In assenza di nomina di un custode il diritto di voto relativo alla quota pignorata di una S.r.l. rimane in capo al socio debitore
di Eleonora Giacometti, Avvocato Scarica in PDFTribunale di Bologna, Sezione Specializzata in materia di Impresa, sentenza n. 32 del 7 gennaio 2020
Parole chiave: pignoramento quota – sequestro quota – custodia – diritto di voto – società a responsabilità limitata –
Massima: “L’unica norma che può offrire una soluzione equilibrata alla lacuna normativa di cui all’art. 2471 c.c., in merito al diritto di voto relativo ad una quota di S.r.l. pignorata, è l’art. 559 c.p.c., che consente di contemperare l’interesse del debitore e quello del creditore. Il primo, titolare dei diritti sul bene pignorato, diviene, in seguito al pignoramento, e in virtù della legge, custode del bene, mentre al creditore è consentito di prospettare al giudice la inopportunità di tale custodia, ed ottenere di conseguenza la nomina di una persona diversa dal debitore. L’attribuzione al debitore del diritto di voto consente quindi di comprimere il diritto di proprietà solo nei limiti della necessaria tutela del creditore procedente, assicurando una interpretazione rispettosa del dettato costituzionale in materia di intangibilità del diritto reale assoluto”.
Disposizioni applicate: articoli 2471 c. c., 559 c.p.c., 678 c.p.c.
Con il giudizio in esame l’attrice ha impugnato la delibera assembleare con cui sono stati approvati i bilanci sociali della S.r.l. di cui era socia ed è stato deliberato un compenso in favore dell’amministratore unico, chiedendo che ne venisse dichiarata l’invalida e/o nullità.
L’attrice sosteneva che la suddetta delibera era invalida poiché il suo diritto di voto era stato illegittimamente esercitato dal fratello, anch’egli socio della S.r.l., che le che aveva pignorato le quote sociali.
Si è trattato quindi di comprendere come regolare l’esercizio del diritto di voto relativo ad una quota pignorata, posto che l’art. 2471 c.c. concernente appunto il pignoramento delle quote di una S.r.l. nulla prevede al riguardo (diversamente da altri istituti quali, ad esempio, il pegno, l’usufrutto o il sequestro).
Il Tribunale delle Imprese di Bologna ha preliminarmente esaminato la disciplina della custodia delle quote pignorate, ritenendo l’art. 559 c.p.c., relativo al pignoramento mobiliare, il più adeguato ad integrare la disciplina dell’art. 2471 cc. (ed escludendo quindi l’applicabilità, in via analogica, degli articoli 521 e 546 c.p.c.).
Ciò in quanto il pignoramento della quota sociale si esaurisce con la mera notifica ed iscrizione nel registro delle imprese, senza che l’ufficiale giudiziario riceva beni da custodire, o assuma ulteriori compiti, diversamente da quanto accade in sede di esecuzione mobiliare o immobiliare.
Per tale ragione, quindi, l’unica norma che offre una soluzione equilibrata è il suddetto art. 559 c.p.c., che consente di contemperare l’interesse del debitore – titolare dei diritti sul bene pignorato che diviene, in seguito al pignoramento, e in virtù della legge, custode di tale bene – e del creditore, cui è comunque consentito di prospettare al Giudice l’inopportunità di tale custodia, ed ottenere di conseguenza la nomina di una persona diversa dal debitore.
Così individuata la disciplina della custodia, il Tribunale ha quindi concluso affermando che la lacuna normativa di cui all’art. 2471 c.c. deve essere altresì colmata tramite l’applicazione analogica delle norme concernenti la disciplina del sequestro, atteso che l’art. 678 c.p.c. uniforma le modalità di esecuzione del sequestro e del pignoramento.
Nella fattispecie in esame la debitrice pignorata era dunque costituita ex lege custode della propria partecipazione sociale, non avendo il creditore pignorante chiesto la nomina di un diverso custode, ed era quindi la sola legittimata ad esercitare il relativo diritto di voto.
L’espressione del voto da parte del socio-creditore pignorante è quindi stata giudicata invalida dal Tribunale di Bologna, con conseguente fondatezza dell’impugnativa della delibera.
La suddetta impostazione era già stata peraltro affermata anche dal Tribunale di Milano secondo cui nel pignoramento – che assoggetta i beni oggetto di esecuzione al soddisfacimento del diritto di credito – il vincolo di indisponibilità impresso su tali beni non priva il debitore (o il terzo assoggettato all’esecuzione) del diritto di godere dei medesimi, ma ne limita solo la disponibilità, al fine di evitare che l’eventuale atto di disposizione possa pregiudicare il creditore pignorante o i creditori intervenuti.
Partendo da tale presupposto, il Tribunale di Milano aveva quindi ritenuto consolidata l’opinione di una puntuale analogia tra sequestro e pignoramento “con l’inevitabile conseguenza della esclusiva spettanza al custode (e non invece al “creditore pignorante”) dei diritti relativi alle quote sottoposte a procedimento giudiziario (esecutivo o cautelare)”, così concludendo per la “spettanza del diritto di voto in capo al socio-debitore la cui partecipazione sia stata oggetto di sequestro conservativo o pignoramento – sino a che non sia stato nominato un custode della partecipazione” (così Trib. Milano ordinanza n. 19535 del 11 giugno 2010 e Trib. Milano, sentenza n. 2844 del 9 marzo 2018).