10 Ottobre 2017

E’ possibile partecipare al procedimento di mediazione mediante conferimento di procura speciale all’avvocato

di Marika Ragni Scarica in PDF

Tribunale di Verona, ord., 11 maggio 2017 – Giudice Vaccari

Mediazione – Partecipazione personale delle parti – Rapporti con il processo, condizione di procedibilità – Rappresentanza in giudizio – Procura alle liti (D.lgs. 4 marzo 2010, n 28, Attuazione dell’art. 60 della l. 18 giugno 2009, n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali, art. 5, 8; cod. proc. civ., art. 83).

[1] Le parti possono conferire procura speciale ad altri soggetti, compresi i loro difensori, per farsi rappresentare nel procedimento di mediazione, a condizione che sia espressamente conferito loro il potere di parteciparvi.

CASO

[1] La pronuncia si sofferma sulla possibilità per la parte di delegare il proprio difensore a partecipare alla procedura di mediazione nel caso in cui la controversia rientri nell’ambito di applicazione della condizione di procedibilità ai sensi dell’art. 5, comma 2°, d.lgs. n. 28 del 2010.

Nel procedimento di mediazione instaurato ante causam su iniziativa dell’attrice, la convenuta non ha partecipato mentre l’attrice ha partecipato tramite un avvocato delegato dal proprio difensore, come si evinceva dal verbale prodotto in causa.

La mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione può costituire, per la parte attrice, causa di improcedibilità della domanda e, in ogni caso, per tutte le parti costituite, presupposto per l’irrogazione – anche nel corso del giudizio – della sanzione pecuniaria prevista dall’art. 8, comma 4 bis, d.lgs. n. 28 del 2010 (Trib. Mantova 22 dicembre 2015, in www.ilcaso.it; Trib. Verona 12 novembre 2015, ivi.) oltre che fattore da cui desumere argomenti di prova, ai sensi dell’art. 116, comma 2°, c.p.c. (Trib. Roma 29 maggio 2014, Rass. forense, 2015, 1015; nel senso che in questo caso possa aversi anche la condanna per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c. della parte nel successivo giudizio: Trib. Roma 29 maggio 2014, in www.ilcaso.it).

Pertanto, affinché possa ritenersi espletata la condizione di procedibilità occorre prendere posizione sull’annoso dibattito in ordine alla portata dell’obbligo di partecipazione della parte; se sia cioè necessaria la sua personale presenza o sia consentito, e sufficiente, il conferimento del potere di rappresentanza sostanziale al difensore.

SOLUZIONE

Il provvedimento interlocutorio in commento afferma il principio per cui la parte può conferire procura speciale ad un altro soggetto, compreso il suo difensore, affinché la rappresenti nel procedimento di mediazione (in senso conforme Trib. Verona, 28 settembre 2016, in www.expartecreditoris.it), in aperto contrasto con l’indirizzo dominante (Trib. Firenze 26 novembre 2014, in Riv. dir. proc., 2015, 559, con nota critica di Raiti; Trib. Firenze, 19 marzo 2014, in Giur. it., 2015, 641, con nota adesiva di Benigni; Trib. Palermo, 16 luglio 2014, in Giur. it., 2015, 639; Trib. Vasto 9 marzo 2015, in Giur. it., 2015, 1885, con nota di Mottironi; Trib. Roma 19 febbraio 2015 e Trib. Roma 14 dicembre 2015, entrambe in www.ilcaso.it; Trib. Bologna 11 novembre 2014, Trib. Bologna ord. 5 giugno 2014, entrambe in www.adrintesa.it).

In particolare, si sottolinea come né l’art. 8 d.lgs. n. 28 del 2010, né altra norma facciano riferimento alla presenza obbligatoria della parte alla procedura di mediazione, così come, al contempo, non si rinviene alcuna norma che vieti alla parte di conferire tale specifico potere rappresentativo al proprio difensore. Al contrario, il fondamento normativo della possibilità di attribuire a quest’ultimo una procura a conciliare può rinvenirsi nel generale disposto dell’art. 83 c.p.c., tant’è che detto potere viene solitamente inserito nella procura alle liti.

Diversamente, ad avviso del Tribunale veronese, si verificherebbe un’ingiustificata disparità di trattamento tra la parte che ha interesse alla realizzazione della condizione di procedibilità e le sue controparti, perché solo la prima è realmente esposta alla sanzione ipotizzata (sul punto si veda anche: Trib. Taranto, ord. 16 aprile 2015, in www.101mediatori.it; Trib. Firenze, 21 aprile 2015, ivi). Infatti, il comportamento della parte che non partecipi in alcun modo alla procedura di mediazione, senza giustificato motivo, assumendo un comportamento più grave di quello della parte che vi partecipi tramite il proprio difensore, non dà luogo all’improcedibilità della domanda giudiziale, non essendo una siffatta conseguenza contemplata dalla norma, ma addirittura esclusa. In tal caso, l’unica conseguenza nella quale la parte che non partecipa alla mediazione potrebbe imbattersi, è la condanna al pagamento del contributo unificato e la possibilità per il giudice di desumere dal suo comportamento argomenti di prova.

Nonostante la netta presa di posizione, la condizione di procedibilità non può ritenersi realizzata nel caso di specie, poiché dall’esame della procura alle liti risultante dagli atti è emerso che non era stato attribuito al proprio difensore nessuno specifico potere di partecipare al procedimento di mediazione né, tantomeno, quello di delegarlo a terzi. Non si reputa sufficiente, dunque, la procura alle liti contenente il potere di rappresentare l’assistito dinanzi al giudice all’udienza di prima comparizione ed un generico potere di conciliare e transigere la lite.

QUESTIONI

In seguito alla riforma del 2013, affinché possa ritenersi espletata la condizione di procedibilità dell’avvenuto esperimento del «procedimento di mediazione» (espressione utilizzata in vari passi dell’articolato e, in particolare, negli artt. 5 e 8 d.lgs. n. 28 del 2010) è necessaria la partecipazione al primo incontro. Per l’opinione maggioritaria il vincolo di partecipazione è limitato all’incontro informativo preliminare (Cuomo Ulloa, La nuova mediazione. Profili applicativi, Torino, 2013, 117 ss.; A.D. De Santis, La mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali: le novità del 2013, in Foro it., 2013, V, 265; Lupoi, Ancora sui rapporti tra mediazione e processo civile, dopo le ultime riforme, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2016, 12; per una lettura critica v. Raiti, Primo incontro in mediazione e condizione di procedibilità della domanda ai sensi del novellato art. 5, comma 2° bis, d.lgs. 4 marzo 2010 n. 28, in Riv. dir. proc., 2015, 564 ss.; cfr. Trib. Verona 24 marzo 2016, in www.ilcaso.it). Tuttavia, si è fatta strada una posizione particolarmente rigorosa secondo cui le sanzioni – improcedibilità inclusa – scattano anche in caso di rifiuto, al primo incontro, di proseguire nella fase successiva del vero e proprio tentativo di mediazione (Trib. Vasto, ord. 23 aprile 2016, in www.ilcaso.it; Trib. Pavia, ord. 17 giugno 2015, in www.101mediatori.it; Trib. Pavia, ord. 18 maggio 2015, ivi). La nobile ragione dell’«effettività», che tale ultimo orientamento millanta di voler garantire, non sembra rispondere alla volontà del legislatore del 2013 di reintrodurre l’obbligatorietà alleggerendo l’onere “economico” della parte (sia in termini di costi che di tempi: Raiti, op. cit., 565).

Sempre nell’ottica di rendere maggiormente «effettivo» il tentativo di mediazione, parte della giurisprudenza (Trib. Firenze 26 novembre 2014, cit.; Trib. Firenze 19 marzo 2014, cit.; Trib. Vasto 9 marzo 2015, cit.; Trib. Roma 19 febbraio 2015, cit.; Trib. Modena, ord. 2 maggio 2016, in www.mondoadr.it) ritiene che ai fini dell’assolvimento della condizione di procedibilità prevista dall’art. 5, comma 1° bis, d.lgs. n. 28 del 2010 sia indispensabile la partecipazione personale della parte in sede di primo incontro di mediazione, a fianco del proprio difensore (valorizza la partecipazione personale quale condotta minima necessaria a garantire le condizioni di una negoziazione effettiva Ferraris, Partecipazione personale ed effettività del procedimento: due elementi essenziali per il corretto espletamento del tentativo “obbligatorio”, in Contratti, 2015, 691, in nota a Trib. Vasto 9 marzo 2015, cit.).

La giurisprudenza ha intrapreso un percorso di rafforzamento dell’imposizione anche con riferimento della mediazione delegata post riforma 2013, decretando una sorta di automatismo tra mancata comparizione e sanzioni (Trib. Roma, ord., 26 ottobre 2015; Trib. Roma, ord., 26 ottobre 2015), così colmando artatamente la lacuna dell’apparato normativo (si v. le critiche di Sandulli, In tema di mediazione delegata dal giudice, in Nuova proc. civ., 2015, 2; cfr. Trib. Palermo 16 luglio 2014, in Giur. it., 2015, 639).

In quest’ottica, si afferma che la parte non potrebbe ricorrere ad alcuna forma di rappresentanza, né a favore del proprio avvocato né di altri soggetti, in ragione della natura «personalissima» delle attività da compiersi nel procedimento di mediazione (Trib. Vasto 9 marzo 2015, cit.; Trib. Firenze 26 novembre 2014, cit. secondo cui è la stessa «natura della mediazione» ad esigere che siano presenti le parti di persona; mentre Trib. Siracusa, 17 gennaio 2015, ammette non precisati «casi eccezionali» in cui sarebbe ammesso un rappresentante sostanziale della parte munito dei necessari poteri). L’indirizzo si fonda principalmente sul dato normativo letterale, ovvero i riferimenti che l’art. 8 comma 1°, d.lgs. n 28 del 2010, nel descrivere le modalità di svolgimento della mediazione, fa alla parte e al difensore quali soggetti che vi partecipano, a cui il Tribunale di Verona, all’opposto, attribuisce natura meramente descrittiva del possibile sviluppo della procedura.

In realtà, la normativa interna ed europea consente di inferire un mero dovere di partecipazione informata, salvaguardando la libertà di ciascuna parte in ordine alla prosecuzione del procedimento. Per questo altre recenti decisioni (Trib. Taranto 16 aprile 2015, in Contratti, 2015, 605 e in Quotidiano giur., 2015, con nota di Di Marco, Mediazione delegata: l’improcedibilità non può essere una sanzione atipica; Trib. Palermo 16 luglio 2014, cit.) escludono l’applicazione della sanzione di improcedibilità della domanda quando la mediazione sia stata anche solo formalmente esperita.

L’assenza di un riferimento normativo espresso che prescriva la presenza personale della parte suggerisce di mitigare l’interpretazione letterale, consentendo alla parte di conferire all’avvocato che l’assiste anche il potere di rappresentarla, possibilità d’altronde pacificamente ammessa già nel precedente contesto normativo (né da atto Cuomo Ulloa, op. cit., 82; cfr. Ruvolo, La mediazione ex officio iudicis e la proposta conciliativa ex art. 185 bis c.p.c., Corriere giur., 2014, 1006). La pretesa inammissibilità della rappresentanza nell’ambito del procedimento di mediazione si pone anche in contraddizione con la natura necessariamente disponibile dei diritti oggetto dello stesso e con il dominio della volontà delle parti in ogni passaggio del procedimento (cfr. Lupoi, op. cit., 18).

Sebbene la partecipazione personale sia opportuna e debba essere caldeggiata laddove vi sia la volontà di entrare nel vivo della mediazione, non deve prestarsi a «strumentalizzazioni finalizzate alla dilazione del termine massimo di integrazione della condizione di procedibilità» (Raiti, op. cit., 575). Quanto al conferimento del potere rappresentativo, anche le pronunce che ritengono ammissibile la comparizione delle parti tramite un delegato richiedono che questi sia a conoscenza dei fatti e sia munito del potere di conciliare (oltre alla pronuncia in nota v. Trib. Bologna, ord. 6 novembre 2014, in www.giuraemilia.it; Trib. Bologna 16 ottobre 2014, ivi.; Trib. Pavia 1° aprile 2015, cit.; Trib. Cassino, 16 dicembre 2014, in www.101mediatori.it, il quale peraltro connette la predetta facoltà ad una espressa previsione, in tal senso, nel regolamento dell’organismo adito). Quindi la procura deve conferire uno specifico potere “sostanziale” di partecipare al procedimento di mediazione e in ciò si distingue rispetto alla procura alle liti (Tommaseo, voce Rappresentanza processuale, in Enc. Giur. Treccani, XXV, Roma, 1987, 5). A tal fine, potrebbe risultare sufficiente il conferimento del potere di transigere e conciliare, purché riferito al contesto stragiudiziale e specifico del procedimento di mediazione.

Correttamente, poi, il Tribunale di Verona, constatata la carenza di potere rappresentativo, assegna un nuovo termine per la reiterazione del tentativo di mediazione, consentendo di evidenziare la deriva a cui giunge l’orientamento opposto sopra menzionato (rib. Vasto, 23 giugno 2015) che dichiara improcedibile la domanda disapplicando il disposto dell’art. 5, comma 1 bis, d.lgs. n. 28 del 2010.