Argomenti giurisprudenziali contro l’assoggettamento degli interessi moratori alla disciplina sull’usura
di Fabio Fiorucci, Avvocato Scarica in PDFSecondo parte della giurisprudenza di merito (Trib. Cremona 9.1.2015; Trib. Milano 29.1.2015; Trib. Roma 7.5.2015; Trib. Rimini 6.2.2015; Trib. Vibo Valentia; Trib. Brescia 24.11.2014; Trib. Salerno 27.7.1998; Trib. Macerata 1.6.1999; Trib. Napoli 5.5.2000; Trib. Treviso 12.11.2015), ad escludere l’assoggettamento degli interessi di mora alla normativa antiusura concorrono: a) il rilievo secondo cui gli artt. 1815, comma 2, c.c., e 644, comma 1, c.p., si riferiscono, rispettivamente, agli interessi “convenuti” e “in corrispettivo“, ossia afferenti alla fase fisiologica del rapporto (Trib. Verona 12.9.2015); b) la circostanza che le Istruzioni della Banca d’Italia per il calcolo del tasso effettivo globale medio (TEGM) non contemplano gli interessi di mora (c.d. principio di omogeneità di confronto): la L. 108/1996 esige, infatti, la rilevazione comparata di “operazioni della stessa natura” (la mancanza di uno specifico tasso soglia degli interessi moratori ha indotto parte della giurisprudenza di merito ad escludere la loro assoggettabilità alla disciplina sull’usura: Trib. Varese 26.4.2016 e Trib. Milano 28.4.2016). Tale ultimo profilo (omogeneità di confronto) è stato di recente valorizzato anche dalla Cassazione (Cass. nn. 12965/2016 e 22270/2016); c) la diversa funzione degli interessi moratori – comunque eventuali – aventi natura risarcitoria/sanzionatoria, alternativa rispetto agli interessi corrispettivi, aventi invece natura remunerativa: “gli interessi moratori non remunerano affatto il creditore dell’erogazione del credito, ma lo ristorano per il protrarsi della perdita della disponibilità di somme di denaro che egli non ha accettato, ma che subisce per effetto dell’inadempimento del debitore e per un periodo di tempo non prevedibile” (Trib. Treviso 12.11.2015); d) la circostanza che il c.d. TAEG ‘comunitario’ (cfr. Direttiva 2008/48/CE e Direttiva 2014/17/UE, entrambe recepite dal nostro ordinamento) non contempla gli interessi moratori (credito ai consumatori).
Nella direzione dell’esclusione del tasso di mora dal perimetro di operatività della L. 108/1996 si pone anche un orientamento giurisprudenziale che argomenta tale esclusione alla luce del D.L. 132/2014, convertito in L. 162/2014, che all’art. 17, comma 1, ha novellato l’art. 1284, ult. co., c.c., prevedendo che il saggio degli interessi (di mora), dal momento in cui è proposta la domanda giudiziale, ove non sia pattuito dalle parti, è pari a quello previsto dal D.Lgs. 231/2002 (tasso BCE + 8 punti): c.d. tasso legale di mora nelle transazioni commerciali. Tale tasso, con riferimento a certe categorie di operazioni, quali i mutui, è spesso risultato superiore al tasso-soglia: le parti, dunque, secondo questo indirizzo giurisprudenziale, ben potrebbero oggi pattuire un interesse di mora pari o anche superiore a quello del D.Lgs. 231/2002, quindi superiore al tasso-soglia, e non incorrere in usura, essendo la loro condotta conforme al nuovo dettato dell’art. 1284 c.c. (Trib. Cremona 9.1.2015; Trib. Vibo Valentia 22.7.2015; Trib. Treviso 12.11.2015; Trib. Monza 3.3.2016; Trib. Varese 26.4.2016; Trib. Milano 28.4.2016).
Anche in ambito penale, infine, è rilevato che, in riferimento all’art. 644 c.p., “nulla è detto circa l’interesse moratorio che pertanto, stante il divieto di interpretazione analogica ed il principio di tassatività della norma penale, non può essere ricompreso nel calcoli relativi al superamento o meno del tasso soglia” (Trib. Lecce, GIP, 3.3.2016).