Domanda riconvenzionale (inammissibile) e reconventio reconventionis (ammissibile) del creditore opposto nell’opposizione a decreto ingiuntivo
di Cecilia Vantaggiato Scarica in PDFNel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo solo l’opponente, sostanzialmente convenuto, può proporre domande riconvenzionali, mentre l’opposto, sostanzialmente attore, non può proporre domande diverse da quelle fatte valere con l’ingiunzione, in quanto nell’ordinario procedimento che si instaura a seguito della citazione in opposizione, dal momento che le parti processuali sono invertite e l’opposto è l’attore sostanziale cui è certamente permesso di precisare e modificare la domanda, purché ciò non comporti un’inammissibile mutatio. Ammettere una riconvenzionale da parte dell’opposto, anche se dipendente dal titolo dedotto in giudizio, significherebbe eludere il divieto di mutatio libelli.
Un consolidato orientamento di legittimità esclude la possibilità per l’opposto di proporre domande riconvenzionali.
Tale assunto si basa sulla considerazione per cui nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, mentre l’opponente assume il ruolo di convenuto sostanziale e può proporre domande riconvenzionali, l’opposto, di converso, deve identificarsi quale attore sostanziale e non può proporre domande diverse da quelle fatte valere con il ricorso per ingiunzione.
Il giudizio di opposizione, infatti, dà luogo a un ordinario giudizio di cognizione, che consente all’opposto (attore sostanziale) di modificare e precisare le proprie domande entro l’udienza ex art. 183 c.p.c. o nella prima memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c. Quanto detto, tuttavia, è consentito nei limiti in cui ciò non si traduca in una illegittima mutatio libelli: consentire la riconvenzionale da parte dell’opposto significherebbe eludere tale divieto, introducendo, oltre il limite processuale concesso, domande nuove.
A tale preclusione si deroga solo quando, per effetto di una domanda riconvenzionale formulata dall’opponente, la parte opposta si venga a trovare a propria volta in una posizione processuale di convenuto, cui non può essere negato il diritto di difesa, rispetto alla nuova o più ampia pretesa della controparte, mediante la proposizione (eventuale) di una reconventio reconventionis.
L’orientamento è stato di recente confermato dalla Cassazione (Cass. 25-02-2019, n. 5415), la quale ha anche precisato come l’unica possibilità concessa all’opposto per introdurre una domanda riconvenzionale si abbia proprio nel caso in cui, per effetto di una riconvenzionale formulata dall’opponente, egli si venga a trovare a propria volta in una posizione processuale di convenuto, cui non può essere negato il diritto di difesa, rispetto alla nuova o più ampia pretesa della controparte (Cass. n. 2529 del 2006; Cass. n. 23294 del 2006), mediante la proposizione (eventuale) di una reconventio reconventionis (Cass. n. 16564 del 2018).
Caratteristica della reconventio reconventionis è che essa deve dipendere dal titolo dedotto in causa o da quello che già appartiene alla causa come mezzo di eccezione ovvero di domanda riconvenzionale (Cass. n. 2244 del 2006; Cass. n. 8582 del 2013). Non è un caso che, ad esempio, la Corte abbia dichiarato l’inammissibilità della domanda di pagamento delle opere extra contratto, proposta dall’opposto con la comparsa di costituzione nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, relativo al pagamento del corrispettivo di un appalto per l’esecuzione di lavori edili, non essendo ammesso l’ampliamento del thema decidendum (Cass. n. 25598 del 2011). Anche le Sezioni unite (Cass. sez. un. n. 26128 del 2010) hanno consentito la proposizione di una nuova domanda da parte dell’opposto, ma solo ove l’esigenza nasca dalle difese dell’opponente contenute nell’atto di opposizione a decreto ingiuntivo.
Assume rilievo a tale proposito l’individuazione del limite temporale per l’esercizio da parte dell’opposto dello ius variandi, soprattutto in considerazione del fatto che l’art. 645, c. 2, c.p.c. rinvia alle norme del rito ordinario (senza alcuna specificazione), lasciando all’interprete il compito di stabilirne l’esatta portata.
Un primo orientamento ritiene che si debba interpretare il rinvio letteralmente: la preclusione cioè maturerebbe entro la prima udienza di trattazione ex art. 183 c.p.c. c 5 (Trib. Mantova, 14 marzo 2006, in Giur. di Merito, 2006, 11, 2410). Altra tesi, invece, fondandosi sulla ratio della riforma che ha introdotto nel sistema processuale civile le preclusioni, ritiene che il limite per la proposizione dei nova conseguenti alle difese dell’opponente debba individuarsi nella comparsa di costituzione e risposta del creditore opposto (Manna, La fase preparatoria del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo dopo la legge 353/ 1990, in Riv. Dir. Civ., 1996, II, 217 ss.). A tale ultimo orientamento pare preferibile aderire, posto che l’opponente propone la propria riconvenzionale nella citazione e l’opposto è già in grado di proporre l’eventuale reconventio reconventionis nella comparsa di risposta, con la quale si costituisce nel giudizio di opposizione, depositandola nel termine di venti giorni prima dell’udienza di trattazione.