Abuso edilizio del conduttore e ordine di demolizione non ottemperato: conseguenze a carico del proprietario
di Ilaria Ottolina, Avvocato Scarica in PDFT.A.R. Campania, Salerno, sezione II, sentenza 05/12/2022, n. 3292
Locazione – abuso edilizio del conduttore – ordine di demolizione dell’ente comunale – inerzia del locatore – acquisizione pubblica del bene immobile e dell’area di sedime – legittimità – sussiste – oneri a carico del proprietario per evitare la confisca dell’immobile – mancata attivazione del proprietario – legittimità della confisca – sussiste.
Riferimenti normativi: D.P.R. 06/06/2001, n. 380, art. 31.
Massima: “… non è sufficiente che il proprietario dell’immobile abusivo non sia, come ivi dedotto, il responsabile dell’abuso edilizio, a fini acquisitivi del manufatto abusivo e della relativa area di sedime al patrimonio comunale, giusta l’orientamento giurisprudenziale consolidato, espresso, da ultimo nelle massime seguenti: “L’ordinanza di demolizione va correttamente indirizzata al responsabile dell’abuso e al proprietario; quest’ultimo, anche se non autore materiale dell’opera, una volta avvenuto a conoscenza dell’attività illecita svolta da terzi, deve attivarsi contro il responsabile per obbligarlo a rimuovere l’opera abusiva, e se ha la disponibilità del manufatto e dell’area, deve provvedere in proprio all’eliminazione dell’intervento edilizio sine titulo; in mancanza di ciò, peraltro, subisce certamente le conseguenze dell’inottemperanza, tra cui l’acquisizione del bene alla proprietà dell’ente locale”…”
CASO
La sentenza in commento esamina il caso in cui il conduttore di un immobile compie sul bene un grave abuso edilizio, tale da comportare, quale conseguenza giuridica, un ordine di demolizione, da parte dell’ente comunale.
Accade, poi, che tale misura sanzionatoria non viene spontaneamente ottemperata, sicché l’amministrazione pubblica, con determina dirigenziale, provvede ad acquisire gratuitamente al proprio patrimonio l’immobile abusivo e la relativa area di sedime.
Il proprietario dell’immobile impugna pertanto l’atto amministrativo dinanzi al Tribunale amministrativo regionale, adducendo che detto provvedimento non può produrre effetti giuridici anche nei suoi confronti, non avendo egli la materiale disponibilità dell’area in questione; a ciò si aggiunga, quale ulteriore vizio dell’atto, che esso non è stato preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento amministrativo, sede in cui il ricorrente (e proprietario dell’immobile confiscato) avrebbe potuto segnalare le circostanze impeditive all’acquisizione del bene.
Il Comune non si costituisce in giudizio.
SOLUZIONE
Il T.A.R. respinge il ricorso.
QUESTIONI GIURIDICHE
La decisione in commento declina la giurisprudenza relativa dell’attività che il proprietario di un immobile deve effettuare per evitare che, per colpa dell’illecito altrui (del conduttore, nel caso di specie ma, come si vedrà, anche di altri soggetti terzi), subisca la confisca da parte della pubblica amministrazione.
La norma in questione è l’art. 31 del T.U. Edilizia (D.P.R. n. 380/2001): va premesso che, come specifica il primo comma, vengono in rilievo “… interventi eseguiti in totale difformità dal permesso di costruire”, oltreché del tutto mancanti del permesso di costruire, “… che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, plano-volumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso, ovvero l’esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile” (comma 1).
Il terzo comma dell’art. 31 sancisce che “Se il responsabile dell’abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di novanta giorni dall’ingiunzione, il bene e l’area di sedime, nonché quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio del comune. L’area acquisita non può comunque essere superiore a dieci volte la complessiva superficie utile abusivamente costruita”.
Ebbene, nel caso di specie l’abuso edilizio è stato posto in essere dal conduttore, sottoposto peraltro a procedimento penale.
Il ricorrente proprietario, quale soggetto interessato all’annullamento dell’atto amministrativo che dispone la confisca, prospetta la tesi difensiva secondo la quale il provvedimento non può spiegare gli effetti giuridici anche nei suoi confronti, attesa l’indisponibilità materiale del bene.
Il Giudice amministrativo riepiloga quindi le condotte che il ricorrente/proprietario avrebbe dovuto tenere per poter evitare l’acquisizione gratuita dei beni immobili al patrimonio dell’ente.
In particolare, non è sufficiente – ma è necessaria – la totale estraneità del proprietario rispetto alla materiale esecuzione dell’opera abusiva; occorre, inoltre, che il soggetto in parola si attivi per porre in essere, anche autonomamente, tutte le attività necessarie alla tempestiva rimozione dell’abuso, anche qualora non si trovi nella effettiva disponibilità del bene.
Nel caso contrario di inerzia o di insufficiente collaborazione con l’ente pubblico, anche il proprietario non detentore viene ritenuto responsabile dell’abuso e non può evitare la conseguenza giuridica (automatica) della confisca del bene.
A titolo esemplificativo, il Giudice amministrativo ha ritenuto responsabile – e, per l’effetto, destinatario legittimo della confisca – il proprietario (e detentore) di immobile abusivo che si sia limitato alla mera richiesta di demolizione, rivolta nei confronti della ditta incaricata della ristrutturazione da parte del proprietario medesimo[1].
In un altro caso, il proprietario non detentore è stato ritenuto responsabile, in solido con il titolare del contratto di locazione, per essersi limitato a prospettare al proprio inquilino la risoluzione del contratto, senza tuttavia dare seguito alla dichiarata intenzione[2]. La Corte di Cassazione, del resto, ha avuto modo di precisare che l’incombenza dei doveri di gestione dominicale non è esclusa dalla circostanza della stipulazione del contratto di locazione, in quanto tale negozio, se comporta il trasferimento al conduttore della disponibilità materiale e del godimento dell’immobile, non fa venire meno in assoluto, in capo al proprietario, i poteri e doveri di controllo, cura e vigilanza spettanti al locatore, il quale conserva un effettivo potere fisico sull’immobile locato (si pensi alla manutenzione straordinaria), con conseguente obbligo, sotto tutti i profili, di vigilanza sull’immobile[3].
Nel caso della sentenza in commento, era risultato che il proprietario, non detentore dell’immobile, non aveva provato di avere posto in essere alcuna attività atta a dimostrare di avere intrapreso iniziative idonee a costringere il responsabile – vale a dire il conduttore – a ripristinare lo stato dei luoghi: a propria discolpa, invero, il ricorrente si era limitato a produrre l’avviso di conclusione delle indagini preliminari a carico dell’inquilino.
Sotto altro profilo, benché si tratti di aspetto squisitamente amministrativo, si riferisce che il Giudice amministrativo in commento ha rigettato anche il motivo di ricorso fondato sull’asserita mancata comunicazione dell’avvio del procedimento amministrativo (art. 7, Legge n. 241/1990) anche nei confronti del proprietario, sede nella quale – secondo l’assunto della difesa – quest’ultimo avrebbe potuto far valere le proprie ragioni.
In realtà – precisa la sentenza in commento – gli atti di repressione di abusi edilizi, in particolare i provvedimenti di acquisizione, sono atti vincolati, che si configurano come assolutamente dovuti e consequenziali rispetto al precedente ordine di demolizione, sicché non sono ammessi apporti partecipativi del soggetto destinatario[4].
[1] T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. II, 27/06/2022, n. 2094, in cui si legge che “… l’ordinanza di demolizione va correttamente indirizzata al responsabile dell’abuso e al proprietario; quest’ultimo – nella presente fattispecie anche detentore del bene – anche se non autore materiale dell’opera, una volta venuto a conoscenza dell’attività illecita svolta da terzi, deve attivarsi contro il responsabile per obbligarlo a rimuovere l’opera abusiva, e se ha la disponibilità del manufatto e dell’area – come nel caso di specie -, deve provvedere in proprio all’eliminazione dell’intervento edilizio sine titulo; in mancanza di ciò, peraltro, subisce certamente le conseguenze dell’inottemperanza, tra cui l’acquisizione del bene alla proprietà dell’ente locale (cfr., ex plurimis, T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 13 ottobre 2020, n. 1889; id., 4 luglio 2019, n. 1528; id., 21 gennaio 2019, n. 112; id., 3 novembre 2016, n. 2014; id., 16 marzo 2015, n. 728)”; ancora, in questo senso, Consiglio di Stato, sez. VI, 26/01/2021, n. 1648
[2] Così T.A.R. Lazio, Roma, sez. II, 03/02/2021, n. 1431: “… Pertanto è stato ritenuto che il proprietario incolpevole di abuso edilizio commesso da altri, che voglia sfuggire all’effetto sanzionatorio di cui all’art. 31 del D.P.R. n. 380 del 2001, come effetto della inottemperanza all’ordine di demolizione, deve provare la intrapresa di iniziative idonee a costringere il responsabile dell’attività illecita a ripristinare lo stato dei luoghi nei sensi e nei modi richiesti dall’autorità amministrativa, con “azioni idonee“, in quanto “Se, per ipotesi, la proprietà potesse dissociarsi soltanto con mere dichiarazioni o affermazioni di dissociazione o con manifestazioni di intenti, senza alcuna attività materiale o almeno giuridica di attivazione diretta ad eliminare l’abuso (risoluzione iniziata giudiziariamente per inadempimento contrattuale, diffide ad eliminare l’abuso, attività materiali), la tutela dagli abusi rimarrebbe inefficace nei casi di locazione“ E rispetto a tale necessaria attività di dissociazione non è ritenuto sufficiente prospettare la risoluzione del contratto di locazione de quo “(Consiglio di Stato, sez. VI, n. 2211/2015, Tar Valle d’Aosta, n. 63/2012; Tar Campania, n. 4141/2013; TAR Marche 363/2015).
[3] Cass. civ., sez. III, 27/07/2011, n. 16422.
[4] Si legge infatti nella sentenza in commento che “L’acquisizione gratuita costituisce una misura di carattere sanzionatorio, che consegue automaticamente all’inottemperanza all’ordine di demolizione; … La necessità della previa comunicazione di avvio del procedimento riguarda essenzialmente i procedimenti culminanti nell’emanazione di un provvedimento di natura discrezionale, in relazione ai quali l’apporto conoscitivo e partecipativo del destinatario assume valenza sostanziale, ma non può essere riferibile anche ai procedimenti relativi ad atti vincolati quali sono, in generale, gli atti di repressione degli abusi edilizi ed in particolare, il provvedimento di acquisizione…”.
Centro Studi Forense - Euroconference consiglia