Alcune riflessioni sul giuramento decisorio deferito al curatore fallimentare
di Valentina Baroncini, Professore associato di Diritto processuale civile presso l'Università degli Studi di Verona Scarica in PDFCass., sez. I, 27 giugno 2022, n. 20602, Pres. Cristiano – Est. Di Marzio
[1] Prescrizione presuntiva – Eccezione del curatore – Giuramento – Mancata conoscenza – Effetti.
Massima: “A fronte dell’insinuazione al passivo fallimentare di un credito maturato in forza di un rapporto riconducibile alla previsione dell’articolo 2956, n. 2, c.c., eccepita dal curatore fallimentare la prescrizione presuntiva e deferitogli dal preteso creditore il giuramento decisorio, la dichiarazione del curatore di non essere a conoscenza se il pagamento sia avvenuto o meno, costituisce mancato giuramento”.
CASO
[1] Il provvedimento in commento ha deciso un ricorso per cassazione proposto nei confronti di un decreto del Tribunale di Lucca, di rigetto dell’opposizione allo stato passivo proposta avverso il diniego all’ammissione allo stato passivo di un credito per prestazione d’opera professionale.
Nel dettaglio, tale credito era stato disconosciuto dal curatore fallimentare, che si era avvalso a tal fine dell’eccezione di prescrizione presuntiva.
A fronte di tale eccezione, il Tribunale ammetteva il giuramento decisorio del preteso creditore nei confronti del curatore fallimentare; quest’ultimo, rispondeva al giuramento dichiarando di non poter giurare, non essendo a conoscenza se il pagamento fosse avvenuto o meno. In merito a tale condotta, il Tribunale osservava quanto segue: «Il Collegio, rivaluta l’ordinanza ammissiva sulla scorta del condiviso insegnamento di Cass. Sez. 1 n. 15570 del 24/07/2015 … e considerato che, venuto meno l’esito del deferito giuramento, non vi è prova alcuna del fatto contrario alla presunzione fatta valere dalla curatela, concludere nel senso che l’opposizione deve essere respinta».
Avverso tale decisione, il preteso curatore articolava due motivi di ricorso.
Con il primo mezzo denunciava violazione e falsa applicazione degli artt. 2960, 2956 e 2939 c.c., censurando il decreto impugnato per aver misconosciuto il ragionamento svolto da Cass., 24 luglio 2015, n. 15570, la quale aveva posto in evidenza la necessaria correlazione tra l’eccezione di prescrizione presuntiva e la conseguente facoltà di deferire il giuramento decisorio.
Con il secondo mezzo denunciava omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, lamentando che il Tribunale non si fosse avveduto che il curatore non aveva giurato, rimanendo così travolta l’eccezione di prescrizione presuntiva in precedenza formulata.
SOLUZIONE
[1] La Cassazione giudica fondato il ricorso proposto, accogliendo il primo motivo, con assorbimento del secondo.
Riconosciuto il potere di formulare l’eccezione di prescrizione presuntiva in capo al curatore, e la correlativa possibilità di deferirgli il giuramento de scientia, la Cassazione ammette che la dichiarazione di ignorare resa dal curatore produce nei suoi confronti gli stessi effetti che la medesima dichiarazione ha in caso di giuramento de veritate, ossia il rifiuto di giurare.
Da qui, l’errore commesso dal Tribunale di Lucca nell’affermare che «non vi è prova alcuna del fatto contrario alla presunzione fatta valere dalla curatela», e cioè nel ritenere che la presunzione operasse e che ad essa fosse indifferente la dichiarazione del curatore di non essere a conoscenza dei fatti.
Il decreto impugnato viene così cassato con rinvio della causa al Tribunale di Lucca, in diversa composizione, il quale dovrà attenersi al principio di diritto espresso nella massima in epigrafe.
QUESTIONI
[1] Le questioni affrontate dal provvedimento in commento sono sostanzialmente due: la prima, riguardante la possibilità di deferire al curatore fallimentare il giuramento decisorio (quale reazione all’eccezione di prescrizione presuntiva dallo stesso sollevata in sede di accertamento dello stato passivo); la seconda, riguardante l’efficacia da riconoscere alla dichiarazione di ignorare resa dal curatore medesimo in sede di prestazione del giuramento decisorio.
Nella costruzione del suo impianto argomentativo, la Cassazione richiama – allo scopo di discostarsene – un precedente intervenuto sul tema del potere del curatore fallimentare di avvalersi dell’eccezione di prescrizione presuntiva e della correlata deferibilità al medesimo curatore del giuramento decisorio, ossia Cass., 3 agosto 2017, n. 19418; tale pronuncia, in particolare, ha affermato essere “orientamento ormai consolidato di questa Corte che al curatore non possa essere deferito il giuramento decisorio, perché lo stesso – in quanto terzo – non ha la disponibilità del diritto controverso; così come, del resto, al curatore non è dato rendere confessioni, ammissioni o riconoscimenti … La detta circostanza – rileva altresì il Collegio – non potrebbe peraltro valere a rendere inapplicabile l’istituto della prescrizione presuntiva nell’ambito del procedimento di ammissione al passivo fallimentare. Ché ciò significherebbe – si osserva a questo proposito – mettere il curatore fallimentare in una posizione deteriore rispetto a quella dei comuni debitori”.
Tale orientamento, secondo la pronuncia in epigrafe, provoca però evidenti criticità: il preteso creditore, infatti, a fronte dell’eccezione di prescrizione presuntiva sollevata dal curatore, risulterebbe sostanzialmente disarmato.
La decisione in commento, dunque, nell’esigenza di garantire la dovuta osservanza al principio della parità delle armi in relazione alla correlazione tra l’eccezione di prescrizione presuntiva e la conseguente facoltà di deferire giuramento decisorio, sceglie di seguire altro indirizzo interpretativo, espresso da Cass., 24 luglio 2015, n. 15570, la quale ammette la possibilità di deferire al curatore fallimentare non già il giuramento de veritate, bensì quello de scientia.
Prima di procedere nell’analisi del provvedimento, è senz’altro utile richiamare i principali indirizzi dottrinali intervenuti sul tema. L’opinione che appare preferibile, invero, appare essere quella favorevole a riconoscere al curatore fallimentare la legittimazione a prestare il giuramento decisorio in ragione di un più alto e generale dovere di verità gravante in capo alla parte attorno all’accadimento di fatti, rilevanti per il giudizio, ai quali la stessa abbia assistito, e relativamente al cui accertamento giudiziale, dunque, la stessa possa effettivamente e utilmente concorrere (in tal senso, M. Montanari, sub art. 2737 c.c., in E. Gabrielli (diretto da), Commentario del codice civile, Torino, 2016, 760; ma in senso contrario alla possibilità per il curatore di essere chiamato a giurare, R. Provinciali, Trattato di diritto fallimentare, II, Milano, 1974, 880 ss.).
Una volta ammessa la legittimazione del curatore a rendere il giuramento decisorio, deferitogli dal creditore che si sia visto eccepire l’eccezione di prescrizione presuntiva, la questione centrale risolta dalla pronuncia in esame si sposta sull’esame delle conseguenze da riconoscere alla “dichiarazione di ignorare” formulata dal curatore fallimentare di fronte al giuramento de scientia deferitogli.
Sul punto, la pronuncia giunge a conclusioni diverse rispetto a quelle espresse dall’orientamento tradizionale che, come noto, ritengono che la dichiarazione di non essere a conoscenza dei fatti, nel caso di giuramento de scientia, equivalga a giuramento prestato in senso favorevole al giurante (Cass., 4 maggio 1993, n. 5163; Corte Cost., 21 novembre 1973, n. 162): tale giurisprudenza, però, non si è espressa sull’ipotesi specifica involgente la disciplina di cui all’art. 2960 c.c., con particolare riguardo all’ipotesi in cui chiamato a giurare sia il curatore.
Su tale questione, la Cassazione in commento dapprima afferma che non possa “giudicarsi conforme a diritto che il curatore da un lato formuli l’eccezione di prescrizione presuntiva, la quale sta a significare che il credito è stato estinto mediante pagamento, e dall’altro affermi, contraddicendo se stesso, di non essere a conoscenza, come avvenuto nel caso in esame, se il pagamento sia avvenuto o meno”. Di talché, conclude nel senso per cui tale dichiarazione di ignorare debba produrre nei confronti del curatore gli stessi effetti che la medesima dichiarazione ha in caso di giuramento de veritate.
Tale conclusione, ci pare, finisce in fondo a significare che il curatore sia investito, in realtà, di un giuramento de veritate, in quanto l’avvenuta estinzione del debito, prima eccepita poi fatta oggetto di giuramento, riguarda un fatto cui il curatore ha assistito in corso di procedura, di cui non può non avere conoscenza e che, quindi, gli è in un certo senso proprio.
La Cassazione pare aver operato, insomma, una forzatura del sistema, nel momento in cui, dapprima – condizionata dal rilievo attribuito alla posizione di terzietà rivestita dal curatore in sede di accertamento dello stato passivo – ha qualificato il giuramento deferito al curatore a fronte della previa eccezione di prescrizione presuntiva come giuramento de scientia o de notitia, per poi applicare allo stesso il regime giuridico proprio del giuramento de veritate.
Tale forzatura probabilmente potrebbe essere evitata aderendo all’indirizzo interpretativo poco sopra richiamato, che direttamente ricollega la legittimazione del curatore a prestare il giuramento decisorio al dovere di verità sullo stesso gravante in ordine ai fatti di cui lo stesso possa essere a conoscenza: tale fondamento, a ben vedere, privando di rilevanza la posizione di terzietà rivestita dal curatore all’interno del giudizio di ammissione allo stato passivo, consente direttamente di qualificare il giuramento allo stesso deferito nei termini di giuramento de veritate, potendo così applicare, senza operare forzature di alcun tipo, il regime giuridico per esso previsto.
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