Ammissibile un piano liquidatorio all’interno di una composizione negoziata
di Silvia Zenati, Avvocato e Dottore Commercialista Scarica in PDFTribunale di Perugia, decreto del 15 luglio 2024
Parole chiave Ricorso ex art. 19 CCII – Composizione negoziata – Impresa in liquidazione – Piano liquidatorio
Massima: “Lo stato di liquidazione di un’impresa che chiede di accedere alla composizione negoziata o la predisposizione di un piano liquidatorio da parte dell’impresa istante non determinano il rigetto da parte del Tribunale della conferma delle misure protettive eventualmente richieste”
Disposizioni applicate: art. 12 CCII, art. 17 CCII, art. 19 CCII
CASO
Il Tribunale di Perugia, con decreto in data 15/07/2024, si è occupato di un ricorso ex art.19 CCII presentato da un’impresa in liquidazione, la quale proponeva un piano caratterizzato dall’alienazione dell’unico immobile di proprietà ad un soggetto determinato, per ottenere la conferma delle misure protettive.
Il Tribunale, confermando le misure protettive richieste, opera un interessante excursus sull’evoluzione della giurisprudenza di merito, la quale, all’indomani dell’entrata in vigore della normativa in materia, era orientata nel senso del rigetto delle misure protettive richiesta da una società in stato di liquidazione, ritenendo che tale stato fosse incompatibile con la nozione di “risanamento”, che presupporrebbe una prosecuzione in continuità dell’attività.
Parimenti, veniva negato che il piano potesse essere meramente liquidatorio, posto che la liquidazione dell’attivo ed il pagamento dei creditori pareva difettare della stessa integrazione del presupposto per l’accesso alla procedura, ossia la ragionevole possibilità di risanamento dell’impresa.
In seguito, questa impostazione restrittiva è stata superata non essendo ritenuta coerente né con la lettera né con lo spirito della composizione negoziata, considerato che, secondo quanto previsto dall’art.12 comma 2 CCII, la cessione dell’azienda è uno dei modi possibili per conseguire il risanamento dell’impresa.
Inoltre, sia le modalità di calcolo del test pratico sulla difficoltà del risanamento del debito, espressamente richiamato nel CCII dagli artt. 13, comma 2, e 17, comma 3, lettera b), modalità che quali prevedono che l’importo complessivo del debito da ristrutturare debba essere ridotto sia dei proventi della cessione dei cespiti dell’impresa che dell’eventuale stralcio ipotizzabile con i creditori, sia i chiarimenti forniti nella lista di controllo del DM 28/9/2021, che prevede la possibilità che accedano alla composizione negoziata anche le imprese affette da “insolvenza irreversibile” (in cui la reversibilità è da intendersi come la possibilità di rendere il debito sostenibile tramite stralci o proventi della dismissione di azienda), rendono evidente che nell’espressione “ragionevole perseguibilità del risanamento dell’impresa” di cui all’art.12, comma 2, CCII debba, a seconda dei casi, ricomprendervi tanto il risanamento dell’impresa tramite una prosecuzione della sua attività in continuità diretta o indiretta, quanto il risanamento dell’esposizione debitoria dell’impresa tramite la soddisfazione dei creditori anche con i proventi della liquidazione dell’attività.
Conseguentemente, il Tribunale afferma che: “lo stato di liquidazione di un’impresa che chiede di accedere alla composizione negoziata o la predisposizione di un piano liquidatorio (anziché di continuità diretta o indiretta) da parte dell’impresa istante (in liquidazione o meno) non dovrebbero essere di per sé tali da determinare il rigetto da parte del Tribunale della conferma delle misure protettive eventualmente richieste”.
Applicando tali principi al caso di specie, il Tribunale esamina il piano proposto dalla società istante, il quale, come già visto, propone un piano caratterizzato dall’alienazione ad un soggetto determinato dell’unico immobile di proprietà, con conseguente pagamento, con il ricavato della vendita, del creditore ipotecario e dei creditori privilegiati, in parte o totalmente.
L’esperto, secondo quanto riferito dal Tribunale, ha concluso per la praticabilità del suddetto piano di risanamento, posto che l’azienda evidenzia un valore patrimoniale molto importante e prossimo alla debitoria presente, indicando come unica strada percorribile la cessione dei beni, nei termini già definiti, o in base ad eventuali nuove offerte migliorative, capaci di generare flussi pari o superiori alla debitoria.
L’esperto ritiene, infatti, che il piano predisposto dalla ricorrente, sulla base della manifestazione di interesse all’acquisto, costituisca una sorta di base su cui sviluppare la trattativa, piuttosto che il “preconfezionamento di un accordo chiuso” con il promissario acquirente.
SOLUZIONE
Il Tribunale, pertanto, conferma le misure protettive richieste, evidenziando conclusivamente che i creditori non si sono opposti alla suddetta richiesta, che tali misure non danneggiano in modo definitivo gli interessi dei creditori procedenti e che tali misure appaiono utili nel caso di specie, in cui il risultato possibile del risanamento liquidatorio è strettamente collegato alle trattative a stralcio coi creditori.
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