5 Novembre 2024

Amministratore di fatto: estensione all’extraneus della responsabilità penale tipica dell’amministratore di diritto

di Davide Giuseppe Giugno, Avvocato Scarica in PDF

Con le precedenti pubblicazioni, abbiamo definito il concetto di “posizione di garanzia” ed individuato i soggetti che, nell’ambito societario, ne assumono le derivanti responsabilità. Ma quali altri soggetti potrebbero vedersi contestati gli illeciti penali connessi e derivanti dall’assunzione di detta “posizione”?

Orbene, la giurisprudenza ha da tempo riconosciuto la configurabilità del concorso dell’extraneus nel reato proprio, purché sia accertata la volontarietà della sua condotta.

Invero, a mente dell’art. 2639 c.c.: “…Per i reati previsti dal presente titolo al soggetto formalmente investito della qualifica o titolare della funzione prevista dalla legge civile è equiparato sia chi è tenuto a svolgere la stessa funzione, diversamente qualificata, sia chi esercita in modo continuativo e significativo i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione…”, pertanto non possono sussistere dubbi circa l’equiparabilità dell’amministratore di fatto a quello di diritto. Sebbene l’art. 2639 c.c. sembrerebbe limitare la responsabilità dell’extraneus ai reati societari, è indubbio che, accertatone il ruolo, questi debba rispondere anche in relazione agli altri reati commessi nell’esercizio del ruolo (reati tributari, fallimentari, ambientali, sicurezza sul lavoro, etc.).

Il Supremo Collegio[1] è più volte intervenuto in subiecta materia ribadendo che per l’accertamento probatorio della responsabilità penale derivante dall’attività gestoria debba essere valorizzato il dato fattuale e non quello meramente formale.

Assistiamo, pertanto, ad una sorta di inversione delle qualifiche. Sarà, pertanto, l’amministratore di fatto ad assumere l’effettiva responsabilità gestoria, rispondendo quale soggetto attivo del reato, ed il prestanome ad agire da extraneus corresponsabile in forza della formale posizione di garanzia (da questi ricoperta ex art. 2392 c.c.) per non aver impedito l’evento. Sicché, si applica all’amministratore di diritto la fattispecie prevista dal secondo comma dell’art. 40 c.p. e sebbene questi, il più delle volte, non intervenga in alcun modo nella gestione dell’impresa, la Giurisprudenza è concorde nell’estendergli la responsabilità penale a titolo di dolo eventuale per il sol fatto di aver assunto “formalmente” la responsabilità della carica. Il processo si snoderà, pertanto, tutto attorno all’accertamento dell’elemento soggettivo.

Gli stessi principi vanno estesi a qualsivoglia altra fattispecie di reato consumata nell’ambito societario (reati tributari, fallimentari, ambientali, etc.).

In sintesi, va precisato, tenendo conto dei più recenti arresti giurisprudenziali, in che termini l’amministratore di diritto e quello di fatto possano essere chiamati a rispondere penalmente per fatti illeciti verificatisi nel corso dello svolgimento dell’attività d’impresa.

Quanto all’amministratore di diritto può affermarsi che la mera assunzione della posizione di garanzia costituisce solo il presupposto per l’ulteriore verifica della sussistenza della responsabilità riferibile all’illecito plurisoggettivo eventuale; a tal fine, necessita, piuttosto, l’accertamento del contributo concorsuale da questi apportato in concreto.

Perché possa ritenersi fondata una qualsivoglia ipotesi accusatoria, in capo all’amministratore di diritto deve essere accertatala sussistenza dei seguenti elementi:

– assunzione della funzione;

– efficacia impeditiva dell’esercizio delle prerogative riservate alla funzione;

– conoscenza dell’evento illecito futuro e dell’obbligo di attivarsi per impedirlo.

Quanto alla fase processual-penalistica, valga quanto già esposto in merito alla complessità di giungere all’accertamento della responsabilità penale, dovendosi esprimere un giudizio previsionale sulle probabilità che l’evento illecito, futuro rispetto al momento volitivo-omissivo, si sarebbe verificato se il garante avesse attivato i propri poteri impeditivi. Solo così potrà essere attribuita rilevanza penale ex art. 40 2 comma c.p., alla condotta doverosa omessa. È opportuno, ancora, ricordare che solo l’effettiva conoscenza dell’evento illecito futuro da impedire può costituire il presupposto dell’imputazione a titolo di dolo. La mera conoscibilità non consentirebbe, in alcun caso, di andare oltre l’ipotesi della colpa.

Circa l’amministratore di fatto, il Supremo Collegio ha consolidato il principio in forza del quale, affinché possa ritenersi sussistente tale figura, è richiesto che il soggetto agente ponga in essere in modo continuativo e significativo i poteri tipici della posizione, accompagnati dall’esercizio della concreta attività gestoria dell’Impresa. Tanto basta ad escludere che possa ritenersi amministratore di fatto colui il quale svolga episodicamente ed occasionalmente attività tipiche dell’amministratore di diritto.

Sul piano processuale, per l’accertamento probatorio di tale ruolo i Giudice dovranno motivare circa:

  • la sussistenza di elementi sintomatici dai quali dedurre l’inserimento organico dell’imputato nella Società;
  • l’espletamento di funzioni direttive;
  • continuità e rilevanza dell’attività gestoria espletata.

[1] Cassazione nn. 20553/2022, 47239/2016, 15900/2016, 38780/2015, 23425/2011

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