Assegnazione parziale della casa coniugale: il padre rimane al piano seminterrato
di Giuseppina Vassallo, Avvocato Scarica in PDFCassazione civile sez. I, 08/08/2023, ordinanza n. 24106/2023
Assegnazione della casa familiare – interesse del minore
(art. 337 sexies c.c.)
Massima: “L’assegnazione della casa familiare ad un coniuge è consentita unicamente con riguardo all’immobile che abbia effettivamente costituito il centro di aggregazione della famiglia durante la convivenza e nell’esclusivo interesse del figlio minore.
Attenendosi a questo parametro, il giudice può limitare l’assegnazione della casa familiare ad una porzione dell’immobile, consentendo che la rimanente porzione dell’abitazione sia abitata dal padre”.
CASO
Una coppia si separa consensualmente concordando che la casa familiare sarebbe rimasta assegnata alla moglie, collocataria del figlio, ma solo per la parte da questi effettivamente abitata. L’immobile, quindi, sarebbe stato diviso in due unità e il padre avrebbe continuato ad abitare nella unità costituita dal seminterrato, realizzando due ingressi indipendenti.
In sede di divorzio giudiziale, il Tribunale confermava le già concordate condizioni di affidamento e mantenimento del minore, assegnando per intero la casa familiare alla madre.
In appello, la Corte di Salerno rilevava che la divisione dell’abitazione coniugale era stata concordata nei patti di separazione consensuale, e riformava la sentenza di primo grado in punto di assegnazione della casa familiare, precisando che la casa assegnata fosse da intendersi quale piano superiore dell’edificio.
La moglie ricorre in Cassazione sostenendo che l’assegnazione della casa familiare deve riguardare l’intero immobile, il quale comprende le pertinenze collegate direttamente o funzionalmente all’abitazione stessa. Secondo la donna, i locali del seminterrato, poiché privi del certificato di abitabilità non costituiscono unità indipendenti ma una pertinenza dell’immobile posto al primo piano.
Pertanto, in forza della presunzione dell’art. 818 c.c., secondo cui la pertinenza rimane soggetta agli effetti degli atti e dei rapporti giuridici che riguardano la cosa principale, doveva esserle assegnata anche la parte del seminterrato.
Il marito si difende ricordando l’esistenza delle condizioni concordate e omologate in sede di separazione in cui si prevedeva l’assegnazione dell’abitazione al primo piano dove effettivamente dimorava il minore, lasciando la parte inferiore dell’immobile con entrata distinta e separata, al padre, anche per permettergli di restare quanto più possibile vicino al figlio, anche dopo la separazione.
SOLUZIONE
Casa familiare assegnabile è l’ambiente di vita consueto del minore e non l’unità abitativa catastale.
La Cassazione ha respinto il ricorso della donna.
Il godimento della casa familiare è attribuito – secondo il principio contenuto nell’art. 337-sexies c.c. – tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli e dell’esigenza di conservare l’habitat domestico. Da ciò deriva che la casa familiare è un luogo identificato non per la sua classificazione catastale o commerciabilità, ma quale ambiente di vita produttivo di benessere e che, come tale, deve essere utilizzato, nell’interesse del minore.
La Corte specifica che la norma lega inscindibilmente il provvedimento di assegnazione non ad un parametro astratto, ma alla valutazione caso per caso dell’interesse del minore, che deve farsi nel contesto delle situazioni in cui la famiglia vive.
Con l’accordo di separazioni le parti stesse hanno implicitamente escluso il vincolo pertinenziale ed hanno lasciato il bene, per tutto il tempo intercorso tra la separazione ed il divorzio, nell’esclusiva disponibilità del padre del minore, dove tra l’altro è avvenuta la frequentazione con il figlio.
L’assegnazione parziale e la divisibilità dell’immobile.
Con l’ordinanza in esame la Cassazione specifica e ribadisce che con l’assegnazione si costituisce un diritto personale di godimento in favore del genitore assegnatario, ma si tratta di un diritto di godimento atipico, perché mira a soddisfare non l’interesse del titolare, ma l’interesse del minore di continuare a vivere nell’ambiente in cui è cresciuto.
Il provvedimento ha valorizzato le precedenti pattuizioni delle parti rispondenti all’interesse del figlio e ha richiamato il prevalente indirizzo giurisprudenziale che consente al giudice di limitare l’assegnazione della casa familiare ad una porzione dell’immobile, se questa eccede per estensione le esigenze della famiglia e sia agevolmente divisibile, o composta da unità suscettibili di utilizzazione autonoma, anche attraverso minimi accorgimenti o piccoli lavori (recentemente Cass. Civ. n. 22266/2020 e Cass. Civ. n. 11294/2023).
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