Attività svolta dall’ausiliario del mediatore e diritto alla provvigione
di Paolo Cagliari, Avvocato Scarica in PDFCass. civ., sez. II, 3 agosto 2022, n. 24051 – Pres. D’Ascola – Rel. Fortunato
Parole chiave: Mediazione – Provvigione – Ausiliari del mediatore – Svolgimento di attività accessorie – Iscrizione nel registro delle imprese – Necessità – Insussistenza
[1] Massima: “Quando il collaboratore della società di mediazione si sia limitato a svolgere attività accessorie e strumentali rispetto a quella dei soggetti preposti all’attività mediatizia vera e propria, il diritto alla provvigione non può essere negato per il semplice fatto che l’ausiliario non fosse iscritto nel registro delle imprese, essendo tale adempimento prescritto solo per coloro che risultino assegnati al compimento di atti a rilevanza esterna, con piena efficacia nei confronti dei soggetti intermediati e impegnativi per l’ente da cui dipendono”.
Disposizioni applicate: cod. civ., art. 1755; l. 389/1989, artt. 3, 6; d.lgs. 59/2010, art. 73
CASO
Una società di mediazione agiva in giudizio per ottenere il pagamento della provvigione dovutale per l’attività svolta in relazione alla compravendita di un immobile, ma il Giudice di Pace di Padova respingeva la domanda, ritenendo che l’affare non fosse stato propiziato dal suo intervento.
Anche il Tribunale di Padova, adito quale giudice d’appello, escludeva che la società avesse diritto alla provvigione, ma per l’assorbente motivo che il soggetto che aveva fatto visionare l’appartamento non era iscritto nell’albo dei mediatori.
La società proponeva, quindi, ricorso per cassazione, sostenendo che il proprio collaboratore si era limitato ad accompagnare gli interessati all’acquisto durante le visite dell’immobile, mentre tutte le altre attività preliminari e successive (consistite nella valutazione del bene, nella promozione e nella pubblicità della vendita, nella raccolta delle dichiarazioni di interesse e nella consulenza sulle caratteristiche dell’appartamento) erano state compiute direttamente dalla società, regolarmente iscritta nella relativa sezione del registro delle imprese.
SOLUZIONE
[1] La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, affermando che il diritto del mediatore alla provvigione non può essere escluso quando il collaboratore che non sia iscritto nel registro delle imprese abbia svolto solamente attività di carattere accessorio o ausiliario rispetto a quella mediatizia vera e propria.
QUESTIONI
[1] I giudici di legittimità, con la sentenza che si annota, precisano quando l’iscrizione nel registro delle imprese è condizione necessaria affinché il mediatore possa reclamare la provvigione e quando, al contrario, non lo è.
È pacifico, infatti, che, anche a seguito della soppressione – a opera dell’art. 73, comma 1, d.lgs. 59/2010 – del ruolo degli agenti di affari in mediazione istituito ai sensi dell’art. 2 l. 39/1989, permane l’obbligo, per chi intende svolgere attività mediatizia, di effettuare la prescritta iscrizione, presentando all’ufficio del registro delle imprese della camera di commercio della provincia ove viene esercitata l’attività una segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), corredata dalle certificazioni e dalle dichiarazioni sostitutive previste dalla legge, secondo le modalità indicate dall’art. 2 d.m. 26 ottobre 2011.
In altre parole, l’art. 73 d.lgs. 59/2010 ha soppresso il ruolo dei mediatori, ma non ha abrogato l’art. 6 l. 39/1989, a mente del quale hanno diritto alla provvigione solo coloro che sono iscritti nei ruoli (ovvero, oggi, nel registro delle imprese o nei repertori tenuti dalla camera di commercio).
Detto ciò, anche nella vigenza del regime precedente era stato affermato che, in caso di svolgimento dell’attività di mediazione in forma societaria, i requisiti per l’iscrizione dovessero essere posseduti necessariamente dal legale rappresentante e da eventuali preposti, mentre gli ausiliari della società di mediazione dovevano essere iscritti nel ruolo solo quando fossero stati assegnati allo svolgimento di attività mediatizia in senso proprio e, dunque, legittimati a compiere atti a rilevanza esterna, con efficacia nei confronti dei soggetti intermediati e impegnativi per l’ente da cui dipendevano; di converso, l’iscrizione non era richiesta per quegli coloro che fossero stati incaricati di esplicare meri compiti di natura accessoria e strumentale, in funzione di ausilio ai soggetti a ciò preposti, non condizionando il diritto di questi ultimi alla provvigione.
Tale principio è tutt’ora valido, dal momento che l’art. 3, comma 2, d.m. 26 ottobre 2011, nel prevedere che alla compilazione del modulo di iscrizione sono tenuti il titolare dell’impresa individuale, tutti i legali rappresentanti della società, gli eventuali preposti e tutti coloro che svolgono, a qualsiasi altro titolo, l’attività per conto dell’impresa, riproduce pressoché letteralmente il previgente art. 3, comma 5, l. 39/1989, che, a propria volta, è stato interpretato nel senso che l’onere di iscrizione incombeva solo su coloro che avessero svolto attività di mediazione in senso proprio, con esclusione di chi, al contrario, fosse stato incaricato del compimento di attività aventi carattere meramente strumentale e accessorio.
Nel caso sottoposto al vaglio dei giudici di legittimità, era pacifico che il collaboratore della società di mediazione che aveva fatto visitare l’immobile ai potenziali acquirenti non fosse iscritto nel registro delle imprese.
Cionondimeno, il diritto alla provvigione (non certo il suo, ma quello della società con cui collaborava e che aveva agito in giudizio per ottenerne il riconoscimento) non poteva essere escluso tout court, dal momento che, in disparte le visite all’immobile, la società ne aveva pubblicizzato la vendita, effettuato la sua valutazione, raccolto le dichiarazioni di interesse, prestato assistenza nella fase delle trattative.
Tutte queste ben più complesse e qualificanti attività – esse sì di carattere squisitamente mediatizio – sono senz’altro idonee a giustificare la maturazione del diritto alla provvigione, qualora venga dimostrato che l’affare sia stato concluso proprio per effetto di esse, indipendentemente dall’esistenza ovvero dal conferimento di un preventivo incarico.
Va rammentato, a tale proposito, che, ai fini del riconoscimento del diritto alla provvigione, l’affare deve ritenersi concluso non solo a fronte di un contratto immediatamente traslativo, ma pure quando tra le parti poste in relazione dal mediatore si sia costituito un vincolo giuridico (tipicamente, un contratto preliminare) che abiliti ciascuna di esse ad agire per l’esecuzione in forma specifica del negozio, per la sua risoluzione o per il risarcimento del danno derivante dal mancato conseguimento del risultato utile programmato.
D’altro canto, per attività di mediazione non deve intendersi solo il materiale contatto tra il mediatore e l’acquirente (posto che la mediazione tipica, disciplinata dagli artt. 1754 e seguenti c.c., è quella consistente nell’attività svolta in modo autonomo, senza alcun legame con le parti per effetto di vincoli di mandato o di altro tipo, al punto che la giurisprudenza è giunta a qualificarla in termini di rapporto di fatto, che, per venire in essere, non abbisogna del perfezionamento mediante contratto, dovendosene piuttosto individuare la genesi nel contatto sociale che si crea tra il mediatore e le parti), ma tutta quella che precede e segue la visita dell’immobile (assunzione di informazioni sul bene venduto, organizzazione della struttura di intermediazione, reperimento della controparte negoziale) e che, di fatto, contribuisce a porre fruttuosamente in contatto l’aspirante acquirente con l’aspirante venditore.
A tale proposito, va segnalato che, per consolidato orientamento giurisprudenziale, il mediatore, in difetto di un incarico specifico, non è tenuto a svolgere – nell’adempimento della sua prestazione – particolari indagini di natura tecnico-giuridica, volte a individuare fatti rilevanti ai fini della conclusione dell’affare, ma è nondimeno gravato dall’obbligo, da un lato, di comunicare ai potenziali contraenti le circostanze a lui note o conoscibili con l’ordinaria diligenza (tra le quali, secondo la recente pronuncia di Cass. civ., Sez. II, 9 agosto 2022, n. 24534, rientrano quelle che attengono alle prestazioni energetiche dell’immobile, qualora la relativa qualificazione o classificazione sia stata fatta oggetto di pubblicità negli annunci commerciali e promozionali) e, dall’altro lato, di non fornire informazioni non veritiere o su fatti dei quali non abbia consapevolezza e che non abbia debitamente controllato.
Pertanto, se un segmento pur importante dell’attività – qual è senz’altro quella consistente nell’accompagnare i potenziali acquirenti a visitare l’immobile – viene svolto da un ausiliario, non per questo si deve imputare necessariamente a lui lo svolgimento dell’attività mediatoria in senso proprio.
Per questi motivi, la domanda proposta dalla società di mediazione non poteva essere respinta per il semplice fatto di essersi avvalsa di un collaboratore non iscritto nel registro delle imprese per il compimento di attività aventi carattere accessorio e strumentale, senza valutare, nel loro complesso, tutte le altre che, invece, erano state compiute da soggetti in possesso dei requisiti prescritti.
Di qui, la Cassazione con rinvio della sentenza impugnata.
Quando, invece, la conclusione di un affare sia la conseguenza o l’effetto dell’intervento di più mediatori, tutti hanno diritto a una quota della provvigione – ai sensi dell’art. 1758 c.c. – solo quando abbiano cooperato simultaneamente e di comune intesa, ovvero autonomamente, ma giovandosi l’uno dell’attività espletata dall’altro, in modo tale da non potersi negare un nesso di concausalità obiettiva tra i loro interventi e la conclusione dell’affare; al contrario, il diritto alla provvigione non sussisterà quando, dopo una prima fase di trattative avviate con il loro intervento senza risultato positivo, le parti siano successivamente addivenute alla conclusione dell’affare per effetto di iniziative nuove, in nessun modo ricollegabili alle precedenti o da queste condizionate, così da doversi escludere l’utilità dell’originario intervento dei mediatori.
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