare ante causam è, rispetto a questo, del tutto autonomo, e come tale non è in nessuna misura dipendente da esso, dal suo esito e dal rispetto delle relative forme. Una cosa, infatti, è il processo dichiarativo, che mette capo ad una decisione che accerta un diritto e pronuncia, se richiesto, una condanna, altra, invece, è il procedimento cautelare, che dà luogo a un provvedimento non decisorio il quale, per sua stessa definizione, non accerta, non condanna e, quindi, tecnicamente “non giudica”, ma si limita a emettere le misure necessarie a conservare l’utilità del futuro giudizio dichiarativo.
CASO
Il condominio Alfa esperiva ricorso ex art. 700 c.p.c. avanti il Tribunale di Roma per ottenere l’accesso all’unità abitativa occupata da Tizio in qualità di usufruttuario, al fine di eseguire lavori di competenza del condominio per l’eliminazione della causa di infiltrazioni d’acqua che aggravavano lo stato dell’immobile sottostante alla suddetta unità abitativa. Il ricorso veniva notificato a mani della madre non convivente di Tizio, che rimaneva contumace, mentre interveniva volontariamente in giudizio la proprietaria dell’appartamento.
La CTU riconduceva che la causa dell’infiltrazione nell’unità abitativa occupata da Tizio, al quale, con ordinanza cautelare monocratica, veniva ordinato di eliminare rendere a norma l’impianto dei bagni dell’appartamento in questione. Tizio proponeva reclamo, che veniva rigettato e l’ordinanza confermata dal collegio.
Tizio instaurava giudizio di merito lamentando numerosi vizi del contraddittorio, rigettato dal Tribunale romano. Tizio interponeva appello, rigettato anch’esso dalla Corte competente.
Ricorre per cassazione Tizio. Si difende con controricorso il condominio.
SOLUZIONE
Ribadendo un proprio orientamento consolidato, la Suprema Corte torna sull’autonomia tra giudizio di merito susseguente a un procedimento cautelare e il procedimento cautelare stesso: dal momento che detto giudizio di merito non è in nessuna misura dipendente dal cautelare, dal suo esito e dal rispetto delle relative forme, e che il procedimento cautelare tecnicamente non giudica, mirando soltanto ad adottare le misure necessarie perché il giudizio di merito non perda di utilità, non ha ragion d’essere la deduzione, in sede di merito, della violazione del principio del contraddittorio patita a seguito della irregolare notifica di un ricorso d’urgenza.
QUESTIONI
Per quanto qui d’interesse, Tizio deduce la violazione del principio del contraddittorio, in quanto la notifica del ricorso cautelare era stata effettuata a mani della madre, familiare non convivente, né poteva invocarsi nel caso di specie la presunzione di convivenza non meramente occasionale, trattandosi della residenza propria del familiare diversa da quella del destinatario dell’atto; che l’ufficiale giudiziario avrebbe dovuto dare notizia dell’avvenuta notificazione, a mezzo lettera raccomandata, nel luogo di residenza del destinatario, e così non era avvenuto; che la nullità della notifica non doveva essersi considerata sanata dalla conoscenza aliunde del procedimento, perché comunque Tizio era rimasto contumace nel procedimento cautelare; che la violazione del principio del contraddittorio travolgeva tutti gli atti successivi.
La Corte di cassazione rigetta il ricorso partendo dall’analisi dell’art. 669 octies c.p.c., come modificato dal d.l. 35/2005, il quale, rispetto al sistema previgente, prevede la stabilità della misura cautelare anticipatoria, se e fino a che essa non sia sostituita da una sentenza del medesimo o di diverso segno.
L’autonomia tra procedimento cautelare e successiva fase di merito trova conferma nella giurisprudenza di legittimità (Cass. 31-08-2018 n. 21491; Cass. 10-04-2015, n. 7260), la quale precisa costantemente che il procedimento cautelare termina con l’ordinanza di accoglimento o rigetto del giudice monocratico, o del collegio in caso di reclamo, mentre il successivo processo di cognizione è del tutto autonomo da questo.
Il giudizio di cognizione susseguente al procedimento cautelare richiede un’autonoma domanda, come si evince dal disposto dell’art. 669 octies c.p.c., a tenore del quale ciascuna parte può ‘iniziare’ il giudizio di merito, che si configura pertanto come giudizio autonomo, con struttura e funzioni del tutto differenti rispetto al procedimento cautelare, del quale non può ritenersi costituire una parte né una fase. Al contrario, il procedimento cautelare dà luogo ad un provvedimento non decisorio che, per definizione, non accerta nè condanna, ma intende adottare le misure necessarie per fare in modo che il futuro giudizio dichiarativo possa avere una qualche utilità. È proprio la stabilità della misura anticipatoria, rafforzata dalla riforma del 2005, a spingere la parte a instaurare il giudizio di merito per rimuoverne gli effetti.
Proprio in quanto tecnicamente il procedimento cautelare “non giudica” e il giudizio di merito susseguente ad un procedimento cautelare è, rispetto a questo, del tutto autonomo, e, come tale, non è in alcun modo dipendente da esso, dal suo esito né dal rispetto delle relative forme: sicché deve essere esclusa in radice la violazione del contraddittorio asseritamente patita dal ricorrente a seguito della irregolare notifica del ricorso cautelare ex art. 700 c.p.c., dedotta davanti al giudice del merito, quando il procedimento cautelare ante causam si era ormai chiuso.
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