23 Marzo 2021

Accesso alla procedura di piano del consumatore del socio illimitatamente responsabile dopo la riforma del 2020 della Legge n. 3/2012

di Carlo Trentini, Avvocato Scarica in PDF

Trib. Lecco 5 gennaio 2021, Est. Tota

Parole chiave: legge speciale 27 gennaio 2012, n. 3 – procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento – procedura di piano del consumatore – riforma entrata in vigore Natale 2020 – legittimazione del socio illimitatamente responsabile di società di persone

Massima: Nella procedura di piano del consumatore ex lege n. 3/2012, come riformata nel dicembre del 2020, il socio illimitatamente responsabile è equiparato al consumatore ed è quindi legittimato ad accedere alla procedura di piano, per i suoi debiti personali.

Riferimenti normativi: artt. 6, comma 2, lett. b) – 7, comma 2-ter – 14-ter, comma 7-bis, L. 27 gennaio 2012, n. 3

CASO E SOLUZIONE

Investito della questione della legittimazione alla procedura di piano del consumatore su ricorso di un socio solidalmente ed illimitatamente responsabile di società di persone, proposto anteriormente alla riforma della legge n. 3/2012 intervenuta nel dicembre del 2012, il Tribunale di Lecco ha fatto applicazione delle norme novellate, che, anticipando in parte qua la regola del c.c.i.i., ammettono alla procedura di piano anche i soci illimitatamente responsabili, equiparati, per i loro debiti personali, ai consumatori.

COMMENOTO

Diciamo subito che la decisione in rassegna è corretta e da approvarsi. E’ da diverso tempo pacifico che l’omologazione del concordato preventivo della società comporti anche per i soci illimitatamente responsabili la liberazione dai debiti sociali. Tale regola, desunta dal regime del concordato preventivo, era sempre stata ritenuta vigente anche nelle procedure sovraindebitamentarie negoziali. Ma la liberazione operava soltanto per i debiti sociali, lasciando irrisolto il tema della responsabilità per i debiti personali. Tale questione ha trovato definizione (ancorché non del tutto, come infra chiariremo) con la riforma del 2020 (L. 18 dicembre 2020, 176 di conversione del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137), con cui una serie di disposizioni del c.c.i.i. sono state recepite positivamente nella legge speciale; ed esattamente mediante la modificazione dell’art. 6, comma 2, lett. b), che ha ampliato la nozione di “consumatore” includendovi anche il socio di società di persone “per i debiti estranei a quelli sociali” nonché attraverso l’aggiunta, in coda all’art. 7, di un nuovo comma, 2-ter, che espressamente prevede che l’omologazione dell’accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento (e, deve credersi, anche del piano del consumatore) “produce i suoi effetti anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili”; e si consideri, infine, anche l’aggiunta, all’articolo 14-ter, del nuovo comma 7-bis, a tenore del quale “il decreto di apertura della liquidazione della società produce i suoi effetti anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili”.

Prima della riforma del dicembre del 2020, il problema si poneva quanto ai debiti personali dei soci, posto che: a) a norma della legge fallimentare, i soci non potevano accedere al concordato preventivo; né essi, di per sé, e cioè per la loro qualità di soci, potevano essere dichiarati falliti, se non in estensione del fallimento della società[1]; b) il loro accesso alle procedure da sovraindebitamento ex lege n. 3/2012 era dubbio, registrandosi un orientamento favorevole[2] ed altro, maggioritario, contrario[3]; c) a norma del c.c.i.i., essi erano considerati consumatori per i debiti estranei a quelli sociali, ma pareva escluso che essi potessero accedere a procedura da sovraindebitamento se titolari di debiti comunque riferibili ad altre loro attività, pur personali[4] (i.e., per una loro attività imprenditoriale o professionale[5]) e comunque non potevano conseguire la liberazione dai debiti sociali nel caso in cui non ricorresse il presupposto oggettivo che consentisse alla società l’accesso ad una procedura di regolazione della crisi.

In dottrina era stata criticata la tesi che escludeva la legittimazione alle procedure da sovraindebitamento dei soci solidalmente responsabili delle società di persone, osservandosi che la stessa avrebbe comportato la paradossale ed illogica conseguenza di escludere tale categoria di debitori, unico caso escluso, dalla possibilità di conseguire l’esdebitazione[6]. All’argomento, dei sostenitori della tesi restrittiva, secondo cui ammettere i soci alla procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento per i loro debiti personali avrebbe potenzialmente sottratto, ai creditori sociali, la garanzia generica del patrimonio dei soci, si replicava che lo stesso risultato poteva prodursi a seguito della promozione di esecuzioni singolari ad iniziativa dei creditori particolari[7], senza che alcuno si fosse mai sognato di affermare che queste sarebbero state inammissibili perché potenzialmente pregiudizievoli per i creditori sociali.

La riforma del 2020 ha, parzialmente, risolto la questione, ammettendo la legittimazione dei soci solidalmente responsabili ad accedere alla procedura di piano del consumatore, per i debiti personali (art. 6, comma 2, lett. b).

Resta peraltro sul tavolo la questione dell’accesso alla procedura per i debiti diversi da quelli personali, i.e. per i debiti sociali. Alla obiezione che, per gli stessi, la responsabilità è sussidiaria, cosicché il problema non si pone, fin tanto quanto la società è in grado di far fronte alle sue obbligazioni, va replicato che, nel piano del socio che chieda la composizione per il suo sovraindebitamento per debiti estranei, non possono non considerarsi anche i debiti sociali, giacché, diversamente, dovrebbe considerarsi la soddisfazione dei soli debiti personali; o, alternativamente, anche di quelli sociali, senza che peraltro siano escussi né il patrimonio sociale né gli altri soci, con conseguenze paradossali (un solo socio dovrebbe far fronte, in ipotesi, a tutti i debiti societari, pur in assenza di richiesta di adempimento ad opera di alcuno; diversamente, la procedura dovrebbe occuparsi soltanto dei debiti personali, ignorando le responsabilità sociali, con conseguenze potenzialmente assai pregiudizievoli per i creditori sociali).

Particolarmente complessa, ma non impraticabile, è la questione della possibilità di risolvere la crisi di società con soci solidalmente responsabili mediante procedure collegate, come nel caso in cui una procedura di accordi di ristrutturazione ex art. 182-bis l.fall. della società sia connessa a una o più procedure di composizione del sovraindebitamento dei soci, prevedendosi la soddisfazione dei creditori sociali anche attraverso l’eccedenza della liquidazione del patrimonio personale dei soci[8].

[1] Per l’ammissibilità dell’accesso del socio solidalmente responsabile della società di persone, onde poter usufruire dell’esdebitazione per i proprî debiti personali di cui diversamente non potrebbe liberarsi, v. G. Limitone, Accesso alla procedura di sovraindebitamento del socio illimitatamente responsabile di s.a.s., in Il Fallimentarista.it, p. 9.6.2014 (Quesiti operativi); in giurisprudenza, v. Trib. Rimini 12 marzo 2018, in Il Societario.it, p. 9.4.2018. Affermava essere la loro legittimazione “più problematica, ma possibile” D. Manente, Gli strumenti di regolazione della crisi da sovraindebitamento dei debitori non fallibili – Introduzione alla disciplina della L. 27 gennaio 2012, n. 3, dopo il c.d. “decreto crescita-bis”, cit., 568.

[2] Per l’ammissibilità della procedura da sovraindebitamento dei soci solidalmente ed illimitatamente responsabili si era espresso Trib. Rimini 27 giugno 2019, in Il Caso.it, p. 25.10.2019, e in Fall. 2020, 413, con nota di C. Trentini, Ammissibilità delle procedure collegate di accordi ex art. 182 bis l.fall. di società di persone e accordo di sovraindebitamento dei soci solidalmente responsabili, in Fall. 2020, 413; Trib. Rimini 22 marzo 2018, in Fall. 2019, 943 e in Il Caso.it, p. 22.3.2018 (sotto la data del 13 marzo 2018); Trib. Prato 16 novembre 2016, in Unijuris.it, p. 21.12.2016; Trib. Mantova 28 aprile 2016, in Unijuris.it, p. 4.10.2016 (in quest’ultima, con affermazione per obiter dictum, nell’ambito di un procedimento in cui, per ciò che riguardava il socio, ciò che rilevava, ed era stato chiesto, era se potesse accedere al concordato preventivo, negandosi poi l’accesso al concordato preventivo, ma non alle procedure ex lege n. 3/2012); altresì a favore Trib. Rimini 9 marzo 2019, in Il Fallimentarista.it, p. 12.6.2019, nel caso in cui anche gli altri soci avessero presentato eguale istanza e la società avesse promosso procedura di accordi di ristrutturazione ex art. 182-bis l.fall., giustificandosi la legittimazione nell’ottica di una complessiva regolazione della crisi di ciascun debitore e della società. In dottrina, a favore: G. M. Nonno, Il presupposto oggettivo di ammissibilità e il contenuto del piano, cit., 83, sulla base del ragionamento che la soggezione al fallimento del socio è un effetto della previsione eccezionale dell’art. 147 l.fall., ma che egli, di per sé, non è un imprenditore fallibile e, quindi, sempre di per sé, non può considerarsi rientrare nel novero dei soggetti esclusi dal ricorso al sovraindebitamento; G. Lo Cascio, La composizione delle crisi da sovraindebitamento (introduzione), in Fall. 2012, 1022; F. Maimeri, Presupposti soggettivi ed oggettivi di accesso, cit., 1033; F. Macario, Finalità e definizioni, in F. Di Marzio – F. Macario – G. Terranova, La “nuova” composizione della crisi da sovraindebitamento, cit., 16; Idem, La nuova disciplina del sovra-indebitamento e dell’accordo di ristrutturazione per i debitori non fallibili, cit., 231; D. Vattermoli, La procedura di liquidazione del patrimonio del debitore alla luce del diritto “oggettivamente” concorsuale, cit., 770; G. Limitone, Accesso alla procedura di sovraindebitamento del socio illimitatamente responsabile di s.a.s., cit.; A. Guiotto, La nuova procedura per l’insolvenza del soggetto non fallibile, Fall. 2012, 23. Per una decisione in cui, implicitamente, veniva  riconosciuta la legittimazione ad un socio di società cancellata da un anno, cfr. Trib. Verona 9 maggio 2018, in Fall. 2019, 943 e in Il Caso.it, p. 7.6.2018. In giurisprudenza, per un caso di soci solidalmente responsabili di società di persone (avente peraltro oggetto agricolo), cfr. Trib. Pistoia 19 novembre 2014, in Il Caso.it, p. 8.1.2015, n. 11859, con nota di T. Stanghellini, Forme di interazione tra procedure concorsuali: l’utilizzo di finanza esterna concordataria nella procedura di sovraindebitamento.

[3] Trib. Milano 18 agosto 2016, in Fall. 2017, 197, sulla base dei seguenti argomenti: a) il socio risponde anche per i debiti della società, e non può sottrarvisi; b) il fallimento della società reca seco quello del socio, e il ricorso alla procedura da sovraindebitamento non può impedirlo. In senso contrario, si consideri che: a) l’esdebitazione del socio può essere chiesta per i debiti suoi personali, non per i debiti della società, di cui lo stesso resta sempre responsabile (ma che potrebbero non essere in concreto esigibili, se la società è perfettamente solvibile, e, quindi, le sue obbligazioni per tale titolo sarebbero del tutto eventuali); b) la stessa legge sul sovraindebitamento prevede che possano cessare gli effetti della procedura a seguito della dichiarazione di fallimento del debitore e nonostante l’omologazione e quello del socio solidalmente responsabile è – assieme a quello dell’imprenditore che abbia superato la soglia – praticamente l’unico caso in cui può ammettersi che possa essere dichiarato il fallimento; in ogni caso, ove dovesse essere dichiarato il fallimento della società, il fallimento del socio conseguirà automaticamente e, frattanto, il suo patrimonio personale risulta protetto dall’apertura della procedura concorsuale minore (per queste ultime considerazioni, cfr. Trib. Prato 16 novembre 2016, cit.). Egualmente, per l’esclusione dei soci solidalmente responsabili delle società di persone, in quanto assoggettabili al fallimento in estensione ai sensi dell’art. 147 l.fall, v. Trib. Milano 26 luglio 2016, in Fall. 2016, 1386. Per l’affermazione per cui, essendo soggetti fallibili, non potrebbero accedere alla procedura di accordo, v. F. Pasquariello, L’accesso del socio alle procedure di sovraindebitamento: una grave lacuna normativa, in Fall. 2017, 198 (sia pure lamentando un vuoto normativo); S. Giavarrini, La procedura di liquidazione del patrimonio nella legge n. 3/2012, in Giur. comm. 2016, 712, § 2; M. Scopsi, La procedura di concordato minore, in La riforma del sovraindebitamento nel codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, a cura di E. Pellecchia – L. Modica, Pisa, 2020, 224; R. Battaglia, I nuovi procedimenti di composizione delle crisi da sovraindebitamento dopo il maquillage della L. N. 3/2012, in Fall. 2013, 1435 (secondo lo stesso A. non vi sarebbe invece ragione per negare la legittimazione alla procedura nel caso di decorso dell’anno dalla cessazione del rapporto sociale); egualmente, per M. Ferro, L’insolvenza civile, in M. Ferro (a cura di), Sovraindebitamento e usura, Milano, 2012, 69, l’accesso alle procedure da sovraindebitamento sarebbe consentito al socio solidalmente responsabile soltanto decorso l’anno dalla cessazione del rapporto sociale e quindi una volta venuta meno la possibilità della dichiarazione di fallimento in estensione ex art. 147 l.fall. Parimenti contra M. Cordopatri, Presupposti di ammissibilità, in F. Di Marzio – F. Macario – G. Terranova, La “nuova” composizione della crisi da sovraindebitamento, in Il Civilista, Milano, 2013, salva l’ipotesi in cui il socio si sia indebitato non uti socius, bensì quale consumatore.

[4] In tal senso, v. F. Michelotti, I soci illimitatamente responsabili e le procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento, in Fall. 2020, 319.

[5] Per tale soluzione, v. F. Michelotti, I soci illimitatamente responsabili e le procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento, cit., 319-320.

[6] P. Lucci, Il socio illimitatamente responsabile e la composizione della crisi personale da sovraindebitamento, in Fall. 2019, 949, giustamente sottolinea che la tesi negativa appare in netto contrasto con la ratio legis (che è quella di consentire l’esdebitazione a tutte indistintamente le persone fisiche sovraindebitate) e “a causa di un’eventualità che potrebbe anche non verificarsi mai (il fallimento della società)”, con seri rischi d’illegittimità costituzionale.

[7] Per tale esatta osservazione, v. V. F. Bonaccorsi – L. V. De Santis, L’ambito soggettivo di applicazione delle “nuove” procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, a cura di E. Pellecchia – L. Modica, Pisa, 2020, 45.

[8] È il caso esaminato da Trib. Rimini 27 giugno 2019, cit.