3 Maggio 2022

Atto di opposizione a donazione ex art. 563 c.c.: negozio simulato e donazione indiretta

di Matteo Ramponi, Avvocato Scarica in PDF

Cassazione Civile, Sezione 2, sentenza n. 4523 dell’11 febbraio 2022

Parole chiave: Opposizione di cui all’art. 563, comma 4, cod. civ. – -Azione di simulazione preordinata all’opposizione di cui all’art. 563, comma 4, cod. civ. – Proponibilità prima dell’apertura della successione del disponente – Ammissibilità – Donazioni effettuate prima dell’entrata in vigore della legge che ha introdotto il rimedio – Decorrenza del termine ventennale – Dalla trascrizione degli atti di liberalità – Fondamento.

La mancanza di una norma di diritto intertemporale che, con riferimento alle donazioni anteriori alla data di entrata in vigore della legge n. 80 del 2005, individui tale data quale “dies a quo” del termine ventennale per l’esperimento del rimedio previsto dall’art. 563, comma 4, cod. civ., induce a ritenere che detto termine decorra in ogni caso, ai sensi del comma 1 dello stesso art. 563, dalla trascrizione della donazione.

L’azione di simulazione di un contratto dissimulante una donazione di un bene immobile può essere esperita, dal coniuge o dal parente in linea retta del disponente, anche prima dell’apertura della successione di quest’ultimo, allo specifico scopo di consentire l’opposizione di cui all’art. 563, comma 4, cod. civ. e di rendere, in futuro, possibile l’esperimento della domanda di restituzione del bene donato di cui all’art. 563, comma 1, cod. civ.

Disposizioni applicate
Articoli 563, 769, 1414 e 1415 cod. civ.; Legge n. 80/2005

CASO

[1] Tizio citava in giudizio i genitori Tizione e Tiziona, invocando l’accertamento della natura simulata di due atti di trasferimento immobiliari con i quali gli stessi avevano acquistato, in parti uguali, nel 1972 e nel 1973, diverse porzioni di un immobile di pregio. Secondo l’attore, il bene era stato in realtà acquistato con denaro di esclusiva proprietà del padre e di conseguenza l’acquisto dissimulava una donazione, da parte del padre ed in favore della madre, della metà indivisa dell’immobile. L’attore invocava, dunque, l’accertamento della reale natura liberale dell’operazione, nonché della potenzialità lesiva che detto atto avrebbe potuto arrecare ai suoi diritti di legittimario in relazione alla successione paterna, per la tutela dei quali egli aveva notificato e trascritto atto di opposizione ai sensi dell’art. 563, quarto comma, cod. civ.
I genitori si costituivano eccependo, tra l’altro, l’inammissibilità della domanda di simulazione per difetto di legittimazione ad agire.
Il giudice di primo grado dichiarava inammissibile la domanda di simulazione. Tizio proponeva appello, ma la Corte adita rigettava il gravame, confermando la carenza di legittimazione ad agire in capo all’appellante, ritenendo che il giudice di primo grado avesse correttamente rilevato che il rimedio previsto dall’art. 563, quarto comma, cod. civ. si applica soltanto alle donazioni dirette, e non anche a quelle indirette, e solo a condizione che detti atti siano stati conclusi e trascritti dopo l’entrata in vigore della Legge n. 80 del 2015.
Sempre secondo la Corte distrettuale, il figlio non avrebbe legittimazione attiva, prima dell’apertura della successione dei suoi genitori, in relazione alla domanda di simulazione di una donazione compiuta dal genitore, ancora in vita, in favore di un terzo. Ciò, perché al figlio non competerebbe alcun diritto sul patrimonio dei genitori prima dell’apertura della loro successione, neanche in qualità di futuro legittimario. Inoltre, la Corte di Appello ha ritenuto che, nel caso di donazione indiretta, il cespite non entra a far parte del patrimonio del disponente, ragion per cui il legittimario i cui diritti siano lesi da tale genere di liberalità non avrebbe comunque titolo per esercitare il rimedio di cui all’art. 563, quarto comma, cod. civ., che è teso ad assicurare il recupero alla massa del bene che sia stato donato a terzi dal de cuius in vita. Al massimo, egli potrebbe proporre l’azione di riduzione della donazione, per far valere, nei confronti degli eredi del disponente, un diritto di credito avente ad oggetto il controvalore in denaro del bene oggetto di liberalità indiretta.
[2] Avverso tale pronuncia, Tizio proponeva ricorso in Cassazione, fondandolo su un unico motivo.
Ad avviso del ricorrente, infatti, la propria azione era stata proposta ai sensi dell’art. 563 cod. civ., come modificato dalla Legge n. 80 del 2005: per effetto di tale novella, il legittimario non dovrebbe più attendere il decesso del proprio dante causa per far valere la natura simulata di un determinato atto di liberalità eseguito in vita dal genitore in favore di terzi, ma potrebbe attivarsi subito esercitando –e trascrivendo sull’immobile– tanto la domanda di simulazione, che l’opposizione di cui all’art. 563 cod. civ. La prima domanda, infatti, costituirebbe il presupposto logico per il ricorso al rimedio di cui all’art. 563 cod. civ., poiché l’effetto recuperatorio assicurato da quest’ultimo, anche in relazione alle donazioni eseguite e trascritte oltre vent’anni prima del decesso del disponente, si produrrebbe solo a condizione che sia stata accertata la natura, appunto, donativa di un diverso negozio giuridico compiuto in vita dal de cuius.
A giudizio degli Ermellini, tale censura è infondata. Nella loro ricostruzione, dapprima considerano come l’opposizione di cui al 4° comma dell’art. 563 cod. civ. non assicuri alcuna tutela attuale al legittimario, rappresentando “un rimedio a contenuto essenzialmente cautelare, finalizzato ad assicurare, in favore del legittimario pretermesso, o leso nelle sue aspettative ereditarie, la possibilità di esercitare, nella ricorrenza di una serie di condizioni previste dalla norma, il diritto di seguito sul cespite donato dal proprio dante causa”. Resta fermo che sia l’azione di riduzione che quella di restituzione saranno esperibili dal legittimario soltanto dopo l’apertura della successione del suo dante causa: solo in quel momento, infatti, sarà possibile verificare se l’atto di liberalità possa, o meno, rivelarsi lesivo delle aspettative ereditarie del legittimario stesso.
La sentenza in commento si preoccupa, indi, di verificare se ed in quali limiti tale schema sia applicabile anche alle liberalità poste in essere dal disponente ricorrendo a strumenti diversi dalla donazione.
Al riguardo viene richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale che ammette l’esperibilità dell’azione finalizzata all’accertamento della natura simulata di un negozio giuridico dissimulante una donazione, anche prima dell’apertura della successione del donante, allo scopo di poter esercitare utilmente il rimedio di cui all’art. 563 cod. civ. (Cass. Civ., Sez. 1, Sentenza n. 11012 del 09/05/2013). L’azione di simulazione è in tal caso diretta al circoscritto scopo di conseguire una pronuncia di accertamento che costituisca, a sua volta, il presupposto necessario affinché si possa notificare, e soprattutto trascrivere, l’atto di opposizione di cui all’art. 563, quarto comma, cod. civ..
Come nel caso di specie, è ben possibile che il fine liberale sia perseguito mediante la messa a disposizione, da parte del disponente, di una somma di denaro necessaria a consentire, da parte del ricevente, l’acquisto di un bene immobile. In tali ipotesi, occorre distinguere il caso in cui la liberalità abbia ad oggetto il denaro, poi eventualmente utilizzato dal donatario per l’acquisto di un immobile, da quello in cui il donante fornisca il denaro, quale mezzo per l’acquisto dell’immobile, che – in tale evenienza – costituisce esso stesso l’oggetto della donazione, in funzione dello stretto collegamento esistente tra elargizione del denaro ed acquisto del cespite. Nel richiamare i propri precedenti conformi , la Suprema Corte, giunge ad affermare (forse troppo semplicisticamente) che “nella ricorrenza della seconda ipotesi, evidentemente, si potrebbe ipotizzare un margine di esperibilità del rimedio di cui all’art. 563, primo comma, cod. civ., poiché esso –nell’assicurare la restituzione del bene – presuppone logicamente che la liberalità abbia ad oggetto quest’ultimo, e non il denaro utilizzato per il suo acquisto. Dal che consegue che, per poter esercitare l’azione di accertamento della natura simulata di un negozio dispositivo avente ad oggetto un immobile, in funzione dell’esperimento del rimedio di cui all’art. 563, quarto comma, cod. civ., a sua volta finalizzato al successivo avvio della domanda di restituzione ex art. 563, primo comma cod. civ., l’attore è tenuto a dimostrare che la liberalità indiretta abbia avuto ad oggetto direttamente il bene, e non invece il denaro, o altro valore, utilizzato per realizzare il successivo acquisto di un immobile”; per poi concludere che “in linea teorica, quindi, l’azione di simulazione di un contratto dissimulante una donazione di un bene immobile può essere esperita, (…) anche prima dell’apertura della successione (…), allo specifico scopo di consentire l’opposizione di cui all’art. 563, quarto comma, cod. civ. e di rendere, in futuro, possibile l’esperimento della domanda di restituzione del bene donato”.
[3] Se da tali prime considerazioni potrebbe, prima facie, discendere l’accoglimento delle istanze di Tizio, gli Ermellini precisano come quest’ultimo abbia proposto, nel 2012, un’azione di simulazione avverso due atti stipulati e trascritti rispettivamente nel 1972 e 1973.
Al momento dell’esercizio della domanda, quindi, era ampiamente decorso il termine di venti anni dal compimento e dalla trascrizione dell’atto di liberalità, o presunto tale.
Nell’ottica del ricorrente, tale questione non aveva rilievo, in quanto la novella del 2005, non prevedendo alcuna disposizione transitoria, doveva ritenersi applicabile a tutte le donazioni eseguite prima dell’entrata in vigore della legge n. 80 del 2005, a prescindere dalla loro data. Il termine ventennale sarebbe dovuto decorrere, anche per le donazioni anteriori, dalla data di entrata in vigore della richiamata novella.
A giudizio della Suprema Corte, invece, “il tenore letterale della norma evidenzia che l’unico termine previsto per il ricorso all’opposizione di cui al quarto comma dell’art. 563 cod. civ. è quello indicato dal primo comma, ovverosia venti anni dalla trascrizione della donazione. Termine che, nel caso di specie, era ampiamente decorso al momento dell’introduzione della domanda del Tizio.
In definitiva, va affermato che l’opposizione di cui all’art. 563, quarto comma, cod. civ., è esperibile, in relazione alle donazioni compiute dal disponente e potenzialmente lesive dei diritti del legittimario, anche prima dell’apertura della successione del primo”.
La pronuncia in oggetto precisa e conclude, poi, che quando l’opposizione “ha ad oggetto un atto di liberalità indiretta, inoltre, il legittimario è titolato ad agire per ottenere l’accertamento della natura simulata del negozio dissimulante la liberalità potenzialmente lesiva delle sue aspettative. Tuttavia, poiché l’azione di restituzione prevista dall’art. 563, primo comma, cod. civ., è ammessa soltanto qualora non siano decorsi vent’anni dalla trascrizione della donazione, e considerato che l’opposizione di cui al quarto comma del richiamato art. 563 cod. civ. è tesa ad assicurare, in favore del coniuge o parente in linea retta del disponente, unicamente la sospensione del termine ventennale di cui al primo comma, l’esercizio della stessa non è consentito in relazione ad atti di liberalità, diretti o indiretti, che siano stati trascritti da oltre venti anni. Non avrebbe, infatti, alcun senso logico ipotizzare, a favore del legittimario, l’esercizio di uno strumento cautelare finalizzato all’esperimento di una domanda non più proponibile”.
[4] Per quanto autorevole e rispettabile, la sentenza in commento sembra sovrapporre e confondere i profili della donazione indiretta e del negozio simulato.
Se, infatti, le affermazioni circa la natura giuridica dell’opposizione di cui all’art. 563 cod. civ. ed alla sua applicabilità anche agli atti anteriori all’entrata in vigore della modifica legislativa, sono condivisi dalla generalità della dottrina, non altrettanta adesione possono trovare le conclusioni cui gli Ermellini giungono in ordine all’applicabilità del rimedio in oggetto alle ipotesi di donazione indiretta.
Senza poterci, in questa sede, addentrare troppo nelle differenti ipotesi di negozi che operano una liberalità attraverso schemi negoziali diversi dall’atto pubblico di donazione, si ricorda come debba tenersi ben distinto il caso in cui due soggetti, dichiarando formalmente di utilizzare un determinato schema negoziale, in realtà ne vogliono porre in essere uno differente da quello in cui attraverso un negozio realmente voluto, le parti perseguono anche un ulteriore scopo di natura liberale.
Il primo caso configura la c.d. simulazione relativa ed al riguardo si giustifica l’applicabilità del rimedio di cui all’art 563 cod. civ. sopra citato: un bene immobile esce dal patrimonio del disponente ed entra in quello del dichiarato acquirente. L’azione di restituzione cui, necessariamente, è preordinato l’atto di opposizione avrà ad oggetto il bene uscito dal patrimonio del donante/simulato venditore. Conseguentemente, il legittimario che ritenga, anche prima della morte del donante, che l’atto dispositivo dissimulante una donazione potenzialmente sia lesivo dei propri diritti, potrà esercitare l’azione diretta ad accertare la natura simulata del negozio di vendita per poter poi notificare e trascrivere l’atto di opposizione sul bene oggetto del contratto.
A parere dello scrivente, a conclusioni diverse deve, invece, giungersi in merito alle liberalità indirette.
Se è vero che la Suprema Corte, sin dalla nota pronuncia a Sezioni Unite del 1992 , ha affermato che oggetto della liberalità indiretta deve considerarsi l’immobile e non la somma di denaro messa a disposizione per il suo acquisto, non può dimenticarsi che tale equiparazione viene effettuata al solo scopo di determinare il valore da tenere in considerazione ai fini della reintegrazione della quota di legittima. Il ricondurre l’oggetto della donazione all’immobile consente di determinarne il valore in misura corrispondente a quello che esso ha al momento di apertura della successione. Se, invece, si identificasse l’oggetto con la somma di denaro, esso soggiacerebbe al disposto dell’art. 751 cod. civ., venendo, pertanto, valutato nel suo importo originario. Come ha avuto modo di precisare la Suprema Corte, tuttavia, l’azione di riduzione “non mette in discussione la titolarità dei beni donati e l’acquisizione riguarda il loro controvalore, mediante il metodo dell’imputazione”. Dal patrimonio del disponente non è mai uscito il bene immobile e non si vede come possa, attraverso l’azione di restituzione, rientrarvi.
Nei casi donazione indiretta non deve, dunque, farsi ricorso all’azione di simulazione per accertare la natura liberale del negozio. E ciò perché il negozio posto in essere dalle parti è quello dalle stesse realmente voluto. Nel caso di vendita dalla società Alfa a Sempronio, con provvista economica messa a disposizione di costui dal padre Mevio, il negozio di vendita tra Alfa e Sempronio è voluto, e non dissimula di certo alcuna donazione. Non sarà, quindi, al riguardo possibile alcun atto di opposizione ex art. 563 cod. civ. da parte dei legittimari di Mevio. Costoro troveranno tutela nell’ordinaria azione di riduzione, esperibile dopo l’apertura della successione, nei confronti di Sempronio per un valore (in adesione all’orientamento giurisprudenziale attualmente dominante) pari a quello che il bene immobile avrà al momento della morte di Mevio. Giammai potrebbero agire in restituzione nei confronti di un terzo che avesse, nel frattempo, acquistato da Sempronio il bene stesso.

Centro Studi Forense - Euroconference consiglia

Circolazione dei beni immobili provenienti da successione o donazione