20 Marzo 2018

Attuazione del provvedimento cautelare e misure coercitive ex art. 614 bis c.p.c.

di Laura Costantino Scarica in PDF

Trib. Asti, ord. 17 gennaio 2018, Pres. Rampini, Rel. Caineri

[1] Procedimenti cautelari – Attuazione – Obbligo di pagamento –  Inammissibilità (art. 491 e ss. c.p.c.; art. 669 duodecies c.p.c.)

[2] Procedimenti cautelari – Attuazione – Reclamo – Obblighi di consegna e rilascio – Titolo esecutivo – Ultra ed extra petita (art. 669 duodecies c.p.c; art. 669 terdecies c.p.c.)

[3] Procedimenti cautelari- Attuazione – Misure di coercizione – Competenza (art.614 bis c.p.c.; art. 669 duodecies c.p.c)

[1] Le misure cautelari aventi ad oggetto somme di denaro si attuano nelle forme del pignoramento, pertanto deve ritenersi inammissibile la richiesta di determinazione delle modalità di attuazione del relativo obbligo.

[2] Il provvedimento emesso all’esito del reclamo cautelare costituisce titolo esecutivo quanto agli obblighi restitutori e di rispristino dello status quo ante, solo ove contenga un’espressa pronunzia in tal senso, in difetto della quale, il giudice non può provvedere alla determinazione delle modalità di attuazione del relativo obbligo.

[3] In sede di attuazione del provvedimento cautelare il giudice non può emettere misure coercitive ex art. 614 bis c.p.c.

IL CASO

[1, 2, 3] Con provvedimento cautelare, emesso all’esito di ricorso ex art. 700 c.p.c., il Tribunale aveva ordinato ad A.B. il rilascio dell’azienda in favore di H.B. Tale provvedimento, veniva poi riformato, all’esito di reclamo, con condanna di H.B. anche alla refusione delle spese di lite in favore di A.B.

Stante, l’inadempimento di H.B., A.B. proponeva ricorso al Tribunale di Asti, chiedendo che fossero determinate le modalità di attuazione del provvedimento emesso all’esito del reclamo cautelare, precisamente dell’obbligo di pagamento delle somme e di quello di rilascio dell’azienda da parte di H.B., e la contestuale adozione di misure di coercizione.

H.B. contestava l’ammissibilità e la fondatezza delle richieste di A.B.

LA SOLUZIONE

Il Tribunale di Asti rigettava tutte le pretese del ricorrente A.B., condannandolo al pagamento delle spese legali. In particolare:

[1] dichiarava inammissibile la richiesta di determinazione delle modalità di attuazione dell’obbligo di pagamento, in quanto le misure cautelari aventi ad oggetto somme di denaro si attuano nelle forme di cui agli artt. 491 e ss c.p.c.;

[2] rigettava la richiesta di determinazione di modalità di attuazione dell’obbligo di rilascio, rilevando come, nel riformare l’ordinanza cautelare, il Tribunale non avesse, altresì, ordinato la restituzione dell’azienda in favore del reclamante A.B., difettando apposita domanda sul punto;

[3] rigettava la richiesta di adozione di misure di coercizione, in considerazione della natura essenzialmente esecutiva della fase di attuazione.

LE QUESTIONI

[1] Il Tribunale di Asti ha ritenuto inammissibile la richiesta di determinazione delle modalità di attuazione dell’obbligo di pagamento di somme, poiché l’attuazione delle misure cautelari, aventi ad oggetto somme di denaro, avviene nelle forme di cui agli artt. 491 e ss c.p.c. «in quanto compatibili» (Vullo, L’attuazione dei provvedimenti cautelari, Torino, 2001, 117; Comoglio, in Comoglio, Ferri, Taruffo, Lezioni sul processo civile, Bologna, 1998, 387).

L’art. 669 duodecies c.p.c. prevede, infatti, che vengano determinate dal giudice che ha emesso il provvedimento cautelare unicamente le modalità di attuazione di misure aventi ad oggetto obblighi di consegna e rilascio, o di fare o di non fare, mentre l’attuazione di misure aventi ad oggetto un obbligo di pagamento avviene secondo le regole dell’espropriazione forzata.

In particolare, il richiamo agli artt. 491 e ss c.p.c., contenuto nell’art. 669 duodecies c.p.c., escluderebbe l’applicabilità, in sede di attuazione di misure cautelari aventi ad oggetto somme di denaro, delle norme relative alle notificazioni del titolo esecutivo e del precetto, nonché delle norme generali sulle modalità di espropriazione forzata di cui agli artt. 483 e ss c.p.c., tuttavia, queste sono ritenute dalla prevalente dottrina ugualmente applicabili (Merlin, Procedimenti cautelari ed urgenti in generale, in Dig. Civ., sez. civ., Torino, 1996, XIV, 425; Vullo, op. cit., 151, secondo l’autore, la mancata previsione del richiamo alle norme sulla notificazione del titolo e del precetto risponde a esigenze di celerità).

In assenza di una espressa previsione legislativa, la dottrina maggioritaria, anche argomentando a contrariis dalla diversa ipotesi delle misure cautelari afferenti ad obblighi di fare o di non fare, ritiene che l’attuazione delle misure cautelari, aventi ad oggetto somme di denaro, debba svolgersi sotto la direzione del giudice dell’esecuzione, secondo le regole ordinarie di competenza in tema di espropriazione. In assenza di un dato letterale decisivo, quest’ultima soluzione è apparsa preferibile, sia per ragioni di praticità, sia per assicurare – come fanno in specie le regole sulla competenza di cui all’art. 26 c.p.c. – la contiguità dell’ufficio investito del procedimento al luogo in cui si trovano i beni da espropriare (Merlin, op. cit., 425).

Tuttavia, dalla stringata motivazione dell’ordinanza in epigrafe, sembrerebbe che l’obbligo di pagamento in questione avesse ad oggetto somme dovute a titolo di spese legali liquidate nell’ordinanza, emessa all’esito del reclamo cautelare. Ove così fosse, il richiamo alle forme di attuazione del provvedimento cautelare da parte del Tribunale di Asti, potrebbe essere criticato, stante la natura non cautelare della statuizione sulle spese, ancorché accessoria ad un provvedimento cautelare.

Invero, la tecnica di attuazione delle misure cautelari di cui all’art. 669 duodecies c.p.c., è riferibile ai soli provvedimenti di accoglimento della domanda cautelare e non si estende al provvedimento di condanna alle spese del giudizio cautelare, che sarà, invece, soggetto alle ordinarie regole in tema di espropriazione, compresa la spedizione in forma esecutiva del titolo di cui all’art. 475, comma 1, c.p.c. (Cass. 12 aprile 2013, n. 8942, www.italgiure.giustizia.it)

[2] Il Tribunale di Asti ha rigettato la richiesta di determinazione delle modalità di attuazione dell’obbligo di rilascio, in quanto il provvedimento emesso all’esito del reclamo, pur avendo riformato la misura cautelare emessa in prima istanza, non conteneva un’espressa pronunzia relativa all’obbligo restitutorio e di ripristino dello status quo ante, non avendo il reclamante formulato apposita domanda in tal senso.

Secondo il Tribunale di Asti, in assenza di espressa pronunzia, «pronunzia che può essere legittimamente emessa, senza violare il principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, solamente in presenza di domanda diparte», il provvedimento, emesso all’esito di una proposta impugnazione, non costituirebbe titolo esecutivo quanto agli obblighi restitutori, e pertanto, non potrebbero esserne determinate le relative modalità di attuazione.

A fondamento della decisione, l’ordinanza in epigrafe richiama il principio espresso in alcune pronunce della Corte di cassazione (Cass. 16 giugno 2016, n. 12387, in CED Cassazione, 2016; Cass. 3 maggio 2016, n. 8639, ibid.; Cass. 8 giugno 2012, n. 9287, id., 2012) secondo cui una sentenza di appello che, riformando quella di primo grado, faccia per ciò sorgere il diritto alla restituzione degli importi pagati in esecuzione di questa, non costituisce titolo esecutivo ove non contenga un’espressa statuizione in tal senso.

Il Tribunale opera, quindi, un richiamo ai principi enucleati in materia di appello ritenendoli applicabili, in via analogica, alla fattispecie del reclamo. Sotto tale profilo, appare opportuno sottolineare che il reclamo costituisce un’impugnazione diversa da quelle elencate dall’art. 323 c.p.c., con caratteristiche sue proprie e una portata devolutiva più ampia dell’appello, pertanto, l’applicazione dei principi enucleati in relazione all’appello al reclamo potrebbe presentare alcune criticità (v. Corsini, Il reclamo cautelare, Torino, 2002, 100; Mandrioli, Carratta, Diritto Processuale civile, Torino, 2017, 286).

L’analogia, operata dal Tribunale di Asti, fra l’istituto dell’appello e quello del reclamo, inoltre, sembra comportare come corollario l’assimilazione fra il procedimento di attuazione del provvedimento cautelare ed il procedimento di esecuzione. L’ordinanza in epigrafe, infatti, nel rigettare la richiesta di determinazione delle modalità di attuazione dell’obbligo di rilascio, afferma che il provvedimento, emesso all’esito del reclamo, non costituirebbe titolo esecutivo quanto agli obblighi di ripristino dello status quo ante. Tuttavia, la giurisprudenza prevalente esclude che le misure cautelari abbiano la qualità di titolo esecutivo (sull’esclusione della qualità di titolo esecutivo del provvedimento cautelare avente ad oggetto obblighi di consegna o rilascio, o di fare o di non fare, Cass. 14 luglio 2003, n. 10994, in Mass. Giur. It., 2003; Montesano, Attuazione delle cautele e diritti cautelabili nella riforma del processo civile, in Riv. dir. oproc., 1991, 937).

Sotto tale profilo, le argomentazioni poste a fondamento del rigetto dal Tribunale di Asti presentano alcune criticità, là dove l’ordinanza sembra non tenere conto del fatto che l’attuazione di misure cautelari, aventi ad oggetto obblighi di consegna, rilascio, fare o non fare, non avvia un separato procedimento di esecuzione ma costituisce una fase del procedimento cautelare in cui il giudice (da intendersi come ufficio), che ha emanato il provvedimento cautelare, ne determina anche le modalità di attuazione.

Invero, l’attuazione degli obblighi di consegna, rilascio, fare e non fare, è nettamente distinta dalle corrispondenti esecuzioni in forma specifica: da un lato, infatti, si attribuisce al giudice che ha pronunciato il provvedimento cautelare la competenza a sovraintendere alla sua attuazione, indipendentemente dal luogo in cui dovrà essere eseguito, e dall’altro si introduce un procedimento attuativo deformalizzato e caratterizzato da una notevole discrezionalità giudiziaria (Tarzia, Saletti, Processo cautelare, in Encicl. dir., aggiornamento-V, Milano, 2001 859).

[3] Il Tribunale rigetta, infine, la richiesta di adozione di misure coercitive considerata la natura essenzialmente esecutiva della fase di attuazione (la terminologia «attuazione» sottolinea la particolarità dell’esecuzione dei provvedimenti cautelari ed evidenzia inequivocabilmente la consapevolezza della natura di esecuzione forzata «speciale» della procedura in questione v. Costantino, Le espropriazioni forzate speciali, Milano, 1984, 291 e 305). Tale decisione appare conforme al tenore letterale dell’art. 614 bis c.p.c. secondo cui la misura di coercizione è adottata unitamente al provvedimento di condanna.

Il Tribunale, dunque, sembra implicitamente sostenere la compatibilità delle misure di coercizione con il provvedimento cautelare, escludendone unicamente l’adozione in sede di attuazione del provvedimento stesso. Tale posizione appare in linea con la prevalente giurisprudenza di merito che, in varie pronunce, ha concesso unitamente ad un provvedimento cautelare le misure di cui all’art. 614 bis c.p.c. (in tal senso v. Trib. Reggio Emilia 15 aprile 2015, Giur. it., 2015, 2382, con nota di Frus, La coercibilità indiretta della misura cautelare ed i rimedi a disposizione di chi la subisce; Trib. Genova, 28 ottobre 2015, Giur. it., 2016, 1129, con nota di Bertillo, Provvedimenti cautelari e misure coercitive – sui rimedi avverso la condanna ex art. 614 bis c.p.c. emessa in sede cautelare).