25 Settembre 2018

L’opposizione a precetto: giudice competente, regime della relativa questione, qualificazione dell’opposizione e individuazione del mezzo d’impugnazione

di Maddalena De Leo, Avvocato Scarica in PDF

L’opposizione a precetto ex art. 615, comma 1, c.p.c. e/o ex art. 617, comma 1, c.p.c. pone frequenti problemi di competenza e di qualificazione dell’opposizione, anche ai fini del regime impugnatorio.

  1. Qualificazione dell’opposizione e criterio distintivo

Con l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. si contesta il diritto a procedere ad esecuzione forzata, il “se” della pretesa; diversamente, l’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. ha ad oggetto il modo in cui l’azione esecutiva viene esercitata e si contesta il “come” dell’esecuzione, la regolarità formale degli atti esecutivi (Cass. 3.08.2005, n. 16262; Cass. 6.04.2006, n. 8112; Cass., 13.11.2009, n. 24047).

Non è sempre agevole la distinzione tra le due opposizioni, accadendo, non di rado, che durante lo svolgimento del giudizio di opposizione a precetto vi sia contestazione sulla qualificazione dell’opposizione in sede esecutiva. Numerose e rilevanti sono le conseguenze della qualificazione sul piano pratico.

  1. Individuazione del giudice competente con relative preclusioni

In primo luogo, risulta diversamente disciplinata la competenza nei giudizi di opposizione all’esecuzione e in quelli di opposizione agli atti esecutivi.

Infatti, ai sensi dell’art. 615, c. 1, c.p.c. – il quale dispone che “quando si contesta il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata e questa non è ancora iniziata, si può proporre opposizione al precetto con citazione davanti al giudice competente per materia o valore e per territorio a norma dell’articolo 27” – l’opposizione preventiva all’esecuzione deve essere proposta al giudice competente per materia e valore e, per la materia laburistica o previdenziale rientrante negli artt. 409 e 442 c.p.c., dinanzi al tribunale in funzione di giudice del lavoro, come risulta dall’art. 618 bis c.p.c., che applica a tali controversie la competenza e il rito del lavoro.

L’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617, con riferimento sia alle opposizioni relative alla regolarità formale del titolo esecutivo e del precetto, sia quelle relative alla notificazione del titolo esecutivo e del precetto e ai singoli atti di esecuzione si propone al giudice competente per l’esecuzione.

A seguito della soppressione dell’ufficio del pretore (al quale era attribuita, in forza dell’art. 16 c.p.c., ora abrogato, la competenza per la consegna e il rilascio di cose e per l’espropriazione forzata di cose mobili e di crediti, nonché per l’esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare) e della modifica dell’art. 9 c.p.c., avvenuta con il d.lgs. n. 51/1998, il tribunale risulta esclusivamente competente per l’esecuzione forzata, non essendo ancora entrato in vigore – lo sarà dal 31 ottobre 2021, salvo successivi ripensamenti del legislatore – l’art. 15 bis c.p.c., rubricato “esecuzione forzata”, inserito dal d.lgs. 13 luglio 2017 n. 116, il quale attribuisce al giudice di pace la competenza in materia di espropriazione forzata di cose mobili.

La competenza del tribunale, quale giudice dell’esecuzione, in materia di opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. è ritenuta dalla giurisprudenza di legittimità una competenza funzionale e inderogabile (come affermato, in particolare, da Cass. 14 settembre 1983 n. 5560, nonché da Cass. 3 marzo 1981 n. 1225): la relativa eccezione d’incompetenza ed il rilievo d’ufficio sottostanno alla disciplina delle preclusioni dettata all’art. 38 c.p.c.

Tale articolo introduce quale limite temporale al rilievo d’ufficio dell’incompetenza la prima udienza di trattazione di cui all’art. 183 c.p.c., mentre, per l’eccezione di parte, prevede che il convenuto debba eccepire l’incompetenza del giudice nella comparsa di risposta tempestivamente depositata, a pena di decadenza.

Pertanto, anche nell’ipotesi in cui venga proposta davanti al giudice di pace un’opposizione a precetto, poi qualificata come opposizione agli atti esecutivi ai sensi del primo comma dell’art. 617 c.p.c., l’eccezione ed il rilievo d’ufficio dell’incompetenza sottostanno alla regola generale contenuta nell’art. 38 c.p.c., con alcuni adattamenti dovuti alle peculiarità di tale procedimento, come già riconosciuto dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 12272/2009, Cass. n. 9754/2010). Infatti, nel procedimento davanti al giudice di pace il convenuto si può costituire direttamente all’udienza ex art. 319 c.p.c. e non vi è distinzione tra prima udienza di comparizione ed udienza di trattazione. Pertanto, l’eccezione di incompetenza potrà essere sollevata dal convenuto anche costituendosi direttamente all’udienza e la preclusione al rilievo d’ufficio si verificherà soltanto dopo lo svolgimento dell’udienza di effettiva trattazione della causa ex art. 320 c.p.c. e non a seguito di un’udienza di mero rinvio (Cass. 12272/2009).

Una volta celebrata l’udienza di trattazione della causa davanti al giudice di pace, senza che venga rilevata d’ufficio ovvero eccepita dalla parte opposta l’incompetenza, la causa rimane radicata davanti al giudice adito, ancorché sprovvisto di competenza per materia, valore o territorio inderogabile.

Nemmeno nel caso in cui il giudice abbia qualificato soltanto nella sentenza l’opposizione come opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. il limite temporale per rilevare l’incompetenza viene posticipato, rimanendo precluso, dopo lo svolgimento dell’udienza di trattazione, non solo il potere della parte di proporre la relativa eccezione, ma anche il potere del giudice di rilevare l’incompetenza ex officio.

Pertanto, la parte non può eccepire per la prima volta l’incompetenza del giudice con un motivo di ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa dal giudice ritenuto incompetente e neppure il giudice può rilevare d’ufficio per la prima volta la propria incompetenza nella sentenza (Cass., 19/02/2009, n. 4007; Cass., 13/10/2006, n. 22055).

Invero, nel caso di opposizione a precetto proposta davanti al giudice di pace la rilevazione, sia ad istanza dell’opposto, sia da parte del giudice d’ufficio, della incompetenza per materia di quel giudice per essere l’opposizione riconducibile all’articolo 617 c.p.c. e soggetta, quindi, alla competenza per materia del tribunale in funzione di giudice dell’esecuzione, in quanto avente natura di opposizione agli atti esecutivi, deve avvenire alla prima udienza di effettiva trattazione, in applicazione dell’articolo 38 c.p.c. con adattamento alle forme del giudizio davanti a quel giudice. Verificatasi la preclusione l’incompetenza non può essere rilevata d’ufficio dal giudice con la sentenza anche quando egli proceda alla qualificazione dell’opposizione ai sensi dell’articolo 617 con la sentenza e nemmeno dalla parte opposta con un motivo di ricorso per cassazione contro la sentenza (Cass., 15-05-2018, n. 11816).

  1. Individuazione del mezzo di impugnazione

Diverso è il regime di impugnazione della sentenza emessa nei giudizi di opposizione all’esecuzione e in quelli di opposizione agli atti esecutivi. In particolare, ai sensi dell’art. 616 c.p.c., le sentenze che decidono sull’opposizione all’esecuzione, sia preventiva che successiva, sono appellabili e soggette a un doppio grado di giudizio. Diversamente, l’art. 618, u.c., c.p.c. dichiara espressamente non impugnabile la sentenza emessa nel giudizio di opposizione agli atti esecutivi, soggetta quindi soltanto a ricorso straordinario per cassazione ex art. 111, comma 7, Cost., in quanto non altrimenti impugnabile, oltre che a regolamento di competenza ex art. 187 disp. att. c.p.c.

Pertanto, qualora una parte voglia impugnare la sentenza che, a torto o a ragione, abbia qualificato l’opposizione come opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., in base al principio di apparenza (Cass., 20.01.2017, n. 1561) non potrà proporre appello, contestando l’errata qualificazione dell’opposizione, ma potrà soltanto ricorrere in Cassazione.

Può accadere che il giudice dell’opposizione non la qualifichi, indicandola in maniera generica come “opposizione a precetto” (con la quale possono essere contestati sia il diritto della parte istante di agire esecutivamente ex art. 615, comma 1, c.p.c., sia la regolarità formale dei singoli atti del procedimento esecutivo ex art. 617, comma 1, c.p.c.). In tale situazione, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto che “la qualificazione dell’opposizione, se all’esecuzione o agli atti esecutivi, spetta d’ufficio al giudice dell’impugnazione, non solo ai fini del merito, ma anche ai fini dell’ammissibilità dell’impugnazione stessa” (Cass., 08.03.2001, n. 3400).