17 Ottobre 2017

Integrazione della violazione del patto di non concorrenza

di Evangelista Basile Scarica in PDF

Cassazione Civile, Sezione Lavoro, 22 agosto 2016, n. 17239

Patto di non concorrenza – violazione – effettivo sviamento della clientela – acquisizione della prova –necessità – mera attività di promozione – idoneità – sussiste

 MASSIMA

Deve ritenersi che per verificare la violazione da parte dell’agente dell’impegno di non concorrenza contrattualmente assunto non deve aversi riferimento esclusivamente ai contenuti del contratto di agenzia eventualmente concluso con una impresa concorrente ma a tutte le attività concorrenziali poste in essere dall’agente in violazione del patto: ne consegue che ai fini della violazione del patto di non concorrenza non risulta necessario acquisire la prova di un effettivo sviamento della clientela, bastando ad integrarla una mera attività di promozione per conto della impresa terza non formalizzata nel contratto.

 COMMENTO

Nel caso in commento i Giudici di Legittimità – ribaltando la pronuncia della Corte territoriale –hanno accolto il ricorso proposto dall’ex mandante di un agente di commercio affermando la violazione del patto di non concorrenza. Ciò sull’assunto che non risultasse necessario acquisire la prova di un effettivo sviamento della clientela, bastando ad integrare detta violazione una mera attività di promozione per conto della nuova mandante nella zona in cui operava in precedenza, quand’anche non formalizzata nel contratto. In precedenza la Corte d’Appello aveva invece respinto le rivendicazioni risarcitorie operate dalla Società, osservando che le zone di competenza dell’agente non includevano quelle per le quali era stato instaurato il nuovo rapporto di lavoro e non era stato dimostrato lo sviamento di clientela. Da ultimo, la Corte territoriale rilevava che la novellata disciplina dell’art. 1751bis (introdotta dalla L. n. 422/2000), che ha previsto l’obbligo di un corrispettivo per il patto di non concorrenza, doveva essere applicata anche al contratto in causa, benché anteriore, in quanto il rapporto di agenzia era ancora in corso al momento della vigenza della modifica normativa e, pertanto, il patto di non concorrenza non doveva ritenersi, nella specie, operativo in mancanza della previsione dell’indennità richiesta dall’art. 1751 co. 2 c.c.

Avverso detta pronuncia della Corte d’Appello la Società ex mandante proponeva ricorso in Cassazione sulla base delle seguenti doglianze. La Società lamentava, in primo luogo, la violazione dell’art. 1751bis co.1 in relazione alla asserita necessità della prova di sviamento di clientela, sostenendo che fosse sufficiente la prova che l’agente avesse operato nella zona già in precedenza affidatagli. La Società ricorrente denunciava la falsa applicazione dell’art. 1751bis co. 2 c.c. e dell’art. 11 disp. prel. per avere la Corte territoriale ritenuto applicabile al patto di non concorrenza le modifiche apportate dalla L. n. 422/2000. La Società denunciava, inoltre, la violazione dell’art. 1751bis c.c. e dell’art. 1419 co. 2 per avere la Corte d’Appello ritenuto “non operativo” il patto di non concorrenza e per non avere, in ogni caso, disposto la eterointegrazione del contratto. Detti motivi di censura sono stati condivisi dalla Suprema Corte che, seguendo l’ordine logico di pregiudizialità, ha anzitutto accolto queste ultime due doglianze, ritenendo non applicabili al caso de quo le modifiche apportate dalla L. n. 422/2000. Al riguardo, la Cassazione ha osservato come, in “assenza di una disciplina transitoria predisposta dal legislatore, deve farsi riferimento all’art. 11 disp. prel. [..] secondo cui la legge non dispone che per l’avvenire e non ha effetto retroattivo”. Ne discende la piena applicabilità del patto di non concorrenza previsto dalle parti, in quanto ai sensi della disciplina previgente la previsione di un compenso per l’impegno assunto dall’agente era lasciata alla libera autonomia delle parti. La Cassazione ha poi condiviso la doglianza espressa in merito alla necessità (affermata dalla Corte territoriale), ai fini della prova della violazione del patto di non concorrenza, di dimostrare un effettivo sviamento di potere. Ciò rilevando che la Corte d’appello aveva escluso la violazione del patto di non concorrenza sulla base di un unico dato documentale, ossia il fatto che il nuovo contratto di agenzia era concluso per una zona diversa. Al riguardo la Cassazione ha rilevato come la Corte di merito non avesse, invece, considerato le allegazioni del ricorso ed i capitoli della prova testimoniale vertenti sul fatto che l’agente avesse di fatto operato nella zona in precedenza assegnata dall’ex mandante. A parere della Suprema Corte “tale allegazione era sufficiente a configurare i presupposti di fatto della azione ex articolo 1751 bis cc., indipendentemente dai contenuti del contratto di agenzia formalizzato con la nuova società mandate”. A fronte delle precedenti considerazioni, la Suprema Corte ha accolto il ricorso della Società e cassato la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’Appello di Bologna in diversa composizione per una nuova valutazione dei fatti alla luce dei principi di diritto sopra esposti.