20 Febbraio 2024

Annullabilità della delibera societaria se l’eliminazione della prelazione costituisce abuso di maggioranza

di Virginie Lopes, Avvocato Scarica in PDF

Cassazione civile, Sezione I, Sentenza, 14 febbraio 2024, n. 4034

Parole chiave: Società – Società a responsabilità limitata – Assemblea – Delibera – Annullabilità – Prelazione – Abuso di maggioranza

Massima: “Sussiste abuso di maggioranza, che si riverbera sull’annullabilità della delibera con la quale esso si è espresso, qualora il voto non trovi alcuna giustificazione nell’interesse della società, perché volto a perseguire un interesse personale antitetico a quello sociale, oppure se sia il risultato di un’intenzionale attività fraudolenta dei soci di maggioranza diretta a provocare la lesione dei diritti di partecipazione e degli altri diritti patrimoniali spettanti ai soci di minoranza uti singuli. Nel caso in cui, dunque, l’eliminazione della prelazione interna sia stata deliberata a ridosso della vendita di parte della quota di un socio ad un altro socio, così che sia rimasto solo un socio di minoranza, il giudice chiamato a verificare la sussistenza di una condotta abusiva deve accertare se l’eliminazione della prelazione interna fosse volta a impedire l’esercizio del diritto di prelazione e, in particolare, se fosse finalizzata a impedire al socio d’interferire con la vendita delle quote ad altro socio.

Disposizioni applicate: artt. 2479, comma 2, n. 4 c.c., 1175 c.c., 1375 c.c., 2479-ter c.c. e 2697 c.c.

Nel caso in esame, l’assemblea dei soci di una S.r.l., la cui compagine era composta, in ragione di un terzo ciascuno da tre soci, ha deliberato di distribuire ai soci le riserve, che sono state ripartite esclusivamente tra i soci di maggioranza, e successivamente ha deciso di modificare lo statuto sociale, abolendo la clausola di prelazione interna nel caso di trasferimento di quote tra i soci e, poco dopo, uno dei tre soci ha trasferito parte della propria quota ad uno degli altri due, che così raggiunse il 58,3% del capitale sociale.

Il terzo socio minoritario ha deciso (i) di impugnare la delibera con la quale era stata abolita la clausola di prelazione, in quanto riteneva che lo scopo dei soci di maggioranza, quando fu assunta la delibera impugnata, era proprio quello di emarginarlo, in quanto socio di minoranza, mediante il trasferimento delle quote soprammenzionato, e (ii) di chiedere che fosse dichiarata inefficace il trasferimento di quote operato.

La delibera assembleare impugnata è stata invalidata dal Tribunale di prime cure, in quanto viziata da abuso del voto di maggioranza, ma il Tribunale ha rigettato la domanda di declaratoria dell’inefficacia del negozio di trasferimento delle quote sociali.

La S.r.l. ha proposto appello avverso la decisione in questione, appello che è stato poi accolto dalla Corte territoriale, la quale ha rilevato che la delibera impugnata era stata approvata all’unanimità (anche con il voto favorevole del socio “minoritario”) e evidenziato che tal socio, già in minoranza, sarebbe rimasto tale anche se la clausola di prelazione non fosse stata abolita, indicando che non era stata dimostrata la sussistenza dell’interesse personale del socio cedente e del socio cessionario all’adozione della delibera, né che la delibera fosse dannosa per la società.

Avverso tale decisione il socio minoritario ha proposto ricorso in cassazione, in particolare, lamentando la violazione o falsa applicazione, a fronte del mancato esame di fatti decisivi, rilevanti in base agli artt. 2479, comma 2, n. 4, 2479-ter, 1175, 1375 e 2697 c.c., in quanto idonei a dimostrare l’interesse ad emarginare definitivamente dalla compagine sociale il socio di minoranza, senza consentirgli di aumentare la consistenza della propria partecipazione al capitale sociale con l’acquisto di una percentuale della quota del socio venditore. I fatti decisivi in questione, erano secondo il socio minoritario, nelle conseguenze derivanti dalla delibera di abolizione della clausola statutaria di prelazione interna.

La Suprema Corte ha ritenuto di accogliere il ricorso del socio minoritario ricordando che sussiste abuso di maggioranza, con chiare conseguenze sull’annullabilità della delibera con la quale esso si è espresso, ogni volta che il voto dei soci di maggioranza non è giustificato da un interesse della società, bensì persegue un interesse personale contrario a quello sociale, oppure se sia intenzionalmente volto a provocare la lesione dei diritti di partecipazione e degli altri diritti patrimoniali spettanti ai soci di minoranza che possono esercitare singolarmente (Cass. n. 27387/05; Cass. n. 15942/07; Cass. n. 15950/07; Cass. n. 23823/07; Cass. n. 20625/20; Sez. Un. n. 2767/23).

Orbene, nel caso di specie, la Corte, accogliendo il ricorso, ha considerato che il giudice chiamato a verificare la sussistenza di una condotta abusiva avrebbe dovuto verificare se l’eliminazione della clausola di prelazione interna fosse stata deliberata a ridosso della vendita di parte della quota di un socio ad un altro, in modo che restasse solo un socio di minoranza, e se tale eliminazione fosse volta a impedire l’esercizio del diritto di prelazione, impedendo al socio di interferire con la vendita delle quote ad altro socio.

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