10 Aprile 2018

L’Imu e la sovranità dell’incertezza del diritto

di Redazione Scarica in PDF

Sulle aree edificabili destinate all’esercizio di attività agricole (ovvero sulle quali persiste l’utilizzazione agro-silvo-pastorale mediante l’esercizio di attività dirette alla coltivazione del fondo, alla selvicoltura, alla funghicoltura ed all’allevamento di animali) vige una disciplina di favore ai fini Imu: qualora tali aree siano infatti possedute e condotte da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, iscritti alla previdenza agricola, esse non sono considerate fabbricabili e ma mantengono la condizioni di terreni agricoli.

Nella circolare 3/DF/2012 il Dipartimento, analizzando attentamente il caso dell’utilizzazione agricola di un terreno edificabile, ribadisce un orientamento costante espresso dalla Corte di Cassazione (Cassazione, sentenza n. 15566/2010), secondo la quale in caso di comunione di un terreno edificabile in cui persista, per l’intero l’utilizzazione agro-silvo-pastorale ad opera di uno dei comproprietari (in possesso dei requisiti richiesti, ovvero CD/IAP iscritto alla previdenza agricola), l’equiparazione dello stesso a terreno agricolo deve essere estesa anche agli altri comunisti che non esercitano, sullo stesso, attività agricola.

La qualificazione dell’area fabbricabile come terreno agricolo riveste infatti carattere oggettivo in considerazione del fatto che la destinazione del fondo a scopo agricolo rende impossibile lo sfruttamento del suolo edilizio.

In questo caso comunque i comproprietari non conduttori del fondo (anche se in possesso di qualifica CD/IAP iscritti alla previdenza agricola) saranno esentati dal pagamento del Imu solo se il terreno ricade in aree per cui vige l’esenzione generalizzata, in quanto carenti del requisito della conduzione, a differenza del comproprietario CD/IAP iscritto alle previdenza che conduce il terreno per il quale invece l’esenzione spetta a prescindere dall’ubicazione del terreno.

Di diverso avviso pare essere la C.T.R. Lombardia la quale, in riforma di una sentenza di primo grado ha rigettato il ricorso di un contribuente che ha impugnato un avviso di accertamento Imu per un’area fabbricabile da questi posseduta ma coltivata interamente dal padre e dai fratelli comproprietari in possesso della qualifica di C.D. con relativa iscrizione previdenziale.

La C.T.R. ha accolto infatti le controdeduzioni del Comune che attribuiva all’esenzione reclamata dal contribuente carattere soggettivo e non oggettivo, escludendone quindi l’estensione al contitolare non qualificato e non svolgente attività agricola.

Originali le argomentazioni proposte dalla suddetta C.T.R. la quale ha ritenuto semplicemente non condivisibili, seppure autorevoli, la motivazioni della sentenza della Cassazione n. 15566/2010, come pure l’interpretazione fornita dalla circolare ministeriale 3/DF/2012 che in materia di IMU riprende la linea interpretativa della suddetta sentenza.

Aggiunge la C.T.R. che tali interpretazioni porterebbero ad abusi ed iniquità macroscopiche in quanto a suo dire “basterebbe infatti che lo 0,01% di un’area edificabile sia posseduta da un coltivatore diretto (magari con una donazione artefatta) per assoggettare anche il proprietario al regime agevolato Ici e Imu”.

Considerazioni erronee in quanto si deve rilevare in primis che il presupposto agevolativo richiede la conduzione dell’intera area da parte dei comproprietari in possesso delle necessarie qualifiche professionali e previdenziali ed inoltre non sottolinea che il trattamento agevolativo è differenziato per i comproprietari non coltivatori: si riconosce a questi ultimi solo la non edificabilità dell’area in quanto oggettivamente ed effettivamente destinata ad attività agricole.

Purtroppo troppo spesso si ha evidenza del fatto che il federalismo fiscale sia inteso dalle Amministrazioni Comunali come un regime di deroga che permetta loro di considerarsi al di sopra di orientamenti giurisprudenziali e di documenti di prassi, accertando i contribuenti sulla base di propri convincimenti privi di qualsiasi supporto.

Occorre una seria riflessione da parte del legislatore nazionale sulla centralità dell’affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica: principio essenziale dello Stato di diritto che non può essere leso dalle Amministrazioni Comunali a proprio piacimento senza alcuna conseguenza.

In un momento in cui sempre più si investe nella costruzione di un rapporto di compliance e di fiducia tra amministrazione pubblica e contribuente, la tolleranza di tali atteggiamenti accertativi superficiali e vessatori non solo mina la credibilità dell’amministrazione finanziaria quale unico soggetto titolato a diramare atti interpretativi delle disposizioni che disciplinano l’attuazione del rapporto tributario ma toglie anche dignità allo Statuto del contribuente. Tale Statuto infatti non solo valorizza la rilevanza esterna delle circolari interpretative prevedendo che l’Amministrazione, in ossequio al dovere di informazione debba portare a conoscenza dei contribuenti, tempestivamente e con mezzi idonei, tutte le circolari e risoluzioni da esse emanate(…)” (articolo 5, comma 2, L. 212/2000) ma tutela anche l’affidamento del contribuente stabilendo che non sono irrogate sanzioni, né richiesti interessi moratori qualora egli si sia conformato ad indicazioni contenute in atti dell’amministrazione finanziaria (…)” (articolo 10, comma 2, L. 212/2000).

Articolo tratto da “Euroconferencenews“