Ragionevole durata del processo e indennizzo: l’incidenza del giudizio di legittimità costituzionale sulla disciplina applicabile sollevato da altro giudice
di Carolina Mancuso Scarica in PDFCass. 22 maggio 2017 n. 12855 (ord.)
Diritti politici e civili – Processo – Irragionevole durata – Risoluzione questione di costituzionalità sollevata in altro giudizio – Rilevanza – Limiti (l. 24 marzo 2001 n. 89, art. 2)
[1] Ai fini della determinazione della ragionevole durata del processo presupposto, la pendenza di una questione di legittimità costituzionale sulla disciplina applicabile nella causa, sollevata da altro giudice, non comporta l’automatica esclusione del tempo maturato nell’attesa della risoluzione dell’incidente di costituzionalità, né giustifica altrimenti un’implicita affermazione di complessità della fattispecie, soprattutto ove, come nel caso in esame, non sia dimostrata alcuna immediata e concreta incidenza del giudizio di legittimità costituzionale sul comportamento delle parti e del giudice di quel processo.
CASO
[1] Il caso sottoposto al vaglio della Corte di cassazione con l’ordinanza in epigrafe riguarda la questione dell’incidenza, ai fini della valutazione della ragionevole durata del processo, del giudizio di legittimità costituzionale sulla normativa applicabile, sollevato da altro giudice. In particolare, nel caso di specie, i ricorrenti lamentavano la violazione dell’art. 6 CEDU, degli artt. 2 e 4, legge n. 89/2001, nonché l’omesso esame di un fatto decisivo ex art. 360 co 1, n. 5 c.p.c., nella parte in cui la Corte d’appello di Catania con decreto del 3 novembre 2015 rigettava l’istanza di indennizzo per irragionevole durata del processo presupposto, ritenendone giustificata la protrazione in attesa della decisione da parte della Corte costituzionale della questione di legittimità sollevata in una causa diversa, ma avente rilevanza per il giudizio presupposto.
SOLUZIONE
[1] I giudici della Suprema Corte accolgono il ricorso e cassano il decreto impugnato. Sul punto la Corte osserva come, ai fini del calcolo della ragionevole durata del processo, la pendenza di una questione di legittimità costituzionale sulla disciplina applicabile nel giudizio a quo, sollevata da altro giudice, non determina l’automatica sottrazione del tempo impiegato per risolvere l’incidente di costituzionalità, né giustifica puramente e semplicemente la complessità della fattispecie, tenuto conto del fatto che nel caso in esame non era stata dimostrata la concreta incidenza della questione di legittimità costituzionale sul comportamento delle parti e del giudice del giudizio presupposto. Al riguardo, i giudici di legittimità richiamano alcuni precedenti che accolgono la medesima soluzione ivi seguita dalla Corte (v. richiamate in motivazione Cass. 11 febbraio 2014, n. 3096, Foro.it, Rep. 2014, voce Diritti civili e politici, n. 283; Cass. 2 febbraio 2017, n. 2847; Cass. 27 gennaio 2017, n. 2199).
QUESTIONI
[1] A parere della Corte, in tema di eccessiva durata del processo, il tempo impiegato per la soluzione della questione di costituzionalità sulla disciplina applicabile, sollevata da altro giudice, non va automaticamente escluso dal computo del termine ragionevole del giudizio, né determina aprioristicamente la complessità della fattispecie ai sensi dell’art. 2, comma 2, della legge n. 89/2001.
In tal senso, la decisione in epigrafe si inserisce nell’ambito di un più ampio orientamento della Suprema Corte, volto a scongiurare l’utilizzo di automatismi sul calcolo della durata congrua del processo, in grado di incidere negativamente sul riconoscimento dell’equo indennizzo in capo alla parte (v. Cass. 20 gennaio 2015, n. 801, id., Rep. 2015, voce Diritti civili e politici, n. 283; Cass. 11 febbraio 2014, id., Rep. 2014, voce cit., n. 283, richiamata dalla stessa ordinanza; Cass. 15 novembre 2010, n. 23055, id., Rep. 2010, voce cit., n. 283).
Ne consegue che la questione di legittimità costituzionale sollevata da altro giudice, anche se astrattamente connessa al giudizio a quo, da sé sola, non costituisce un elemento idoneo a giustificare una deroga ai limiti temporali di durata previsti dall’art. 2, comma 2 bis, legge n. 89/2001.
Il superamento di tali limiti può essere tutt’al più legittimato qualora si dimostri l’effettiva incidenza pregiudiziale della questione di costituzionalità sul merito della causa. Ciò al fine di evitare metri di giudizio eccessivamente rigidi e adeguare la ragionevolezza dei tempi alle particolarità strutturali e oggettive del caso concreto.
La stessa Corte in questa pronuncia lascia spazio a tale eventualità, rilevando come la propria decisione risulti dovuta soprattutto in mancanza della dimostrazione di «immediata e concreta incidenza del giudizio di legittimità costituzionale sul comportamento delle parti e del giudice».
In linea con tale orientamento, si era già espressa la Corte in un caso analogo (Cass., 16 gennaio 2017, n. 839, id., Rep. 2017, voce cit., n. 27), ritenendo necessaria la sospensione del giudizio presupposto al fine di poter considerare essenziale per la decisione l’incidente di costituzionalità, sollevato in una diversa causa.
Sul punto, si segnala peraltro che il nuovo art. 2, comma 2 quater, della legge n. 89/2001, introdotto dalla legge n. 134/2012, con l’intento di razionalizzare i costi conseguenti alla violazione della ragionevole durata, ha escluso dal relativo calcolo il periodo di sospensione del processo, sollevando di fatto questioni di compatibilità con l’art. 6, par. 1, CEDU e, di conseguenza, con l’art. 117, comma 1, Cost. (v. G. Finocchiaro, Limiti fissi sulla durata ragionevole del giudizio, in Guida al dir., 2012, 29, 72; sul punto v. anche L. Salvato, La disciplina dell’equa riparazione per l’irragionevole durata del processo nella morsa della giurisprudenza della Corte di Strasburgo e della specificità del nostro ordinamento, in Corriere giur., 2012, 993).