2 Ottobre 2018

Le controversie sulla legittimità degli avvisi di addebito per contributi previdenziali I.V.S. appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario

di Franco Stefanelli, Avvocato Scarica in PDF

Cass., Sez. Un., Ord., ud. 22 maggio 2018, 23 luglio 2018, n. 19523, Primo Pres. f.f. Di Cerbo – Pres. Rel. Manna

[1] Giurisdizione – Contributi previdenziali I.V.S. – Controversie previdenziali – Avviso di addebito I.N.P.S. – Giudice ordinario (cod. proc. civ., art. 41; art. 24, d.lgs. n. 46/1999; artt. 2 e 19, d.lgs. n. 546/1992; art. 30, D.L. n. 78/2010)

Appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, e non a quella del giudice tributario, le controversie in cui si discuta della legittimità o meno d’un avviso di addebito emesso dall’I.N.P.S. per contributi previdenziali I.V.S. (cfr. art. 30, D.L. n. 78 /2010, convertito con modificazioni in l n. 122/2010), in quanto si tratta di controversia concernente diritti ed obblighi attinenti ad un rapporto previdenziale e non avendo rilievo il fatto che la mera occasione originante la pretesa creditoria dell’I.N.P.S. sia nata da un accertamento tributario da parte dell’Agenzia delle Entrate.

 CASO

[1] Un contribuente propone opposizione avanti il Tribunale di Trieste ad un avviso di addebito emesso nei suoi confronti da parte dell’INPS per contributi I.V.S. (invalidità, vecchiaia e superstiti) presuntivamente omessi e per i relativi accessori, a seguito di un accertamento dell’anno 2010 promosso dall’Agenzia delle Entrate. Si costituisce in giudizio, in proprio e quale mandatario ex lege della S.C.C.I. S.p.A., l’I.N.P.S., eccependo in via preliminare il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, sul presupposto che la giurisdizione appartenga a quello tributario e richiedendo contestualmente la sospensione del giudizio sino alla definizione di quello pendente innanzi alla Commissione Tributaria, sospensione che è disposta ex art. 295 c.p.c. dal Tribunale di Trieste.

Il contribuente propone, ai sensi dell’art. 41, comma 1 c.p.c., istanza di regolamento preventivo di giurisdizione, chiedendo che sia affermata la giurisdizione del giudice ordinario. In assenza di attività difensiva da parte dell’I.N.P.S., il contribuente deposita successivamente memoria, con cui insiste nella istanza di regolamento.

SOLUZIONE

[1] Le Sezioni Unite della Suprema Corte, previo riconoscimento della tempestività dell’istanza di regolamento preventivo di giurisdizione, in quanto proposta prima che la causa fosse decisa nel merito, dichiarano la giurisdizione del giudice ordinario, al quale viene rimessa la liquidazione delle spese relative al regolamento di giurisdizione.

QUESTIONI

[1] La pronuncia qui annotata non si discosta dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite, secondo cui la controversia, la quale abbia ad oggetto diritti e obblighi attinenti ad un rapporto previdenziale, ancorché originata da una pretesa azionata dall’ente previdenziale a mezzo cartella esattoriale, rientra nella giurisdizione del giudice ordinaria e non del giudice tributario.

La decisione preliminarmente riconferma e fa proprio l’orientamento – assai consolidato – che individua nel c.d. petitum sostanziale il criterio di riparto della giurisdizione tra il giudice ordinario ed i giudici speciali: è la situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio e di cui si domanda la tutela ovvero la natura del diritto di credito azionato a determinare la giurisdizione, non la procedura di esazione adottata (v. Cass., Sez. Un., Sent., ud. 20 marzo 2007, 27 marzo 2007, n. 7399; Cass., Sez. Un., Sent., ud. 20 aprile 2010, 23 giugno 2010, n. 15168). A militare in tal senso – evidenziano le Sezione Unite – non è soltanto l’intrinseca natura del rapporto, ma la stessa normativa, che ha riorganizzato la riscossione mediante ruolo (d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46): da un lato, l’art. 24 d.lgs. cit., infatti, ha esteso tale procedura anche ai contributi e premi dovuti agli enti pubblici previdenziali non versati dal debitore nei termini previsti da disposizioni di legge o dovuti in forza di accertamenti effettuati dagli uffici; dall’altro lato, al comma 5, ha previsto espressamente che «Contro l’iscrizione a ruolo il contribuente può proporre opposizione al giudice del lavoro entro il termine di quaranta giorni dalla notifica della cartella di pagamento […]».

Le decisioni in senso contrario sono veramente sparute e risalenti: e.g., la Comm. Trib. Prov. Puglia Taranto, Sez. I, 26 ottobre 2007, n. 359 ha riconosciuto che compete alle commissioni tributarie il giudizio sull’impugnazione di cartelle esattoriali contenti la richiesta di contributi I.V.S. e S.S.N. da pagare all’I.N.P.S., argomentando dal fatto che a seguito della novellazione dell’art. 2 d.lgs. n. 546/1992 ad opera dell’art. 12, comma 2 l. n. 448/2001, la competenza giurisdizionale delle Commissioni Tributarie è estesa a «tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie», nonché in ragione della tendenziale armonizzazione tra disciplina fiscale e contributiva, conseguente alla unificazione della base imponibile ed alla riforma della riscossione coattiva dei contributi previdenziali, attuata a seguito della delega ex l. n. 337/1997 (la quale ha dettato quale criterio direttivo «l’affidamento, mediante procedure ad evidenza pubblica, ai concessionari della riscossione, mediante ruolo, delle entrate dello Stato, degli enti territoriali e degli enti pubblici, anche previdenziali…».

Al di là di tali isolati pronunciamenti, ne consegue, dunque, che il ricorso avverso la pretesa di contributi previdenziali – alla cui riscossione, ai sensi dell’art. 30 D.L. 31 maggio 2010, n. 78, si provvede mediante la notifica di un avviso di addebito con valore di titolo esecutivo, sostitutiva della cartella di pagamento – debba essere promosso innanzi il giudice del lavoro, pur a fronte della previsione dell’art. 2 d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, secondo cui «appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque denominati». A tale riguardo, si suole distinguere tra c.d. «confini esterni» e c.d. «confini interni» della giurisprudenza tributaria (per cui, si rimanda a RUSSO, voce Processo tributario, in Enc. dir., XXXVI, Milano, 1987, p. 757; GLENDI, L’oggetto del processo tributario, Padova, 1984): «Quella tributaria» – per dirla con BONAFINE, Il riparto di giurisdizione nel sistema delle opposizioni all’esecuzione tributaria ai sensi dell’art. 57, d.p.r. n. 602 del 1973, in Esec. forzata, 2018, 1, P. 97, «pare atteggiarsi come giurisdizione esclusiva, estesa ad ogni profilo relativo sia all’an sia al quantum del tributo», con il solo limite fissato dal predetto art. 2 d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 per le controversie riguardanti gli atti della esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento e, ove previsto, dell’avviso di cui all’art. 50, comma 2, d.P.R. n. 602/1973, le quail sono sottoposte alla giurisdizione ordinaria. Quanto ai c.d. «limiti interni», invece, la norma cardine è l’art. 19 d.lg. n. 546/1992, il quale indica l’elenco degli atti impugnabili davanti alle Commissioni, integrato, ad opera dell’art. 35, comma 26-quinquies, D.L. 4 luglio 2006, n. 223, dall’iscrizione di ipoteca sugli immobili e dal fermo di beni mobili registrati, se relativi a crediti tributari (cfr. sempre BONAFINE, cit.)

In maniera del tutto analoga, prosegue la decisione qui in commento, appartengono alla giurisdizione ordinaria (sempre in funzione di giudice del lavoro), le controversie concernenti la legittimità delle trattenute assicurativo-previdenziali operate dal datore di lavoro sulle somme corrisposte al lavoratore: anche in questo caso, si tratta di materia previdenziale, alla quale è  estranea la giurisdizione tributaria; manca, infatti, un atto qualificato, rientrante nell’elenco di cui all’art. 19 d.lgs. n. 546/1992, ovvero assimilabile ad alcuno del novero, che costituisca esercizio del potere impositivo sussumibile nello schema potestà-soggezione proprio del rapporto tributario (cfr. Cass. Civ., Sez. Un., Ord., ud. 24 ottobre 2017, 03 novembre 2017, n. 26149.

A fronte di ciò, le Sez. Un. pervengono ad conclusione del tutto analoga, anche riguardo alle controversie in cui si discuta della legittimità o meno d’un avviso di addebito emesso dall’I.N.P.S.: né tale esito potrebbe mutare, avuto riguardo alla mera occasione che ha dato origine alla pretesa creditoria dell’I.N.P.S., la quale ha avuto origine da un accertamento tributario da parte dell’Agenzia delle Entrate.