Amministrazione di sostegno ed interruzione del processo civile
di Daniele Agostinelli Scarica in PDFInterruzione del processo – Perdita della capacità processuale – Interdizione, Inabilitazione, Amministrazione di sostegno – Potere rappresentativo generale (Cod. proc. civ., art. 300)
[1] A seguito della nomina di un amministratore di sostegno di una parte costituita in un processo, occorre verificare se, per l’oggettiva estensione dei poteri rappresentativi attribuiti all’amministratore (e della speculare riduzione dell’autonomia di gestione del beneficiario), l’adozione della misura imponga al giudice di interrompere il processo nel momento in cui tale circostanza sia stata comunicata in udienza o notificata alle altre parti.
CASO
[1] A fronte del provvedimento di nomina dell’amministratore di sostegno da parte del Giudice Tutelare, veniva richiesta l’interruzione del processo dal difensore della parte beneficiaria.
SOLUZIONE
[1] Il Tribunale di Torino, accertata l’apertura dell’istituto dell’amministrazione di sostegno decisa dal Giudice Tutelare, dispone l’interruzione del processo a causa dalla perdita della capacità processuale della beneficiaria, regolarmente costituita in giudizio. Nel caso di specie, il Giudice Tutelare attribuisce all’amministratore il «potere esclusivo di compiere, in nome e per conto della beneficiaria», di «resistere in giudizio» nonché, previa autorizzazione del GT stesso, promuovere i giudizi. Ne deriva l’incapacità della parte a proseguire tutte le azioni ad essa necessarie, anche non processuali.
Ove pertanto all’amministratore sia conferito l’universale potere rappresentativo, conseguente sarà la perdita della capacità processuale in capo al beneficiario, con la necessaria applicazione degli artt. 300 c.p.c. e l’interruzione del processo pendente.
QUESTIONI
[1] Nel codice civile l’istituto dell’amministrazione di sostegno, temporaneamente o illimitatamente volto alla tutela di persone bisognose di assistenza, è regolato con un corpo autonomo di norme. Limitato a singole disposizioni è invece il rinvio alla disciplina della tutela dei minori (art. 411, comma 1, c.c.), mentre non sono immediatamente applicabili le norme relative all’interdetto o l’inabilitato, salva la possibile estensione all’amministratore di sostegno, con specifico provvedimento giudiziale, delle limitazioni e decadenze previste dall’art. 411, comma 4, c.c.
Il Tribunale di Torino, se da un lato riconosce all’istituto dell’amministrazione di sostegno il positivo contrassegno di essere un «presidio mobile nel tempo e nella struttura, ablativo della capacità nei soli limiti specificatamente e di volta in volta indicati dal giudice tutelare» (cfr. Cass. 9 marzo 2012, n. 3712, in Famiglia e dir., 2013, 1001), dall’altro evidenzia come tali caratteristiche possano tuttavia comportare notevoli incertezze applicative ove, in relazione alle singole fattispecie, manchino espresse previsioni di legge o dettagliate statuizioni circa i poteri conferiti all’amministratore di sostegno.
Lo stesso tribunale evidenzia quindi come non sia stata regolata la posizione processuale del soggetto sottoposto ad amministrazione di sostegno, risultando necessario verificare di volta in volta se, per l’effettiva estensione dei poteri rappresentativi attribuiti all’amministratore, l’adozione di tale misura imponga al giudice di interrompere il processo, quando tale circostanza sia stata comunicata in udienza o notificata alle altre parti.
A supporto va segnalato che a norma dell’art. 75 c.p.c. sono capaci di stare in giudizio le persone che hanno il libero esercizio dei diritti che vi si fanno valere sicché, in mancanza, gli interessati debbono essere rappresentati, assistiti o autorizzati secondo le norme che regolano le loro capacità. Ebbene, qualora all’amministratore di sostengo sia stato conferito un potere rappresentativo generale, sarà conseguentemente venuta meno la capacità processuale del beneficiario, giustificando il ricorso all’istituto dell’interruzione del processo ex artt. 300 c.p.c.
4 Aprile 2017 a 17:44
Un’altra prova della pericolosità e vaghezza di tutela di questo istituto, che attribuisce al Giudice Tutelare (spesso non togato e in assenza delle garanzie del processo ordinario) poteri indeterminati in grado di incidere su diritti di rilevanza costituzionale.