16 Febbraio 2021

È applicabile l’art. 1497 c.c. ai contratti di cessione di partecipazioni di società di capitali laddove tale garanzia non sia stata espressamente pattuita dai contraenti?

di Dario Zanotti, Avvocato Scarica in PDF

Cass. civ. Sez. I, ordinanza del 12 settembre 2019, n. 22790.

Parole chiave: Società – Cessione quote – Dichiarazioni e garanzie – Risoluzione

Massima: “Le azioni (e le quote) delle società di capitali costituiscono beni di ‘secondo grado’, in quanto non sono del tutto distinte e separate dai beni compresi nel patrimonio sociale, e sono rappresentative delle posizioni giuridiche spettanti ai soci in ordine alla gestione ed alla utilizzazione di detti beni, funzionalmente destinati all’esercizio dell’attività sociale; pertanto, i beni compresi nel patrimonio della società non possono essere considerati del tutto estranei all’oggetto del contratto di cessione del trasferimento delle azioni o delle quote di una società di capitali, sia se le parti abbiano fatto espresso riferimento agli stessi, mediante la previsione di specifiche garanzie contrattuali, sia se l’affidamento del cessionario debba ritenersi giustificato alla stregua del principio di buona fede. Ne consegue che la differenza tra l’effettiva consistenza quantitativa del patrimonio sociale rispetto a quella indicata nel contratto, incidendo sulla solidità economica e sulla produttività della società, quindi sul valore delle azioni o delle quote, può integrare la mancanza delle qualità essenziali della cosa, che rende ammissibile la risoluzione del contratto ex art. 1497 c.c., ovvero, qualora i beni siano assolutamente privi della capacità funzionale a soddisfare i bisogni dell’acquirente, quindi ‘radicalmente diversi’ da quelli pattuiti, l’esperimento di un’ordinaria azione di risoluzione ex art. 1453 c.c., svincolata dai termini di decadenza e prescrizione previsti dall’art. 1495 c.c..”

Disposizioni applicate: artt. 1453, 1495, 1497 c.c.

Il giudizio in analisi, sviluppatosi intorno ad un contratto di cessione di partecipazioni sociali, è un’occasione che la prima Sezione della Suprema Corte sfrutta per analizzare, con un interessante quanto criticato obiter dictum, se siano applicabili a tale tipologia di contratto le garanzie del Codice civile in materia di mancanza di qualità essenziali del bene (artt. 1495 e 1497 c.c.).

Nel caso di specie, nell’ambito di una cessione di partecipazioni di una s.r.l. (detenute da una s.n.c. e dai soci di questa) ad un’altra s.r.l. acquirente, i cedenti, come spesso in questo tipo di operazioni, hanno garantito all’acquirente la conformità della situazione patrimoniale ed economica della s.r.l. rispetto al bilancio dell’esercizio chiuso al 31 dicembre dell’anno precedente alla cessione. Tuttavia, successivamente alla vendita si è palesata una perdita da sopravvenienze passive dei precedenti esercizi tale per cui non fosse in alcun modo possibile la prosecuzione dell’attività della società ceduta, tanto che, l’anno successivo alla cessione, la s.r.l. in questione è stata posta in stato di liquidazione ai sensi dell’art. 2484 comma 1 n. 4 c.c..

La s.r.l. acquirente ha pertanto agito in giudizio (con successo per i gradi di merito) contro la s.n.c. e i venditori chiedendo, tra le altre cose, la risoluzione per inadempimento del contratto di cessione delle partecipazioni o l’annullamento del medesimo per dolo o errore essenziale. I venditori hanno così proposto ricorso per Cassazione.

Per quanto interessa, con una virata in senso opposto rispetto alle conclusioni rassegnate da Cass., Sez. II, 24 luglio 2014, n. 16963, la Cassazione ha svolto le seguenti considerazioni:

(a) le azioni e le quote delle società di capitali costituirebbero beni di “secondo grado”. Tali beni non sono estranei all’oggetto del contratto di cessione delle partecipazioni di una società di capitali, in quanto le azioni o quote non sarebbero del tutto distinte e separate dai beni compresi nel patrimonio sociale; perciò,

(b) con riferimento alle garanzie prestate ai venditori all’atto della cessione di tali partecipazioni, sia se le parti abbiano fatto espresso riferimento o meno ai beni del patrimonio sociale con la previsione di specifiche garanzie contrattuali, la differenza tra l’effettiva consistenza quantitativa del patrimonio sociale rispetto a quella indicata nel contratto, incidendo sulla solidità economica e sulla produttività della società (quindi sul valore delle azioni o delle quote) può integrare la mancanza delle qualità essenziali della cosa: ciò renderebbe ammissibile la risoluzione del contratto ex art. 1497 c.c., ovvero, qualora i beni siano assolutamente privi della capacità funzionale a soddisfare i bisogni dell’acquirente, l’esperimento di un’ordinaria azione di risoluzione ex art. 1453 c.c. (quest’ultima svincolata dai termini di decadenza e prescrizione previsti dall’art. 1495 c.c.).

Al contrario, l’orientamento del 2014 (tuttora confermato in giurisprudenza – cfr. Cass. 13 marzo 2019, n. 7183 – e ampiamente accettato in dottrina – cfr., ad esempio, M. Speranzin, Una criticabile sentenza della Cassazione in materia di garanzie legali e convenzionali nel caso di trasferimento di partecipazioni sociali, in Il Corriere Giuridico, 4, 2020, pp. 512 ss.; e M. Reschigna, Sulle clausole di garanzia nei contratti di trasferimento di partecipazioni sociali e sulla inammissibilità delle garanzie implicite, in I Contratti, 2, 2020, pp. 160 ss.) non ammette l’esistenza di garanzie implicite nei contratti di cessione di partecipazioni sociali. Ciò anche perché, come confermato in dottrina, le garanzie contenute nei contratti di cessione di società (c.d. representations and warranties o, in italiano, dichiarazioni e garanzie) traggono origine dalla contrattualistica anglosassone, che per definizione tende ad escludere la presenza di obbligazioni implicite rispetto al contratto.

Ne deriva quindi che la decisione della Suprema Corte in commento è una voce isolata nel panorama giuridico italiano attuale e il ragionamento di Cass. 16963/2014 resta pertanto valido, come confermato dalla dottrina in punto di natura e funzioni delle garanzie in materia di cessione di partecipazioni di società di capitali.