2 Agosto 2016

Ancora sull’imputazione dei pagamenti nel conto corrente bancario

di Fabio Fiorucci, Avvocato Scarica in PDF

Facendo seguito ad altro contributo in argomento (vedi 27.5.2016, Conto corrente bancario e art. 1194 c.c.), si segnala una significativa decisione della Cassazione (Cass. 26.5.2016, n. 10941) relativa all’applicabilità al conto corrente bancario dei criteri di imputazione dei versamenti disciplinati dall’art. 1194 c.c.

Come noto, l’art. 1194, comma 1, c.c., stabilisce che: “Il debitore non  può imputare il pagamento al capitale, piuttosto che agli  interessi e alle spese, senza il consenso del creditore”.

Detto disposto normativo – che detta il principio secondo cui ogni pagamento deve essere imputato prima al capitale e successivamente agli interessi, salvo il diverso accordo con il creditore – postula che il credito sia liquido ed esigibile, dato che questo, per la sua natura,  produce gli interessi, ex art. 1282 c.c. (in arg. Cass. nn. 6022/2003, 20904/2005, 9510/2007 e 16448/2009: la disposizione dell’art. 1194 c.c., secondo cui il debitore non può imputare il  pagamento al capitale piuttosto che agli interessi o alle spese senza il consenso del creditore, presuppone che tanto il credito per il capitale quanto quello accessorio per gli interessi e le spese, siano simultaneamente liquidi ed  esigibili).

Il rilievo di base della Cassazione nella decisione segnalata è che,  fondamentalmente, le operazioni di prelievo e versamento, all’interno dell’unitaria struttura del rapporto di conto corrente bancario, non configurano distinti ed autonomi  rapporti di debito e credito reciproci tra banca e cliente,  in relazione ai quali, nel corso dello svolgimento del  rapporto, si possa configurare un credito della banca a fronte del quale il pagamento del cliente debba essere imputato in conto interessi.

Se tale è l’assunto di fondo, prosegue la Suprema Corte, “va osservato che la sentenza delle S.U. 24418/2010, pronunciandosi sulla decorrenza  della prescrizione della domanda di restituzione delle voci indebitamente percepite dalla banca, ha chiaramente  rilevato che, se al conto accede l’apertura di credito bancario ex artt.1842 e ss., e se il correntista, durante lo svolgimento del rapporto, ha effettuato non solo prelevamenti, ma anche versamenti, questi potranno essere considerati alla stregua di pagamenti, ove si tratti di versamenti su conto cd. scoperto, quando cioè siano destinati a coprire un passivo eccedente i limiti dell’accreditamento (o su conto in passivo a cui non acceda l’apertura di credito), mentre negli altri casi nei quali il passivo non superi l’affidamento, i versamenti fungono da atti ripristinatori della provvista di cui il correntista può ancora godere)”.

In aderenza a detti principi, conclude la Suprema Corte, potrebbe quindi ritenersi la simultanea ricorrenza dell’esigibilità e liquidità di capitale ed interessi per il credito che superi il fido e per i relativi interessi, con applicazione ai conseguenti versamenti (solutori) dei criteri di imputazione ex art. 1194 c.c., rimanendo invece differita tale simultaneità per il credito entro il fido al saldo di chiusura del rapporto e dell’apertura di credito.