13 Aprile 2021

Attività vietata dal regolamento di condominio e obblighi dei conduttori

di Saverio Luppino, Avvocato Scarica in PDF

Cassazione civile, sez. VI^, 18 dicembre 2020, n. 29131. Presidente D’Ascola, Estensore Tatangelo

La condanna a cessare lo svolgimento dell’attività ritenuta contraria al regolamento di condominio nell’immobile locato emessa nei confronti dei conduttori parti del giudizio, così come quella al pagamento di una somma di danaro per l’eventuale inosservanza dell’obbligo ai sensi 614 bis c.p.c., costituisce titolo esecutivo anche nei confronti dei nuovi conduttori per il solo fatto che l’attività vietata continui ad essere svolta nell’ immobile e ciò indipendentemente dalla mancata partecipazione di questi ultimi al giudizio ove è stata pronunciata la condanna.

CASO

La condomina Silvia otteneva sentenza di condanna nei confronti dei condomini Antonio e Maria al pagamento di una somma di denaro ex art. 614bis c.p.c. per ogni giorno di inosservanza al divieto di svolgimento di una determinata attività contraria al regolamento di condominio, in un appartamento di loro proprietà. Costituendo la predetta sentenza titolo esecutivo, la condomina Silvia intimava ai soccombenti un atto di precetto, contro cui essi proponevano opposizione ex articolo 615 c.p.c, rigettata dal Tribunale di Milano con sentenza, poi confermata dalla Corte d’Appello.

Avverso la sentenza del giudice del gravame, i signori Antonio e Maria proponevano ricorso per Cassazione, lamentando con il primo motivo che l’accertamento contenuto nella sentenza costituente titolo esecutivo, relativo allo svolgimento nell’immobile dei ricorrenti – da parte della società allora conduttrice – di una attività contraria al regolamento di condominio, non sarebbe potuto valere con riguardo alla nuova e diversa conduttrice (Associazione) che aveva conseguito la detenzione dell’immobile solo dopo la formazione del suddetto titolo esecutivo, non essendo stata fornita la prova, che anche tale nuova conduttrice svolgesse la medesima attività e non potendo in ogni caso essere effettuato il predetto accertamento in difetto di contraddittorio con quest’ultima, che non era stata parte del primo giudizio. Inoltre, i ricorrenti sostenevano che il divieto contenuto nel titolo esecutivo riguardasse esclusivamente lo svolgimento, nell’immobile di loro proprietà, dell’attività di “scambio di coppie”, mentre la Corte territoriale aveva ritenuto sufficiente a integrare la violazione del regolamento, qualunque attività sessuale, genericamente “trasgressiva”, così stravolgendone il senso. Con altra censura, i ricorrenti sostenevano che non fosse ravvisabile una responsabilità colposa a loro imputabile per l’attività svolta nel proprio immobile dal conduttore dello stesso.

SOLUZIONE

La Suprema Corte di Cassazione riteneva manifestamente infondato il primo motivo di ricorso, in quanto l’accertamento contenuto nella sentenza divenuta titolo esecutivo doveva ritenersi pienamente valido anche in relazione all’attività svolta dall’associazione nuova conduttrice dell’immobile, poiché la condanna a cessare lo svolgimento dell’attività ritenuta contraria al regolamento di condominio era stata emessa anche direttamente nei confronti dei proprietari dell’immobile, rendendo il titolo esecutivo direttamente efficace nei loro confronti anche nella parte relativa al pagamento della somma di denaro per l’inosservanza dell’obbligo di “non facere”. Inoltre, la Corte di Cassazione riteneva accertato dalla Corte d’Appello e, pertanto, insindacabile in sede di legittimità che il titolo esecutivo avesse vietato non solo l’attività di “scambio di coppie”, ma anche “altre attività sessuali altrimenti e variamente trasgressive, ad esempio pornografiche o di prostituzione, ugualmente lesive dei precetti tutelati dal Regolamento di Condominio”, e  che tale tipo di attività continuava ad essere svolta anche dalla nuova conduttrice dell’immobile di proprietà dei ricorrenti. Infine, la Corte di legittimità rigettava l’ultimo motivo di ricorso inerente la mancanza di responsabilità colposa dei proprietari, ritenendo tale censura infondata trattandosi di una questione non deducibile in sede di opposizione all’esecuzione, in quanto coperta dal giudicato. Infatti, si sottolineava come già nel giudizio di cognizione all’esito del quale si era formato il titolo esecutivo i ricorrenti fossero stati condannati direttamente, in proprio, ad impedire la continuazione di tale attività in quanto vietata dal regolamento di condominio.

QUESTIONI

Nel risolvere la controversia esposta in epigrafe, la Suprema Corte ha avuto modo di affrontare la seguente questione: la responsabilità del proprietario di un’unità immobiliare in condominio, concessa in locazione a terzi, nel caso di violazioni delle clausole del regolamento di condominio da parte del conduttore.

Nel caso di specie, i proprietari dell’immobile, i signori Antonio e Maria, avevano concesso in locazione l’appartamento prima ad una società e successivamente ad una associazione, che svolgevano attività di “scambio di coppie”, vietata ai sensi del Regolamento condominiale.

Tale violazione era stata accertata con una sentenza passata in giudicato quando ancora la figura del conduttore era rivestita dalla società prima conduttrice, in seguito posta in esecuzione dopo il subentro dell’associazione quale seconda conduttrice, per effetto di un nuovo contratto di locazione.

In primo luogo, occorre chiarire che le disposizioni civilistiche non pongono limiti particolarmente stringenti, ed anzi tutelano l’utilizzo e il godimento della proprietà esclusiva facente parte di un condominio, purché ciò non vada a detrimento degli interessi e diritti degli altri condomini. Tuttavia, è possibile prevedere più stringenti limitazioni attraverso il regolamento di condominio, atto di natura negoziale e dunque frutto della libera volontà di tutte le parti in comproprietà.

Detto in termini più chiari, il regolamento condominiale di natura contrattuale – cioè adottato ed accettato con accordo unanime dei condomini – può prevedere divieti e limitazioni alle destinazioni d’uso dei singoli appartamenti e, quindi, ai modi di godimento della proprietà esclusiva. Tuttavia, proprio perché è in gioco il libero esercizio della proprietà esclusiva, tali divieti e/o limitazioni devono essere previsti in maniera chiara ed espressa nel regolamento, e le relative clausole non possono essere interpretate ed applicate in via estensiva o analogica o, comunque, in maniera diversa dal loro significato strettamente letterale.[1]

A fronte di ciò, è ora necessario capire chi sia effettivamente vincolato da tale regolamento, specialmente nell’ipotesi in cui un singolo condomino dia in locazione la propria unità abitativa a terzi, che non sono stati parte dell’originario accordo negoziale.

Parte della dottrina ritiene che sia in generale il conduttore, in via esclusiva, responsabile dei suoi comportamenti, qualora utilizzi l’abitazione o le parti comuni in maniera difforme dagli usi consentiti dalla legge o dal regolamento di condominio. È vero infatti che il conduttore, con il contratto di locazione, assume la posizione di detentore nei confronti diretti del locatore, ma anche nell’interesse proprio, quindi detentore qualificato, assimilato totalmente al possessore, ex art. 1168 cod. civ., nei confronti dei terzi. [2]

Tuttavia – come precisato in giurisprudenza – il soggetto primario obbligato al rispetto delle norme regolamentari resta pur sempre il proprietario, il quale è tenuto a controllare l’operato del suo inquilino in merito all’uso ed al godimento dei beni e dei servizi condominiali. Essendo infatti il condomino il principale destinatario delle norme regolamentari, egli si pone nei confronti della collettività condominiale non solo come responsabile delle dirette violazioni di quelle norme da parte sua, ma anche come responsabile delle violazioni delle stesse norme da parte del conduttore del suo bene, essendo tenuto sia a imporre contrattualmente al conduttore il rispetto degli obblighi e dei divieti previsti dal regolamento, sia a prevenirne le inosservanze e a sanzionarle, pure mediante la cessazione del rapporto.[3] In altri termini, il condomino è responsabile delle violazioni commesse dal conduttore del suo bene, se ed in quanto esse siano agevolate da sua culpa in eligendo o da sua culpa in vigilando ovvero, comunque, dall’omissione di tutto quanto sia esigibile da lui, in qualità di proprietario-locatore, “per far cessare lo stato antigiuridico, vale a dire porre termine al rapporto locativo” o, “quanto meno, condizionarlo al rigoroso rispetto delle violate prescrizioni condominiali”.[4]

Ciò comporta che il locatore-condomino deve rispondere, nei confronti degli altri condòmini, per le violazioni al regolamento di condominio poste in essere dal suo conduttore, qualora non dimostri di aver adottato, con la diligenza di cui all’art. 1176 cod. civ., tutte le misure idonee a far cessare gli abusi, fino alla richiesta di cessazione anticipata del contratto di locazione. [5]

La giurisprudenza è però altrettanto pacifica nel ritenere che il regolamento di condominio sia vincolante anche per coloro che hanno la materiale disponibilità dell’unità immobiliare facente parte del vincolo di comunione condominiale, e ciò in virtù del combinato disposto delle norme in materia di comproprietà e di locazione. Le disposizioni del regolamento condominiale obbligano infatti non solo il proprietario/locatore ma anche il conduttore, il quale non può esercitare maggiori diritti di quelli spettanti al condomino. Il conduttore deve servirsi della cosa da buon padre di famiglia qualunque sia l’uso per cui gli è stata locata, deve mantenere integri gli elementi del godimento, non deve mutare la forma od eccedere nel godimento concesso e deve rispettare le norme contenute nel regolamento di condominio per l’uso dei beni e dei servizi comuni, anche se nel contratto non sia stata prevista alcuna precisa clausola in tal senso.[6]

In definitiva, il condominio può decidere di agire sia contro il condomino-locatore sia nei confronti del suo conduttore, in quanto entrambi sono responsabili, in via solidale, della violazione regolamentare e quindi tenuti a risarcire i danni arrecati. Per tali ragioni conviene che l’amministratore diffidi congiuntamente locatore e conduttore, per il comportamento illegittimo posto in essere dallo stesso conduttore o dai suoi ospiti, in violazione delle norme disposte dal regolamento condominiale o dalla legge.[7]

Da quanto esposto finora si deduce una tutela rafforzata degli interessi e diritti collettivi inerenti la comproprietà condominiale, in quanto per l’appunto, in caso di violazioni delle norme sancite dal regolamento, la responsabilità risulta attribuita solidalmente tanto al proprietario-condomino quanto al terzo-conduttore, benché quest’ultimo non abbia un rapporto diretto con la compagine condominiale.

Il suddetto orientamento è stato accolto dalla Corte di Cassazione anche nella sentenza in epigrafe, dove gli ermellini hanno affermato che l’accertamento giudiziale circa lo svolgimento di un’attività vietata dalle norme di condominio è opponibile anche nei confronti dei nuovi conduttori subentrati, per il solo fatto che l’attività vietata continui ad essere svolta nell’unità abitativa, a prescindere dalla partecipazione di questi ultimi al giudizio ove fu pronunciata la condanna.

[1] Cass. civ., sent. n. 21307/2016

[2] Affitti brevi in condominio: limiti e divieti nell’era di Airbnb, in Consulente Immobiliare, 15 aprile 2019, n. 1065, p. 613-618 di Giuseppe Donato Nuzzo

[3] Cass. civ., sent. 29 agosto 1997, n. 8239. In dottrina, in via autoreferenziale, ci si consenta, Luppino S., “Le locazioni in Condominio”, Maggioli , 2020

[4] Cass. civ., sent. 15 marzo 1973, n. 750

[5] Cass. civ., sent. n. 11859/2011

[6] Tribunale Aosta, Civile, sent. 28 giugno 2018, n. 198

[7] Ottolina Ilaria, “Affitti brevi”, Maggioli, 2021