Vizi, mancanza di qualità, aliud pro alio: confini ancora (troppo) incerti
di Sara Scola Scarica in PDFCass. Civ., Sez. II, Sent., (ud. 18-12-2017) 24-04-2018, n. 10045 – Rel. Dott. L. Abete
Vizi, mancanza di qualità, aliud pro alio; risoluzione del contratto; inadempimento; risarcimento del danno
MASSIME
In tema di vendita, è configurabile la consegna di “aliud pro alio” non solo quando la cosa consegnata è completamente difforme da quella contrattata, appartenendo ad un genere del tutto diverso, ma anche quando è assolutamente priva delle caratteristiche funzionali necessarie a soddisfare i bisogni dell’acquirente, o abbia difetti che la rendano inservibile; in tale ultimo caso, è necessario che la particolare utilizzazione della cosa sia stata espressamente contemplata, da entrambe le parti, nella negoziazione.
La risoluzione del contratto di vendita è impedita soltanto dalla trasformazione, dall’alienazione o dal perimento per caso fortuito o forza maggiore del bene venduto e non anche dal suo uso anche prolungato da parte del compratore, salvo che da tale uso possa desumersi una tacita rinunzia all’azione.
CASO
Nel luglio del 2004, N.A., affetto da grave deficit deambulatorio, acquistava dalla C. S.p.A., titolare della concessionaria di un noto marchio automobilistico, un’autovettura nuova, chiedendo che venisse munita di un apposito sedile girevole, destinato a consentirgli, in ragione della sua disabilità, la fruizione del mezzo; il compratore provvedeva all’integrale pagamento del corrispettivo pattuito, comprensivo anche del costo di installazione del sedile girevole.
Tuttavia, nello stesso mese di luglio del 2004, N.A. denunciava alla società venditrice la difettosa installazione del sedile girevole e nel febbraio del 2008, dopo che la prima revisione del veicolo aveva dato esito negativo, conveniva in giudizio la società stessa, domandando la risoluzione del contratto per inadempimento, oltre al risarcimento dei danni patiti. In via subordinata, l’acquirente istava per l’annullamento del contratto per errore, con condanna alla restituzione del prezzo e al risarcimento del danno; in via ulteriormente subordinata, chiedeva la risoluzione del contratto per mancanza delle qualità promesse nel bene venduto, sempre assieme al risarcimento del danno subìto.
Autorizzata la chiamata in causa (richiesta dalla convenuta) della società cui era stata commissionata l’installazione del sedile, il giudice di prime cure accoglieva parzialmente la domanda attorea, risolvendo il contratto per inadempimento della società venditrice, condannando quest’ultima alla restituzione del prezzo, oltre interessi legali. La domanda di manleva esperita nei confronti della terza chiamata veniva, invece, rigettata.
A seguito di impugnazione da parte della società venditrice, la Corte d’Appello di Roma, “ribaltava” la statuizione di primo grado, escludendo che, nel caso di specie, potesse configurarsi un’ipotesi di c.d. aliud pro alio; pertanto, veniva rigettata la domanda dell’acquirente di risoluzione per inadempimento, con condanna dello stesso alla restituzione degli importi ricevuti per effetto della sentenza di primo grado.
N.A. proponeva, quindi, ricorso in Cassazione sulla base di tre motivi.
Con il primo motivo, il ricorrente censurava la ricostruzione dei giudici di secondo grado, che, come detto, avevano escluso che il caso di specie potesse rientrare nell’ambito del c.d. aliud pro alio.
Con il secondo motivo e il terzo motivo di ricorso, venivano sollevate alcune questioni di carattere processuale. In particolare, il ricorrente lamentava il vizio di omessa pronuncia in ordine alle domande spiegate in primo grado in via subordinata (domande che il giudice di secondo grado, rigettata la domanda principale, non aveva preso in considerazione, nonostante fossero state riproposte nella comparsa in appello), nonché alla richiesta risarcitoria, la quale avrebbe dovuto essere vagliata a prescindere dalla decisione in merito alla ricostruzione della fattispecie in esame.
Con la pronuncia in commento, la S.C. riforma nuovamente la statuizione di merito, accogliendo i primi due motivi di ricorso e dichiarando assorbito il terzo.
SOLUZIONE
La sentenza in esame, pur senza essere rivoluzionaria, ribadisce rilevanti principi per la materia che qui occupa.
Così, volendo focalizzare l’attenzione sugli aspetti di ordine sostanziale, occorre soffermarsi sulla rilevanza del dedotto difetto del bene venduto in termini di c.d. aliud pro alio.
Come detto, secondo la ricostruzione prospettata dalla Corte d’Appello – almeno per quanto è possibile dedurre dalla motivazione della pronuncia in esame – non si poteva ritenere che la difformità riscontrata tra la cosa pattuita e quella consegnata fosse tale da integrare l’ipotesi della consegna di “una cosa per un’altra”. Infatti, nel caso di specie, il bene concretamente venduto doveva considerarsi appartenente al genere merceologico pattuito; inoltre, almeno fino alla revisione del veicolo con esito negativo, esso aveva perseguito la funzione economico-sociale cui era destinato, come dimostrato anche dal suo uso prolungato.
La Corte di Cassazione, invece, non condivide il ragionamento sviluppato dai giudici d’Appello e, muovendo dai precedenti richiamati (Cass. civ., 18.1.2007, n. 1092 e Cass. civ., 5.2.2016, n. 2313), ribadisce che la consegna di un aliud pro alio si verifica non solo quando vi sia una radicale difformità tra la cosa pattuita e quella consegnata, ma anche quando quest’ultima difetti delle caratteristiche atte a garantire (o presenti vizi che precludono) la funzionalità necessaria rispetto alle specifiche esigenze dell’acquirente, nella misura in cui la particolare utilizzazione sia stata presa in espressa considerazione, da parte di entrambe le parti, nella negoziazione.
Nel caso di specie, quindi, l’installazione del sedile difettoso sulla vettura, tale da renderlo inservibile, lungi dall’integrare un semplice accessorio dell’acquisto, rende il bene del tutto inidoneo ad assolvere la funzione concretamente assunta come essenziale dalle parti nella specifica pattuizione tra loro intercorsa.
Ne deriva la configurabilità di una consegna di aliud pro alio, con conseguente risolubilità del contratto di vendita per inadempimento secondo le regole ordinarie, ex artt. 1453 ss. cod. civ.
Nell’affermare quanto sopra, la S.C. chiarisce, altresì, che, nel caso di specie, nessuna rilevanza può avere il prolungato uso del bene da parte del compratore (per ben quattro anni) prima della proposizione della domanda giudiziale di risoluzione.
In tale modo, la S.C. ribadisce, così, un altro principio giuridico già espresso in epoche ormai remote, secondo il quale la risoluzione del contratto di vendita è impedita soltanto dalla trasformazione, dall’alienazione o dal perimento per caso fortuito o forza maggiore del bene venduto e non anche dal suo uso prolungato da parte del compratore, salvo che – e ciò viene espressamente escluso nel caso di specie – da tale uso possa desumersi una tacita rinunzia all’azione (così, Cass. Civ., 9.10.1976, n. 3362).
QUESTIONI
La pronuncia in commento risulta in linea con la tendenza, già avviata ormai da alcuni anni, a un progressivo allargamento della fattispecie del cd. aliud pro alio. Come noto, con tale espressione si fa riferimento a quella figura di creazione dottrinale e giurisprudenziale volta a ricomprendere una serie di ipotesi ove le “criticità” del bene venduto sono talmente gravi e rilevanti da non poter affermare che la cosa consegnata sia “semplicemente” viziata o priva delle qualità essenziali o promesse, trattandosi, invece, di consegna di un bene radicalmente diverso da quello oggetto del contratto di vendita. Si tratta così, di un vero e proprio inadempimento contrattuale, che legittima l’acquirente ad agire per l’esatto adempimento, oppure per la risoluzione del contratto ex art. 1453 c.c. Inutile evidenziare i numerosi vantaggi che conseguono da tale ultima ricostruzione: il compratore potrà “limitarsi” ad allegare l’inadempimento del venditore, gravando su quest’ultimo l’onere di provare l’appartenenza del bene consegnato alla particolare species convenuta dalle parti (sul punto v., ad es, Cass. Civ., 23.3.2017, n. 7557). Inoltre, l’acquirente non sarà tenuto a rispettare i “diabolici” termini di decadenza e prescrizione previsti in materia di garanzia per vizi, potendo esperire l’azione nell’ordinario termine decennale.
Così, secondo la giurisprudenza, la garanzia per vizi riguarda le imperfezioni e i difetti inerenti al processo di produzione, fabbricazione, formazione e conservazione della cosa; la mancanza delle qualità essenziali o promesse si riferisce, invece, alla natura della merce e concerne tutti gli elementi essenziali e sostanziali che influiscono, nell’ambito di un medesimo genere, sull’appartenenza ad una specie piuttosto che a un’altra (ex multis, v. Cass. Civ., 5.4.2016, n. 6596); infine, nell’ampia categoria del c.d. aliud pro alio rientrano sia le ipotesi in cui la res tradita sia completamente diversa da quella pattuita, in quanto appartenente a un genere diverso (così, ad. es., Cass. Civ., 16.1.2006, n.686), sia tutti i casi in cui la cosa consegnata presenti difetti che le impediscono di assolvere alla sua funzione naturale o a quella concreta assunta come essenziale dalle parti (c.d. inidoneità ad assolvere la funzione economico-sociale), facendola degradare in una sottospecie del tutto diversa da quella dedotta in contratto (così, tra le tante, Cass. Civ., 29.4.2010, n. 10285). Come detto, proprio a tale ultima ipotesi si riferisce il caso di specie, ove il bene consegnato, pur appartenente al genere pattuito, non presenta quella caratteristica essenziale per il compratore (il sedile girevole con le particolari caratteristiche volute dall’acquirente), espressamente concordata tra le parti al momento della conclusione del contratto.
Giova, peraltro, evidenziare che in materia di vendita di autovetture, svariate sono le pronunce che hanno riscontrato una vendita di aliud pro alio in quest’ambito; tra queste, vi è il caso della consegna di un’autovettura con impianto a GPL non omologato (Cass. Civ., 13.9.2013, n. 20996), l’ipotesi della vendita di una vettura immatricolata con falsa documentazione e recante il numero di telaio contraffatto (Cass. Civ., 30.3.2006, n. 7561) o il caso del veicolo munito di un motore rubato (Cass. Civ., 11.11.2008, n. 26953).
Se il progressivo e incessante ampliamento del concetto di vendita di aliud pro alio può essere accolto con favore, laddove consente di apprestare un’adeguata tutela a fattispecie che, diversamente, ne rimarrebbero prive, non possono sottacersi i rischi di una tale ricostruzione.
I confini tra gli ambiti di applicazione delle diverse categorie (vizi, mancanza di qualità, aliud pro alio) sono quantomai labili e la materia sembra ormai interamente governata dalla giurisprudenza.
Ciò dovrebbe, forse, suggerire al legislatore di apprestare validi correttivi ai riferimenti normativi già esistenti, al fine di consentire all’interprete di muoversi con maggiore certezza all’interno di questo delicato settore, evitando di lasciare la materia integralmente nelle mani delle Corti.