Annunci falsi: ipotesi di responsabilità civile del marketplace – Prima parte
di Donatella Marino, Avvocato Scarica in PDFParole chiave
Intermediari – marketplace – Internet service provider – ISP – piattaforma online – diligenza – responsabilità – servizi società informazione – Direttiva e-commerce – hosting provider attivo – indici di interferenza – truffa online – Real Estate – immobiliare – locazioni
Sintesi
Il Tribunale di Trani, con ordinanza dell’11 gennaio 2022, ha ritenuto ammissibile l’astratta responsabilità civile – da approfondire nel corso del dibattimento – di uno noto marketplace online, autorizzando la parte civile, già costituita, a citare la piattaforma, in un giudizio penale in tema di truffa online ex art. 640 c.p. La decisione si pone nel solco della ormai consolidata giurisprudenza europea e nazionale che, con un percorso interpretativo, sta ridisegnando l’inquadramento giuridico della responsabilità dell’intermediario on line rispetto all’impianto normativo europeo ed italiano dei primi anni 2000.
Il fatto
Veniva contestato il delitto di truffa ex art. 640 c.p., davanti al Tribunale penale in composizione monocratica, nei confronti di un imputato che aveva pubblicato sulla piattaforma online di un noto marketplace l’annuncio di una villetta offerta in locazione che non era di sua proprietà. Veniva pertanto indotta in errore la persona offesa, che corrispondeva così un importo di danaro per la falsa offerta di locazione. La persona offesa si costituiva parte civile e depositava istanza per l’emissione del decreto di citazione del responsabile civile nei confronti del marketplaces online su cui era stato pubblicato l’annuncio. Il Giudice decideva di autorizzare la citazione.
Ruolo e definizioni del service provider nella normativa e-commerce
L’impianto normativo europeo e italiano sul commercio elettronico inizia a definirsi nei primi anni 2000. In particolare, l’attività dell’Internet service provider (ISP, in italiano: prestatore di un servizio della società dell’informazione) è disciplinata dalla c.d. Direttiva sul commercio elettronico (Direttiva 2000/31/CE), recepita in Italia con il D.Lgs. 9 aprile 2003, n. 70, c.d. Decreto e-commerce. La Direttiva era finalizzata a contribuire al buon funzionamento del mercato garantendo la libera circolazione dei servizi della società dell’informazione tra Stati membri e definiva come prestatore il“soggetto, persona fisica o giuridica, che fornisce un servizio della società dell’informazione (art. 1 co. 2 let. b).
Per il concetto di “servizio della società dell’informazione” si rinviava alla definizione prevista dall’art. 1.2 della Direttiva 98/34/CE, (come modificata dalla Direttiva 98/48/CE), che lo definiva come “qualsiasi servizio prestato normalmente dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica e a richiesta individuale di un destinatario di servizi”.
Servizi di intermediazione on line, marketplace e Regolamento UE 2019/1150
Nell’ambito dell’e-commerce si è affermata progressivamente una particolare categoria di prestatori di servizi della società dell’informazione, i marketplace, piattaforme di e-business operanti in modo bidirezionale (una sorta di “mercato” online).
Al fine di proteggere il crescente utilizzo e conseguente affidamento del mercato verso i marketplace il Legislatore europeo ha di recente emanato il Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019 n. 1150 che “promuove equità e trasparenza per gli utenti commerciali dei servizi di intermediazione on line” e per gli utenti titolari di siti web aziendali che siano in relazione con motori di ricerca online anche garantendo efficaci possibilità di ricorso (v. anche art. 1).
I gestori di questi mercati virtuali forniscono, a consumatori e venditori, servizi di supporto (in senso lato, di intermediazione) volti a favorire l’incontro tra domanda e offerta, accompagnandoli fino alla conclusione e all’esecuzione della transazione commerciale.
In punto definitorio, l’Autorità Garante della concorrenza e del mercato ha recentemente avuto modo di inquadrare come marketplace quegli specifici fornitori di servizi della società dell’informazione in grado “di offrire ai venditori un servizio “di base”, che include la possibilità di
(i) mettere in vendita i propri prodotti sulla piattaforma, raggiungendo un’ampia base di consumatori (listing & matching) e
(ii) concludere la transazione con questi ultimi sulla piattaforma stessa, senza reindirizzare il consumatore sul sito web del venditore (selling).”
Questa caratteristica, secondo l’Autorità Garante, distingue i marketplace “a due versanti” sia dai siti web proprietari sia dalle altre piattaforme di incontro tra consumatore e venditore, cd. “non transaction” (Prov. A528 – FBA AMAZON del 30/11/2021, p. 14).
Il Legislatore europeo e la responsabilità dei marketplace
Il Legislatore europeo degli anni 2000 traccia un primo criterio applicabile agli ISP e ai marketplace volto a favorirne lo sviluppo grazie ad un esplicito esonero di responsabilità. Chiaro l’intento legislativo nel Considerando 42 della Direttiva e-commerce, che prevede l’esonero di responsabilità quando “l’attività di prestatore di servizi della società dell’informazione si limiti al processo tecnico di attivare e fornire accesso ad una rete di comunicazione sulla quale sono trasmesse o temporaneamente memorizzate le informazioni messe a disposizione da terzi al solo scopo di rendere più efficiente la trasmissione”.
La responsabilità del marketplace in Italia
Sulla base dell’acquis comunitario, anche in Italia, il regime di responsabilità del prestatore di servizi di hosting rispetto alle informazioni memorizzate a richiesta di un destinatario del servizio, viene regolato dal Decreto e-commerce agli artt. 16 e 17 (fedele trasposizione degli artt. 12 – 15 della Direttiva sul commercio elettronico). Il principio generale che viene in tal sede individuato dal nostro Legislatore è l’esenzione da responsabilità per il service provider che
– non sia a conoscenza dell’illecito e che
– rimuova le informazioni illecite appena ne viene a conoscenza.
Così infatti, più precisamente, l’art. 16 del Decreto (Responsabilità nell’attività di memorizzazione di informazioni – hosting): “1. Nella prestazione di un servizio della società dell’informazione, consistente nella memorizzazione di informazioni fornite da un destinatario del servizio, il prestatore non è responsabile delle informazioni memorizzate a richiesta di un destinatario del servizio, a condizione che detto prestatore:
a) non sia effettivamente a conoscenza del fatto che l’attività o l’informazione è illecita e, per quanto attiene ad azioni risarcitorie, non sia al corrente di fatti o di circostanze che rendono manifesta l’illiceità dell’attività o dell’informazione;
b) non appena a conoscenza di tali fatti, su comunicazione delle autorità competenti, agisca
immediatamente per rimuovere le informazioni o per disabilitarne l’accesso…”
Ancora nel Decreto e-commerce, il Legislatore chiarisce l’assenza di obblighi generali di sorveglianza o di ricerca attiva degli illeciti (così l’art. 17 – Assenza dell’obbligo generale di sorveglianza – “1. Nella prestazione dei servizi di cui agli artt. 14, 15 e 16, il prestatore non è assoggettato ad un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni che trasmette o memorizza, né ad un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite.”)
La giurisprudenza e la ridefinizione della responsabilità del provider
Se la ratio sottesa alle esenzioni di responsabilità previste dal Legislatore europeo ed italiano dei primi del 2000 trovava fondamento nell’obiettivo di sostenere l’espansione dell’emergente società dell’informazione, l’inattesa rapida crescita di questi operatori e dei relativi utilizzatori ha esponenzialmente alimentato anche la quantità e varietà degli illeciti commessi online. Al fine di scongiurare impunità ingiustificate, la giurisprudenza europea (prima) e quella nazionale (poi), hanno dunque progressivamente eroso il disegno del Legislatore originario, fino a ridefinire totalmente la responsabilità del prestatore dei servizi della società dell’informazione per i contenuti pubblicati sulle piattaforme dagli utenti. Continua…
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