Applicabile nel concordato fallimentare, in virtù dell’eadem ratio, il cram down tributario e contributivo di cui all’art.180 comma 4 L.F.
di Silvia Zenati, Avvocato e Dottore CommercialistaTribunale La Spezia, 25 novembre 2021
Parole chiave Concordato fallimentare – mancata adesione dell’amministrazione finanziaria – intervento sostitutivo del Tribunale in sede di omologa – giudizio di cram down – applicazione analogica
Massima E’ applicabile in via analogica anche nel concordato fallimentare l’intervento sostitutivo del Tribunale in sede di omologa pur in mancanza di adesione, se determinante, dell’amministrazione finanziaria, all’esito del giudizio di cram down, previsto nella procedura di concordato preventivo
Disposizioni applicate art.128 l.f. – art. 180 c. 4 l.f., – art.12 Preleggi
Il concordato fallimentare può essere omologato dal Tribunale anche in ipotesi di mancanza di adesione alla proposta da parte dell’amministrazione finanziaria, purchè la stessa sia determinante per il raggiungimento delle maggioranze per l’approvazione del concordato, e purchè la proposta di soddisfazione del credito fiscale sia preferibile rispetto all’alternativa liquidatoria.
E ciò pur in assenza, nella disciplina del concordato fallimentare, di una specifica normativa sul giudizio di cram down, potendosi come modificato dall’art. 3, commi 1 bis e 1 applicare, in via analogica, l’art. 180, comma 4 l.f., ter, D.L. n. 125/2020, nonché dal DL. 118/2021 convertito nella L. n. 159/2020, il quale consente al tribunale di omologare il concordato preventivo anche in mancanza di adesione dell’amministrazione finanziaria, quando essa sia determinante ai fini del raggiungimento delle maggioranze e sia prospettabile la preferibilità della proposta di soddisfacimento della stessa amministrazione rispetto all’alternativa liquidatoria.
E’ questa la conclusione alla quale è giunto il Tribunale di La Spezia, nella sentenza del 25 novembre 2021, nell’omologare una proposta di concordato fallimentare rispetto alla quale l’Agenzia delle Entrate, titolare di un credito pari al 62,95% degli ammessi al voto, aveva negato la propria («determinante») adesione, determinando per l’effetto il mancato raggiungimento delle maggioranze richieste dall’art.128 l.f..
Tuttavia, in tema di concordato preventivo, il problema è stato di recente risolto, con l’inserimento, nell’art.180 l.f., ad opera del D.L. 125/2020 prima, e del D.L. 118/2021, della precisazione per cui “Il tribunale omologa il concordato preventivo anche in mancanza di adesione da parte dell’amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando l’adesione è determinante ai fini del raggiungimento delle maggioranze di cui all’articolo 177 e quando, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista di cui all’articolo 161, terzo comma, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria”
Nella disciplina, di genesi temporalmente più risalente, del concordato fallimentare, difetta una specifica norma in tema di cram down fiscale, limitandosi l’art.129 c.5 l.f. a prevedere che “nell’ipotesi di cui al secondo periodo del primo comma dell’articolo 128 (vale a dire «ove siano previste diverse classi di creditori», n.d.r.), se un creditore appartenente ad una classe dissenziente contesta la convenienza della proposta, il tribunale può omologare il concordato qualora ritenga che il credito possa risultare soddisfatto dal concordato in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili».
Tale previsione non è da sola sufficiente a colmare la lacuna normativa laddove, come nel caso di specie, si verifichi il caso in cui l’amministrazione finanziaria esprima voto contrario all’approvazione della proposta di concordato fallimentare.
Il Tribunale di La Spezia, nella pronuncia in commento, risolve tale carenza affermando l’applicazione in via analogica al concordato fallimentare della disciplina, novellata, dettata per la procedura di concordato preventivo: sarà quindi omologabile la proposta di concordato fallimentare sulla quale l’amministrazione finanziaria, il cui voto sia decisivo per il raggiungimento delle maggioranze per l’approvazione, abbia votato in senso contrario, purchè il giudizio di cram down, basato sull’alternativa liquidatoria concretamente praticabile, risulti favorevole per l’amministrazione finanziaria.
Sussistono, infatti, tra le procedure di concordato fallimentare e quella di concordato preventivo “decisive somiglianze”, essendovi sovrapponibilità quanto ai fini e alle modalità di votazione, risultando le differenze marginali e non significative, ma con un significativo rafforzamento, nel concordato fallimentare, del giudizio di convenienza rispetto all’alternativa liquidatoria, che nel concordato fallimentare viene affidato alla relazione redatta dal curatore, mentre nel concordato preventivo è rimesso alla relazione dell’attestatore scelto dal debitore, “sicché il giudizio dell’amministrazione finanziaria – e del Tribunale – si basa su presupposti di fatti solidi e concreti”.
Tale pronuncia è coerente con il provvedimento reso dal Tribunale di Teramo il 19 aprile 2021, che ravvisa la possibilità di applicare in via analogica anche al concordato fallimentare il meccanismo del cram down tributario e contributivo per “l’assoluta sovrapponibilità delle due discipline”, motivo per il quale sussiste senz’altro il presupposto della eadem ratio richiesto dall’art. 12 delle Preleggi.
Sebbene, infatti, la disciplina del cram down tributario e contributivo sia contenuta in una norma inserita nel procedimento di omologazione, la stessa presenta, tuttavia, una “indubbia portata anche sostanziale”, essendo, in ultima analisi, espressione dell’art. 97 della Costituzione, e quindi della “ volontà comune e generale di assegnare al Tribunale un potere di delibazione che funga da contraltare alla volontà dell’amministrazione finanziaria di votare contro una proposta di ristrutturazione da parte di terzi o del debitore e così di bloccarne la prosecuzione, quante volte detto ostacolo risulti ingiustificato, in quanto l’alternativa liquidatoria sia, di fatto, meno conveniente per la stessa amministrazione, in violazione dell’art. 97 Cost.”.
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