Assenza di firma digitale sulla relazione di notifica telematica di un atto? La Cassazione esclude (a certe condizioni) sia la nullità insanabile, sia l’inesistenza giuridica
di Andrea Ricuperati Scarica in PDFCass. civ., sez. lav., sent., 12 dicembre 2017, n. 29775 – Pres. Amoroso – Rel. Lorito
[1] Notificazioni in materia civile – Notificazione a mezzo posta elettronica certificata – Mancanza della firma digitale sulla relazione di notifica – Inesistenza della notificazione – Esclusione (Cod. proc. civ., artt. 156, 160; l. 21 gennaio 1994, n. 53, artt. 3-bis e 11)
[2] Notificazioni in materia civile – Notificazione a mezzo posta elettronica certificata – Conoscenza dell’atto da parte del destinatario – Raggiungimento dello scopo – Sanatoria (Cod. proc. civ., artt. 156, 160 – l. 21 gennaio 1994, n. 53, artt. 3-bis e 11)
[1] L’assenza della firma digitale sulla relazione di notifica dell’atto processuale di parte notificato con modalità telematica non rende l’atto giuridicamente inesistente, giacché l’appartenenza dell’indirizzo PEC all’avvocato menzionato in relata e munito di procura è idonea a ricondurre con certezza a quest’ultimo la paternità della notifica .
[2] La nullità della notificazione telematica di un atto processuale non può mai essere dichiarata se la notificazione ha raggiunto lo scopo di portare l’atto a conoscenza del destinatario, senza ledere il diritto di difesa di quest’ultimo.
Cass. civ., sez. V, ord., 16 febbraio 2018, n. 3805 – Pres. Virgilio – Rel. La Torre
[3] Ricorso per cassazione – firma digitale – eccezione di non sottoscrizione – attestazione di conformità della copia analogica all’originale informatico – sufficienza (Cod. proc. civ., art. 365; l. 21 gennaio 1994, n. 53, artt. 3-bis, 6 e 9; d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, conv. dalla l. 17 dicembre 2012, n. 221, art. 16-undecies; d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, art. 23)
[3] In presenza di una rituale e non contestata attestazione di conformità della copia analogica del ricorso per cassazione (con la relazione di notifica telematica e la pertinente documentazione annessa) ai corrispondenti originali informatici di atto ed allegati, non può essere negata l’ammissibilità del ricorso in questione.
CASI
[1-2-3] L’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, che in esito ad un giudizio di rinvio dalla precedente fase di legittimità aveva accolto l’istanza rimborso formulata da un contribuente.
La notifica del gravame avveniva a cura dell’Agenzia con invio, mediante posta elettronica certificata, dell’atto e della relazione di notificazione, ai sensi dell’art. 3-bis della l. 21 gennaio 1994, n. 53.
Il resistente eccepiva l’inammissibilità del ricorso per carenza di firma digitale del difensore su esso e sulla relata di notifica.
[1-2] Tizia notificava in via telematica ricorso per cassazione avverso la sentenza con cui la Corte d’Appello di Bologna, confermando la pronuncia del Tribunale della stessa città, aveva respinto – alla luce del giudicato esterno eccepito dalla convenuta – la domanda di reintegra nel posto di lavoro e risarcitoria spiegata dalla ex-dipendente.
La resistente eccepiva in via preliminare la nullità/inesistenza della notificazione del ricorso per assenza della firma digitale del difensore sulla relata di notifica.
SOLUZIONI
[1-2-3] La Corte di cassazione ha in entrambi i casi rigettato l’eccezione della parte controricorrente.
Nel dettaglio:
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con l’ordinanza n. 3805/2018 il Supremo Collegio ha argomentato che:
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nella fattispecie risultava regolarmente depositata l’attestazione (sottoscritta) di conformità della copia analogica del ricorso per cassazione – completo delle relazioni di notifica e di “tutta la documentazione” (i.e., verosimilmente, messaggio di posta elettronica certificata, ricevuta di accettazione PEC e ricevuta di avvenuta consegna PEC) – ai corrispondenti originali informatici; e tanto bastava a superare l’eccezione di mancanza della firma digitale;
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la cd. firma PAdES offre le stesse garanzie di immodificabilità del documento informatico (stante l’esistenza di strumenti tecnici [software] di controllo delle eventuali varianti apportate al file dopo la sottoscrizione) di ogni altra tipologia di firma digitale ammessa;
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anche alle notificazioni telematiche si applica il principio ex art. 156, ultimo comma, c.p.c., secondo cui la nullità non può mai essere dichiarata quando (come nella vicenda de qua) l’atto – malgrado l’irritualità della notifica – sia comunque giunto a conoscenza del destinatario;
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nessuna eccezione di vizio procedimentale può essere esaminata allorché il deducente non abbia prospettato – quale conseguenza della violazione delle regole del processo – una lesione del diritto di difesa od un pregiudizio per la decisione dell’organo giudicante;
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la mancanza della firma digitale sulla relata di notifica non è causa di inesistenza dell’atto notificatorio, se all’interno di quest’ultimo sono riscontrabili elementi idonei ad imputare al difensore la paternità del medesimo, com’è l’identità fra la persona menzionata in relata ed il soggetto designato in procura speciale;
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con la sentenza n. 29775/2018 la Corte di cassazione ha riaffermato in maniera testuale il principio da ultimo illustrato, oltre a ribadire che la notificazione telematica aveva nella fattispecie raggiunto lo scopo di portare il destinatario a conoscenza dell’atto.
QUESTIONI
[1-2-3] I provvedimenti in commento si collocano nel – ad avviso di chi scrive, assai apprezzabile (oltre che in linea col disposto dell’art. 11 l. 21 gennaio 1994, n. 53, il quale definisce «nulle» le notifiche carenti dei requisiti soggettivi ed oggettivi di legge) – solco antiformalista tracciato dalle Sezioni Unite con la pronuncia n. 7665 del 18 aprile 2016 (in questa Rivista, edizione del 4 luglio 2016), secondo il quale la stragrande maggioranza delle deviazioni dell’iter notificatorio dallo schema formale previsto dalla legge, rientrando nell’alveo della semplice nullità (e non inesistenza), viene sanata dal raggiungimento dello scopo e dalla concreta assenza di lesioni del diritto di difesa spettante al destinatario della notifica viziata, il quale del resto nelle vicende in esame aveva resistito al ricorso notificando il controricorso e difendendosi nel merito. Di recente, con riguardo al processo civile telematico, è stata rimessa da Cass. civ., sez. VI – 3, ord., 31 agosto 2017, n. 20672 (in questa Rivista, ed. 31 ottobre 2017) al consesso plenario della Corte – per l’auspicata (a parere di chi scrive) conferma dell’insegnamento testé ricordato – proprio la questione della validità, o meno, dell’atto la cui forma non rispetti le norme specifiche tecniche vigenti in materia, nonché dell’àmbito e limiti di operatività della sanatoria ex art. 156, ultimo comma, c.p.c. dell’eventuale nullità.
Del pari lodevole appare lo sforzo del Supremo Collegio di surrogare l’assenza della firma digitale sulla relazione di notifica valorizzando la presenza di elementi «endogeni» in grado di far ricavare aliunde la certezza della provenienza del processo notificatorio (anche se nel caso deciso dall’ordinanza n. 3805/2018 sicuramente difettava la procura ad litem, essendo il ricorrente difeso ex lege dall’Avvocatura dello Stato; ma ben avrebbero potuto essere invocati altri elementi idonei, quale ad esempio la riferibilità dell’indirizzo PEC di invio del messaggio all’ente di appartenenza del difensore indicato nel ricorso).
Altrettanto condivisibile s’appalesa la sottolineatura della piena valenza – ad ogni effetto – della cd. firma PAdES, a proposito della quale la succitata Cass. civ. n. 20672/2017 aveva sollevato qualche dubbio con riguardo agli allegati informatici nascenti dalla conversione di documenti originali analogici, a torto dimenticando il combinato disposto degli artt. 12, comma 2, 13, comma 3, e 19-bis del provvedimento 16.4.2014 del responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della giustizia (D.G.S.I.A.), dal quale si evince pacificamente che i documenti notificabili via PEC possono, se firmati, avere “struttura” PAdES-BES (o PAdES Part 3) o CAdES-BES.
Degna di nota, da ultimo, si rivela l’opinione per cui l’attestazione di conformità della copia analogica del ricorso per cassazione in origine informatico, che sia stato notificato via PEC, rende – ove rituale e non contestata (l’ordinanza n. 3805/2018 non l’afferma in modo espresso, ma la necessità di ambedue i requisiti si ricava implicitamente dalla motivazione del provvedimento) – irrilevante l’eventuale assenza della firma digitale su esso (per la tesi secondo la quale nel giudizio di legittimità il ricorso e l’eventuale controricorso debbono – sotto pena, in difetto, di inammissibilità – essere muniti di sottoscrizione autografa e non digitale, vedasi Cass. civ., sez. VI, ord., 23 marzo 2017, n. 7443, in questa Rivista, ed. 1° agosto 2017). Si consideri che, a norma dell’art. 6 della l. 21 gennaio 1994, n. 53, l’avvocato attestante la conformità di quanto notificato assume la veste di pubblico ufficiale; di conseguenza, la sua dichiarazione fa piena prova «fino a querela di falso» (art. 2700 c.c.): e solo l’esperimento di tale azione, in fattispecie analoghe a quella affrontata dall’ordinanza in commento, imporrà la verifica (tra l’altro) dell’esistenza della firma digitale.