Appalto di opere e danno ai terzi: la responsabilità del committente ex art. 2051 c.c. in qualità di custode dell’opera appaltata
di Alessandra Sorrentino, Avvocato Scarica in PDFCass. civ., Sez. III, ord. 22.04.2022, n. 12909 – Pres. Spirito – Rel. Iannello
Contratto di appalto – Committente – Custodia – Responsabilità – Terzo danneggiato – Caso fortuito.
(art. 2051 c.c.)
Massima: “Nei confronti dei terzi danneggiati dall’esecuzione di opere effettuate in forza di contratto di appalto, il committente è sempre gravato della responsabilità oggettiva di cui all’art. 2051 c.c., la quale non può venir meno per la consegna dell’immobile all’appaltatore ai fini dell’esecuzione delle opere stesse, bensì trova un limite esclusivamente nel ricorso del caso fortuito; il che naturalmente non esclude ulteriori responsabilità ex art. 2043 c.c. del committente e/o dell’appaltatore”.
CASO
La Corte d’Appello di Milano aveva confermato la pronuncia del Giudice di prime cure, che aveva condannato ex art. 2051 c.c. i proprietari committenti e la società appaltatrice al risarcimento del danno subìto dalle danneggiate, in seguito all’incendio originatosi nel tetto del fabbricato, di cui facevano parte le unità immobiliari dalle stesse condotte in locazione, durante l’intervento di manutenzione della guaina impermeabilizzante eseguito dalla società appaltatrice.
Contro la decisione di secondo grado i proprietari committenti proponevano ricorso per cassazione, affidandolo a due motivi.
SOLUZIONE
Con l’ordinanza in commento, la Suprema Corte, in merito al rapporto tra la responsabilità dell’appaltatore e quella del proprietario per i danni derivati dalla cosa (e quindi non dall’attività dell’appaltatore), riprendendo un proprio precedente, ha stabilito che in tema di appalto, la consegna del bene all’appaltatore non fa venire meno il dovere di custodia e di vigilanza gravante sul committente, talché questi resta responsabile, in forza dell’art. 2051 c.c., dei danni cagionati ai terzi dall’esecuzione dell’opera, salvo che provi il caso fortuito, quale limite alla responsabilità oggettiva.
QUESTIONI
Va, innanzitutto, premesso che in caso di danni subìti dai terzi nel corso dell’esecuzione di un appalto, occorre distinguere tra quelli derivanti dall’attività dell’appaltatore e quelli derivanti dalla cosa oggetto dell’appalto; per i primi, in applicazione dell’art. 2043 c.c., risponde di regola esclusivamente l’appaltatore, salvo il caso in cui il danneggiato provi una concreta ingerenza del committente; mentre, per i secondi risponde anche il committente ai sensi dell’art. 2051 c.c.
Ciò posto, l’ordinanza in commento ha richiamato e fatto proprio il principio di diritto secondo cui, in presenza di un contratto di appalto di opere, la responsabilità dei danni ai terzi derivanti dalla cosa, in occasione della realizzazione dei lavori, grava sul committente ai sensi dell’art. 2051 c.c., in quanto custode del bene. Il committente, pertanto, resta responsabile verso i terzi di eventuali danneggiamenti derivanti dalla cosa, giacché, la stipulazione del contratto di appalto e la consegna del bene all’appaltatore, affinché realizzi i lavori, non fanno venire meno il dovere/potere di custodia e di vigilanza da parte del committente/proprietario.
A questo approdo è giunta la giurisprudenza di legittimità dopo un susseguirsi di orientamenti, in tema di responsabilità dell’appaltatore e del committente per i danni cagionati ai terzi dal bene in sé, i quali hanno visto il progressivo ampliarsi dell’ambito di responsabilità del committente rispetto all’appaltatore. Infatti, sebbene il proprietario consegni il bene all’appaltatore, ai fini della realizzazione o ristrutturazione dell’opera, ne conserva il possesso e ne può disporre materialmente e giuridicamente, mantenendone, in altri termini, la custodia.
Con il primo motivo di ricorso, i committenti/ricorrenti avevano censurato la sentenza impugnata per avere il giudice di merito configurato in capo ad essi una responsabilità oggettiva da cose in custodia ex art. 2051 c.c.
Secondo i ricorrenti, il giudicante avrebbe erroneamente ritenuto che il potere di custodia sull’immobile fosse rimasto in capo ai committenti, mentre avrebbe dovuto ritenere che esso fosse stato trasferito all’appaltatore.
Inoltre, sempre con il primo motivo, i ricorrenti avevano denunciato la violazione dell’art. 2051 c.c. per avere il Giudice di primo grado escluso l’esistenza del caso fortuito, evento idoneo ad interrompere il nesso causale tra l’esecuzione dell’opera ed il danno.
I ricorrenti avevano individuato il caso fortuito, atto ad escludere la propria responsabilità ex art. 2051 c.c., nel fatto dell’appaltatore, posto che l’evento (l’incendio) si era verificato contemporaneamente a lavori che erano stati svolti con l’utilizzo di un bruciatore a gas liquido.
La Suprema Corte ha ritenuto infondato il motivo di ricorso.
Gli Ermellini hanno osservato, infatti, che secondo l’orientamento venutosi consolidando nella giurisprudenza di legittimità, “la conclusione di un appalto di opere non comporti in alcun modo la perdita della custodia da parte del committente, non essendo in alcun modo sostenibile che la consegna dell’immobile, affinché vi siano eseguiti i lavori, equivalga a un corrispondente «trasferimento» del ruolo di custode verso i terzi, poiché una simile evenienza finirebbe con l’integrare una sorta di esonero contrattuale da responsabilità nei confronti di chi del negozio non è parte”.
Pertanto, in base all’anzidetto principio, essendo il committente custode della cosa consegnata all’appaltatore, è responsabile ex art. 2051 c.c. per i danni derivanti a terzi dalla cosa, nel corso della realizzazione dei lavori o delle opere. Infatti, la responsabilità ex art. 2051 c.c. ricade sul soggetto che ha in custodia il bene.
La custodia della cosa deriva dall’avere un potere di fatto o giuridico su di essa, effettivo e non esercitabile occasionalmente, il quale si esprime nel dovere di vigilanza e custodia della cosa. Nel caso di appalto di opere, tale potere viene esercitato dal committente (sebbene non in modo esclusivo), salvo il caso in cui nel contratto di appalto venga stabilito il trasferimento totale della custodia del bene all’appaltatore. Viceversa, se il committente è onerato di vigilare e custodire il bene, egli ne resta custode ed in quanto tale è sottoposto alla responsabilità di cui all’art. 2051 c.c.
Riprendendo i propri precedenti (Cass. civ.17.03.2021, n. 7553, Cass. civ., 11.06.2021, n. 16609; Cass. civ., 04.11.2021, n. 31601; Cass. civ., 18.12.2021, n. 41709), gli Ermellini hanno affermato che l’appalto non può privare il terzo del proprio diritto risarcitorio nei confronti del committente/custode: “D’altronde, nell’appalto d’opere – siano esse pubbliche o private – il committente non può non conservare un rapporto con il bene sul quale (o nel quale) vengono eseguite le opere, poiché l’iniziativa consistente nel disporre l’esecuzione di talune opere sul proprio bene non rappresenta null’altro che l’esercizio di un potere giuridico o di fatto su di esso; se, dunque, rispetto all’appaltatore, il titolare di tale potere è un committente, rispetto ai terzi è un custode: l’autonomia dell’appaltatore rimane un fatto di natura tecnica esclusivamente endocontrattuale e in relazione agli illeciti extracontrattuali si riverbera sull’art. 2055 c.c”.
Quindi, l’autonomia dell’appaltatore ha valore meramente endocontrattuale; pertanto, anche nei casi in cui il suo ruolo sia riconducibile al nudus minister (perché il committente lo ha privato della libertà di decisione e di determinazione in merito alle opere da eseguire) non può essere esclusa una sua responsabilità extracontrattuale nei confronti dei terzi ex art. 2055 c.c., ovvero in solido con il committente.
La pronuncia in esame si innesta in un filone giurisprudenziale che ha portato i Giudici di legittimità ad ampliare progressivamente le ipotesi di responsabilità del committente, muovendo da una impostazione iniziale che vedeva la responsabilità esclusiva dell’appaltatore, in quanto soggetto dotato di autonomia organizzativa e di mezzi, per poi passare alla tesi della responsabilità del committente per culpa in eligendo dell’impresa ed ulteriormente a quella dell’ingerenza del committente nell’esecuzione dell’opera, in cui l’appaltatore si fosse rivelato un nudus minister del committente, che ha il solo compito di eseguire le direttive impartitegli da quest’ultimo, fino ad arrivare all’arresto, cui ha aderito l’ordinanza in commento.
Il proprietario-committente non sarà chiamato a rispondere nei confronti del terzo danneggiato, in qualità di custode, ed in forza quindi di una responsabilità di natura oggettiva, unicamente nell’ipotesi in cui dimostri il caso fortuito, che ricorre laddove venga dimostrata una condotta dell’appaltatore imprevedibile ed inevitabile, nonostante il costante ed adeguato controllo da parte del committente; il che non esclude ulteriori responsabilità ex art. 2043 c.c. del committente e/o dell’appaltatore.
“L’imprevedibilità/inevitabilità” – spiega la corte – “non dev’essere degradata a una vuota fictio, bensì afferire a una condotta dell’appaltatore non percepibile in toto dal committente”, che, adempiendo al suo obbligo di custodia, abbia seguito l’esecuzione del contratto con un continuo e adeguato controllo, eventualmente tramite un esperto direttore dei lavori.
Pertanto, il committente, al fine di liberarsi da responsabilità, non potrà soltanto allegare un mero inadempimento da parte dell’appaltatore agli obblighi contrattuali, in quanto in questo modo si verrebbe a creare una impropria ed iniqua forma di esonero contrattuale della responsabilità del committente nei confronti dei terzi, sulla base di un contratto cui questi ultimi sono rimasti del tutto estranei (cfr. Cass. civ., 17.03.2021, n. 7553).
Ciò non significa esonerare l’appaltatore da responsabilità, in quanto potrà in ogni caso essere chiamato dal committente a rispondere dell’inadempimento degli obblighi contrattualmente assunti.
Il principio di diritto richiamato dall’ordinanza in commento ha, evidentemente, l’intento di apprestare una tutela maggiore in favore del terzo, il quale, a fronte di una responsabilità di natura oggettiva in capo al committente/custode, sarà tenuto ad una prova meno gravosa rispetto all’onere imposto dall’art. 2043 c.c. per l’accertamento della responsabilità aquiliana dell’appaltatore, che potrà sempre essere fatta valere, in ipotesi di danni derivanti dall’attività realizzata da quest’ultimo.
Nel caso di specie, quindi, la Suprema Corte, in applicazione del principio sopra esposto, non ha potuto che confermare la valutazione della Corte d’appello, che aveva negato che il fatto dell’appaltatore avesse assunto “quei caratteri di eccezionalità, imprevedibilità e autonoma incidenza causale rispetto all’evento dannoso tali da integrare il caso fortuito”.
Centro Studi Forense - Euroconference consiglia