3 Maggio 2018

Ancora sul rapporto tra concordato (dichiarato inammissibile) e pronuncia di fallimento

di Barbara Tabasco Scarica in PDF

Cass. civ., Sez. I, 25 gennaio 2018 n. 1893 (sentenza) – Pres. Didone – rel. Genovese

Fallimento – Concordato preventivo – Ammissione – Decreto di inammissibilità – Conseguente dichiarazione di fallimento – Reclamo – Conseguenze – Riesame di tutte le questioni – Necessità (Legge Fall., artt. 18, 162)

[1] In tema di procedure concorsuali, nel caso in cui la sentenza dichiarativa di fallimento faccia seguito ad un provvedimento di inammissibilità della domanda di concordato preventivo, l’effetto devolutivo pieno che caratterizza il reclamo avverso la sentenza di fallimento riguarda anche la decisione sull’inammissibilità del concordato, sicché, ove il debitore abbia impugnato con successo la dichiarazione di fallimento ed abbia altresì censurato la decisione del tribunale sulla sua mancata ammissione al concordato, il giudice del reclamo, adito ai sensi degli artt. 18 e 162 della L.F., che abbia dichiarato la nullità della sentenza di fallimento, è tenuto ad esaminare anche tutte le questioni sottoposte dal proponente, già dichiarato fallito, concernenti l’ammissibilità della procedura minore, atteso che l’interesse del reclamante coincide con quello dell’ordinamento giuridico che esprima la preferenza per la soluzione concordata della crisi d’impresa.

CASO

[1] Il tribunale di Verbania dichiarava, con sentenza, il fallimento di una società unipersonale in liquidazione e, con separato decreto emesso in pari data, dichiarava inammissibile il ricorso per concordato preventivo proposto dalla stessa società.

Pertanto, quest’ultima proponeva, dinanzi alla Corte di Appello di Torino, reclamo avverso i due provvedimenti, chiedendo la revoca del decreto ex art. 173 L.F. e la nullità della sentenza dichiarativa del fallimento.

La Corte di Appello di Torino dichiarava, in primo luogo, la nullità della sentenza di fallimento in quanto era stata pronunciata in violazione del principio del contraddittorio, non essendo stata rispettata la regola della formale conoscenza, da parte del debitore, dell’esistenza di un’iniziativa per la sua dichiarazione di fallimento; in secondo luogo, dichiarava inammissibile il reclamo proposto avverso il decreto che aveva revocato l’ammissione del concordato preventivo, sulla presunzione che l’annullamento della sentenza di fallimento esonerasse dall’esame dei motivi di reclamo attinenti al decreto di revoca del concordato per la non autonoma reclamabilità dello stesso e per la carenza dell’interesse della parte reclamante.

Avverso la decisione di secondo grado, la società unipersonale in liquidazione proponeva ricorso per Cassazione, indicando, tra i motivi, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. degli artt. 15 e 173 l.f. e 24 Cost. In particolare, il ricorrente censurava la decisione impugnata nella parte in cui afferma che l’annullamento della sentenza di dichiarazione di fallimento esonera la Corte dall’esame dei motivi di reclamo attinenti al decreto di revoca del concordato.

SOLUZIONE

[1] La Corte di Cassazione accoglie il ricorso sostenendo che in tema di procedure concorsuali, nel caso in cui la sentenza dichiarativa di fallimento faccia seguito ad un provvedimento di inammissibilità della domanda di concordato preventivo, l’effetto devolutivo pieno che caratterizza il reclamo avverso la sentenza di fallimento riguarda anche la decisione sull’inammissibilità del concordato, sicché, ove il debitore abbia impugnato con successo la dichiarazione di fallimento ed abbia altresì censurato la decisione del tribunale sulla sua mancata ammissione al concordato, il giudice del reclamo che abbia dichiarato la nullità della sentenza di fallimento è tenuto ad esaminare anche tutte le questioni sottoposte dal proponente, già dichiarato fallito, concernenti l’ammissibilità della procedura minore, atteso che l’interesse del reclamante coincide con quello dell’ordinamento giuridico che esprima la preferenza per la soluzione concordata della crisi d’impresa.

QUESTIONI

[1] La sentenza in esame si pronuncia ancora una volta sulla sorte della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo dichiarata inammissibile dal tribunale con contestuale dichiarazione di fallimento.

La Suprema Corte, infatti, già in precedenza si è occupata del rapporto tra la domanda di concordato preventivo e il procedimento per la dichiarazione di fallimento.

Inizialmente, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza n. 1521 del 2013, partendo dal presupposto che il nostro ordinamento tende a preferire la soluzione concordata della crisi d’impresa, hanno affermato il principio secondo il quale la domanda di concordato deve essere esaminata prima di quella relativa al fallimento, sussistendo tra le due procedure un rapporto di pregiudizialità impropria.

Successivamente, le stesse Sezioni Unite, con le sentenze nn. 9935 e 9936 del 15 maggio 2015 (in Dir. Fall., 2016, 187, con nota di Turroni), tornando ad occuparsi dei rapporti tra fallimento e concordato preventivo, hanno affermato che è possibile che venga dichiarato il fallimento, in pendenza di una procedura concordataria, purché la domanda di concordato sia stata esaminata e risolta in senso negativo, per inammissibilità, revoca dell’ammissione o mancata omologazione.

Problema ulteriore, e analizzato dalla sentenza in esame, è quello del rapporto tra il giudizio di impugnazione della dichiarazione di fallimento e quello avverso il decreto con il quale il tribunale dichiara l’inammissibilità della proposta di concordato.

Gli ermellini, già con la sentenza, resa a Sezioni Unite, del 28 dicembre 2016 n. 27073 (in questa Rivista, 17 gennaio 2017, con nota di Farina) avevano affermato che “allorché alla declaratoria di inammissibilità, revoca o non omologazione del concordato si accompagni la dichiarazione di fallimento del debitore, l’impugnazione prevista, ovvero il reclamo alla Corte d’Appello, è unica ed ha per oggetto sia la dichiarazione di fallimento che il provvedimento negativo sul concordato come espressamente previsto dagli artt. 162, ult. co., e 183, ult. co., legge fallimentare e come deve parimenti ritenersi, per evidenti ragioni sistematiche, anche con riguardo alla revoca dell’ammissione al concordato con contestuale dichiarazione di fallimento ai sensi dell’art. 173, co. 2”.

Soluzione questa che è stata ribadita sia dalla sentenza, resa sempre a Sezioni Unite, n. 9146 del 2017, che dalla pronuncia in esame.

Pertanto, nell’ipotesi in cui il Tribunale abbia dichiarato inammissibile la domanda di concordato preventivo presentata dal debitore e pronunciato il suo fallimento, quest’ultimo con il reclamo potrà sottoporre entrambe le doglianze alla Corte d’Appello, in quanto il giudizio di reclamo, ex art. 18 l.f. assorbe l’intera controversia relativa alla crisi di impresa e i motivi di impugnazione avverso il decreto di inammissibilità si traducono in motivi di impugnazione della dichiarazione di fallimento.

In dottrina, sul complesso tema oggetto della decisione in epigrafe, v. da ultimo Turroni, Il «concorso tra le impugnazioni» nell’intreccio fra omologazione del concordato preventivo e fallimento, in Dir. fall., 2017, 1021 ss.