L’amministratore di una S.r.l. può impugnare le decisioni del consiglio di amministrazione fintanto che ricopre la relativa carica
di Dario Zanotti, Avvocato Scarica in PDFCorte d’Appello di Milano sentenza del 21 ottobre 2019
Parole chiave: diritto di accesso del socio – interpretazione – società a responsabilità limitata.
Massima: “È condivisibile l’orientamento, prevalente in dottrina e giurisprudenza, della sindacabilità delle decisioni del consiglio di amministrazione anche nelle società a responsabilità limitata. I componenti del consiglio di amministrazione assenti o dissenzienti possono impugnare le delibere nei modi e nei termini di cui all’art. 2388 c.c., in quanto il mancato rinvio all’art. 2388 c.c. rappresenta una lacuna del legislatore, atteso che l’art. 2388 c.c. è espressione di un principio generale di sindacabilità – ad iniziativa degli amministratori assenti o dissenzienti ovvero dei soci – delle decisioni dell’organo amministrativo di società di capitali contrarie alla legge e allo statuto. In conformità al disposto dello stesso art 2388 c.c., sono soggetti legittimati ad impugnare le decisioni del consiglio di amministrazione solamente il collegio sindacale e gli amministratori, fintanto che ricoprono le rispettive cariche.”
Disposizioni applicate: art. 2388 c.c.
La sentenza in commento propone una sintetica, ma utile, disamina circa l’applicabilità dell’art. 2388 c.c. alle società a responsabilità limitata, anche con riferimento ad un aspetto, sebbene prettamente processualcivilistico, di estrema importanza: vale a dire, la legittimazione attiva circa l’impugnazione della deliberazione del consiglio di amministrazione. Infatti, come si vedrà qui sotto, sebbene sia possibile procedere con l’impugnativa di una delibera del consiglio di amministrazione di una s.r.l., il professionista dovrà tenere bene a mente che la legittimazione attiva sussiste fintanto che l’attore ricopra la carica di amministratore (o sindaco).
Caio, amministratore delegato di Alfa S.r.l. (“Alfa”), ha impugnato una delibera del consiglio di amministrazione (“CdA”) della medesima società, con la quale gli sono stati revocati i poteri a firma singola e gli sono stati conferiti i poteri a firma congiunta con il Presidente di Alfa. Secondo la ricostruzione dello stesso Caio, tale delibera sarebbe stata adottata al fine di evitare ad Alfa il pagamento a Caio di un considerevole bonus, nonché delle indennità di fine rapporto e supplementare.
Nel giudizio di primo grado, Alfa si è costituita contestando la domanda attorea ed eccependo in particolare: il difetto di legittimazione attiva per inapplicabilità dell’art. 2388 c.c. alle società a responsabilità limitata e per essere stato l’amministratore revocato dalla carica di amministratore in epoca antecedente l’impugnazione della delibera.
Il Tribunale in primo grado ha giudicato a favore di Caio, stabilendo, tra le altre cose, che l’art 2388 c.c. è applicabile alle delibere assunte dal CdA nelle società a responsabilità limitata, in quanto la norma è infatti espressione di un principio generale dell’ordinamento circa la sindacabilità delle decisioni dell’organo collegiale amministrativo.
La sentenza di primo grado è stata così impugnata da Alfa, tra le altre motivazioni, sia sulla base dell’inapplicabilità dell’art. 2388 c.c. alle società a responsabilità limitata sia con riferimento alla carenza di legittimazione attiva in capo a Caio, temi che qui interessano.
Sul punto, la Corte d’appello di Milano ha ritenuto condivisibile l’orientamento del Giudice di primo grado, prevalente in dottrina e giurisprudenza, circa la sindacabilità delle decisioni del consiglio di amministrazione anche nelle società a responsabilità limitata. I componenti del CdA assenti o dissenzienti possono infatti impugnare le delibere nei modi e nei termini di cui all’art. 2388 c.c., in quanto il mancato rinvio all’art. 2388 c.c. rappresenterebbe una lacuna del legislatore, atteso che “l’art. 2388 c.c. è espressione di un principio generale di sindacabilità – ad iniziativa degli amministratori assenti o dissenzienti ovvero dei soci – delle decisioni dell’organo amministrativo di società di capitali contrarie alla legge e allo statuto” (Cfr., come citati nel provvedimento qui in commento, Corte d’Appello, sentenza n.1279/2016; Trib. Milano – Sez. spec. impresa, sent. 01/03/2013; Trib. Milano – Sez. Spec. impresa, ord. 27/02/2013; Trib. Milano – Sez. Spec. impresa, sent. 05/03/2015).
Un simile orientamento impatta però anche sul tema della legittimazione attiva, specie nelle ipotesi in cui l’amministratore sia cessato dalla carica alla data dell’impugnativa della delibera.
Infatti, una volta che si ritenga che le decisioni del CdA siano sindacabili anche nelle società a responsabilità limitata, in applicazione analogica dell’art 2388 c.c., va rilevato che, in conformità al disposto dello stesso art 2388 c.c., sono soggetti legittimati ad impugnare le decisioni del CdA solamente il collegio sindacale e gli amministratori.
Nel caso di specie, Caio è stato revocato dalla carica di amministratore prima di avere instaurato il giudizio di impugnazione della delibera. Ne consegue che alla data di proposizione del giudizio conclusosi con la sentenza impugnata, Caio era già carente della qualità di amministratore e quindi della legittimazione ad impugnare la delibera. La Corte d’Appello ha perciò riformato la sentenza di primo grado rigettando la domanda di Caio proposta nei confronti di Alfa.
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