Ammissibile l’ampliamento soggettivo e oggettivo del giudizio di merito rispetto al procedimento cautelare ante causam, purché vi sia connessione
di Silvia Romanò, Dottoranda in Scienze giuridiche europee e internazionali presso l'Università degli Studi di Verona Scarica in PDFCassazione civile, Sez. II, Ordinanza 10 dicembre 2020, n. 28197. Pres. Di Virgilio, Estensore Carrato
Procedimenti cautelari – Provvedimenti d’urgenza – Fase cautelare e giudizio di merito – Autonomia formale dei due procedimenti – Sussistenza – Conseguenze – Proposizione nel giudizio di merito di domande nuove o intervento di terzi – Ammissibilità – Chiamata di terzo – Ammissibilità – Condizioni.
Poiché il giudizio di merito è autonomo rispetto a quello cautelare, non solo nel primo possono essere formulate domande nuove rispetto a quanto dedotto nella fase cautelare, ma nemmeno vi è necessaria coincidenza soggettiva tra le parti del primo e quelle del secondo, con la conseguenza che nella fase di merito ben possono partecipare ulteriori soggetti, sia volontariamente in via adesiva o autonoma, sia a seguito di chiamata in causa, a condizione che le loro pretese siano collegate al rapporto dedotto in giudizio.
CASO
Tizio, proprietario di un appartamento sito nel condominio Delta, agiva ex art. 700 c.p.c. nei confronti di Alfa S.r.l. e Beta S.r.l. a motivo delle immissioni intollerabili provenienti dai locali di ristorazione che Alfa aveva locato a Gamma S.r.l., da quest’ultima poi comodati a Beta. Il Tribunale di Chiavari, a chiusura del giudizio di merito instaurato a seguito del procedimento d’urgenza, riconosceva la legittimità della pretesa del ricorrente e condannava in solido Alfa e Beta al risarcimento del danno e alle spese processuali.
Proponeva appello principale Alfa, mentre Beta e Tizio proponevano appelli incidentali. In parziale riforma dell’impugnata sentenza, la Corte d’appello di Genova respingeva le domande formulate nei confronti di Alfa e riduceva il risarcimento del danno spettante a Tizio, in quanto quest’ultimo non aveva fornito adeguata prova del pregiudizio alla salute ed esistenziale.
Per quanto qui d’interesse, la Corte del capoluogo ligure affermava il difetto di legittimazione di Alfa, già proprietaria dei locali in cui Beta svolgeva l’attività censurata da Tizio, in quanto le cause determinatrici di tali danni non potevano essere ricondotte ad una sua condotta omissiva quale proprietaria dell’immobile.
Tizio ricorreva in Cassazione. Resistevano con controricorso Alfa e le socie di Delta S.r.l., succedute a Beta, cancellata medio tempore dal registro delle imprese.
SOLUZIONE
La Corte di Cassazione rigetta il ricorso con cui veniva fatto valere l’asserita illegittimità della chiamata in causa di una parte nel giudizio di merito successivo alla fase cautelare. Il Supremo Collegio, nel confermare la legittimità dell’estensione soggettiva della lite, afferma l’autonomia del giudizio di merito rispetto alla fase cautelare: da ciò deriva che non vi è necessaria coincidenza soggettiva tra le parti del giudizio di merito e della fase cautelare, con la conseguenza che al giudizio di merito possono partecipare soggetti non presenti nella fase precedente, purché le loro posizioni siano collegate e connesse al rapporto dedotto in giudizio.
QUESTIONI
La pronuncia di legittimità in commento conferma l’autonomia del giudizio di merito rispetto al procedimento cautelare ante causam: dal che discende non solo che nel giudizio di merito possono essere formulate domande nuove rispetto a quelle proposte nella fase cautelare, ma anche che non vi è necessaria coincidenza soggettiva tra le parti, con la conseguenza che nella fase di merito possono intervenire ulteriori parti che non avevano preso parte al procedimento cautelare.
Ovviamente, l’intervento volontario o coatto di terzi nel successivo giudizio di merito è consentito a condizione che le loro posizioni siano collegate al rapporto dedotto in giudizio.
L’indirizzo ribadito nell’ordinanza in esame è consolidato nella giurisprudenza della Corte di cassazione, come risulta da Cass. 10 novembre 2010, n. 22830; Cass. 24 maggio 2000, n. 6809; Cass. 7 gennaio 1992, n. 49; Cass. 16 giugno 1983, n. 4137, la quale ultima concerne i rapporti tra denuncia di nuova opera e successivo giudizio di merito, dove si afferma che «l’attore, nella seconda fase, può correggere gli errori e le deficienze in cui sia incorso nella prima, provocando l’intervento in giudizio del soggetto o degli altri soggetti legittimati».
La possibilità di chiamare in causa un terzo si intreccia alla questione dei limiti della procura conferita al difensore: anche sul punto la Corte di Cassazione si rifà a orientamento ormai consolidato – v. Cass. 22 agosto 2018, n. 20898; Cass. Sez. Un. 14 marzo 2016, n. 4909 – secondo il quale risponde a un’interpretazione costituzionalmente orientata della normativa processuale attuativa dei principi di economia processuale, di tutela del diritto di azione e di difesa ex artt. 24 e 111 Cost., l’attribuzione al difensore del potere di esperire tutte le iniziative tese a tutelare l’interesse del proprio cliente, tra cui deve ritenersi certamente inclusa la chiamata del terzo al quale ritenga comune la causa.
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