4 Luglio 2017

Appello incidentale nel processo ordinario: quando va notificato?

di Fabio Cossignani Scarica in PDF

Nel rito ordinario di cognizione non è prevista la notificazione dell’impugnazione incidentale, a differenza di quanto invece prescritto nel rito del lavoro. Ciononostante, al fine di tutelare il diritto di difesa delle parti, talvolta è comunque necessario provvedervi. Nelle pieghe della giurisprudenza si nasconde tuttavia anche un vero e proprio onere di notificazione dell’impugnazione, a pena di decadenza ed entro termini perentori particolarmente stringenti. Si coglie l’occasione di una recente pronuncia in materia per provare a fare il punto della situazione.

 

  1. Il principio nella giurisprudenza della Cassazione

È principio consolidato che «La norma dell’art. 343, 1º comma, c.p.c., secondo cui l’appello incidentale si propone nella prima comparsa o, in mancanza di costituzione in cancelleria, nella prima udienza o in quelle previste dagli art. 331 e 332 – senza che sia necessaria, quindi, la notifica dell’atto di impugnazione – è applicabile all’appello incidentale rivolto contro l’appellante principale o contro altra parte già costituita o che si costituisca prima del decorso dei termini d’impugnazione, ma non quando l’appello incidentale sia proposto nei confronti di parti non presenti nel giudizio di secondo grado; in tal caso, se l’impugnazione ha per oggetto una sentenza pronunciata in causa inscindibile o in cause tra loro dipendenti, il giudice deve assegnare all’appellante incidentale (che abbia tempestivamente proposto l’impugnazione con la comparsa o in udienza, nei confronti dell’appellante principale) il termine per integrare il contraddittorio nei confronti degli avversi litisconsorti necessari, a norma dell’art. 331 c.p.c.; se, invece, l’impugnazione ha per oggetto una sentenza resa in cause scindibili, l’appellante incidentale deve provvedere alla notifica dell’impugnazione nei termini perentori di cui agli art. 325 e 327 c.p.c.».

  1. Una recente applicazione.

Di recente, tale (articolato) principio è stato ribadito da Cass., 28 marzo 2017, n. 7886.

Il caso affrontato dalla Corte può essere così sintetizzato.

Tizio agiva per la condanna in solido di Caio e Sempronio, ottenendo tuttavia una condanna solo parziaria. A fronte dell’impugnazione principale di Caio contro il solo Tizio, quest’ultimo proponeva impugnazione incidentale sia contro Caio sia contro Sempronio per ottenerne la condanna in solido. Tuttavia, l’impugnazione incidentale, pur depositata nel rispetto del termine di cui all’art. 343 c.p.c., veniva notificata a Sempronio dopo la scadenza dei termini per impugnare.

La Corte ha ritenuto che, nella specie, l’impugnante incidentale (Tizio) non fosse onerato alla notifica, pena l’inammissibilità dell’appello incidentale, entro termini ex artt. 325 e 327 c.p.c. L’impugnazione incidentale in questione, infatti, equivaleva a un’ «impugnazione [avente] per oggetto una sentenza pronunciata in causa inscindibile o in cause tra loro dipendenti». In tale evenienza, pertanto, è necessario – ma anche sufficiente – un mero ordine di integrazione del contraddittorio nei confronti di Sempronio ex art. 331 c.p.c.

  1. Le singole fattispecie e la relativa disciplina.

Come si evince dal principio riportato al § 1, secondo la giurisprudenza sussistono casi in cui l’appello incidentale deve essere notificato.

Si cercherà di fare un po’ di chiarezza su questo tema. Infatti, si tratta di fattispecie assai diverse tra loro, che riflettono una disciplina altrettanto diversificata, sia per forme sia per effetti.

A) si immagini innanzitutto l’ipotesi più semplice, ossia che l’appello incidentale si rivolga nei confronti di soggetti già citati in giudizio dall’appellante principale.

In tal caso:

a1) se i contraddittori necessari dell’appello incidentale sono tutti costituiti nel giudizio di gravame o si costituiscono prima del decorso del termine di impugnazione, nulla quaestio. È pacifico che l’appello incidentale non debba essere notificato.

a2) se invece i contraddittori necessari dell’appello incidentale non sono costituiti, l’atto deve essere a questi notificato ex art. 292 c.p.c., in quanto contumaci, nel termine assegnato dal giudice (v. Cass., 20 aprile 2016, n. 7769; Cass., 19 settembre 2014, n. 19754; Cass., 24 agosto 2012, n. 14635). Tale notificazione può essere compiuta anche quando sono decorsi i termini ex artt. 325 e 327 c.p.c. per impugnare. Tanto è vero che, nel caso non sia adempiuto l’ordine del giudice, si verifica una nullità, di carattere relativo, che può essere fatta valere dal contumace col ricorso per cassazione (Cass., 26 marzo 2009 n. 7307), ove ne abbia interesse.

B) Maggiori problemi sorgono là dove l’appello incidentale si caratterizzi per una estensione soggettiva non coincidente con quella dell’impugnazione principale, nel senso che essa si indirizzi anche o soltanto nei confronti di soggetti non evocati nel giudizio di gravame dall’appellante principale.

In tal caso, occorre distinguere le seguenti ipotesi:

b1) tutte le parti nei cui confronti viene proposto l’appello incidentale sono comunque costituite, anche se – tutte o soltanto alcune – non sono state citate dall’appellante principale.

Ciò può accadere, ad esempio, quando l’appello principale è stato notificato a tutte le parti del giudizio di primo grado, con lo scopo di evocarne in giudizio alcune (art. 331 c.p.c.) e con finalità di mera denuntiatio litis per le altre (art. 332 c.p.c.). È possibile, dunque, che queste ultime – pur non citate – si siano comunque costituite per proporre la loro impugnazione incidentale all’interno del medesimo processo, come richiesto dall’art. 333 c.p.c. In questa evenienza, si ricade nell’ipotesi sub a): l’appello incidentale proposto dall’impugnato in via principale nei confronti di parte non citata, ma comunque costituita, non deve essere notificato.

b2) l’appello incidentale è proposto sia nei confronti dell’appellante principale (o quantomeno nei confronti di una parte già costituita in appello) sia nei confronti di altri soggetti non evocati in giudizio né costituiti (ossia, se ben intendiamo la giurisprudenza della Corte, «non presenti nel giudizio di impugnazione»), dando comunque luogo a una situazione di litisconsorzio necessario in fase di gravame tra tutti i soggetti passivi di tale impugnazione.

In tal caso, l’appello è validamente proposto con la comparsa depositata nel rispetto dei termini ex art. 343, co. 1, c.p.c. Tuttavia, è necessario integrare il contraddittorio ex art. 331 c.p.c. nei confronti di quei soggetti che non sono stati citati in giudizio né si sono autonomamente costituiti (Cass. n. 7886/2017, in epigrafe; Cass., 19 settembre 2014, n. 19722). Anche in questo caso non rileva il fatto che l’integrazione venga compiuta quando sono decorsi i termini per impugnare.

Questa è l’ipotesi che la giurisprudenza chiama, in maniera forse impropria, «impugnazione incidentale [avente] ad oggetto una sentenza resa in causa inscindibile o in cause tra loro dipendenti». L’affermazione appare impropria perché è l’oggetto dell’appello incidentale a dar luogo a una situazione di litisconsorzio in fase di gravame e non la sentenza di per sé. Infatti, prendendo come esempio il caso deciso da Cass. n. 7886/207, si nota che l’impugnazione principale, pur rivolgendosi contro la medesima sentenza, aveva originariamente determinato una situazione che di certo era caratterizzata dalla scindibilità di cause ex art. 332 c.p.c.

Peraltro, l’inscindibilità di cui parla la Cassazione, per dar luogo a un ordine di integrazione del contraddittorio ex art. 331 c.p.c. anziché a una declaratoria di inammissibilità dell’appello incidentale non notificata nei termini (v. infra), dovrebbe coinvolgere necessariamente l’appellante principale o una parte già costituita. Se invece tale litisconsorzio necessario interessasse solo parti diverse da queste, si esulerebbe dall’esempio, realizzandosi la fattispecie di cui appresso.

b3) nessuno dei soggetti, verso cui si rivolge l’appello incidentale, è stato citato nel giudizio di impugnazione dall’appellante principale né si è autonomamente costituito.

Ad esempio, si immagini che in primo grado Alfa abbia cumulato una domanda contro Beta e una diversa domanda contro Gamma, risultando vincitore nella prima e soccombente nella seconda. All’appello principale di Beta, proposto nei confronti del solo Alfa, può seguire un appello incidentale di quest’ultimo ex art. 333 c.p.c. ed ex art. 343, co. 2, c.p.c. contro Gamma, in principio non evocato nel giudizio di impugnazione dall’appellante principale.

Questa è l’ipotesi che la giurisprudenza chiama «appello incidentale [avente] ad oggetto una sentenza resa in cause scindibili». Con tale locuzione (altrettanto impropria) si intende – più semplicemente – un’impugnazione incidentale che abbia come contraddittori necessari soggetti del tutto diversi dai contraddittori necessari dell’impugnazione principale.

Ricorrendo tale fattispecie, in uno con la mancata costituzione spontanea di tutti i contraddittori necessari dell’impugnazione incidentale, la Cassazione ritiene che sull’appellante incidentale gravi un onere di notificazione in favore di questi da compiersi entro il termine per impugnare in via principale (artt. 325 e 327 c.p.c., secondo che la sentenza sia stata o meno notificata all’appellante incidentale) (Cass., 2 maggio 2011, n. 9649; Cass., 29 luglio 1994, n. 7127). La Corte argomenta dall’«art. 332 che, nel caso di impugnazione proposta, in causa scindibile, soltanto da alcuna delle parti o nei confronti di alcune di esse, dà facoltà al giudice di ordinare la notificazione alle altre parti, solo se l’impugnazione non sia preclusa o esclusa, così ribadendo, da un lato, l’autonomia delle posizioni delle parti in caso di litisconsorzio facoltativo e la diretta correlazione che deve sussistere tra i soggetti attivi e passivi del gravame, dall’altra la perentorietà dei termini dell’impugnazione, i quali – salvo l’eccezionale deroga nel caso di litisconsorzio necessario, di cui si è detto – non ammettono dilazioni per ordine del giudice o per l’attività di altre parti».

La tesi della giurisprudenza su tale ultima fattispecie lascia perplessi.

L’art. 333 c.p.c. onera sia l’impugnato sia la parte cui sia stata notificata l’impugnazione ai sensi dell’art. 332 c.p.c. a proporre la propria eventuale impugnazione in via incidentale.

L’art. 343, co. 1, c.p.c. disciplina forme e termini dell’appello incidentale, pretendendo che questo sia proposto, a pena di decadenza, 20 giorni prima dell’udienza, col deposito della comparsa ex art. 166.

In primo luogo, quindi, nessuna disposizione di legge impone la notificazione dell’impugnazione incidentale a pena di decadenza entro il termine per impugnare.

In secondo luogo, il ragionamento che fa perno sull’art. 332 c.p.c. appare piuttosto debole e, francamente, anche di difficile intendimento.

In terzo luogo, sembra più appropriato il ragionamento a contrario rispetto a quanto previsto nel rito del lavoro, dove espressamente vi è l’onere di notificazione dell’appello incidentale a pena di decadenza (art. 436, co. 3, c.p.c.), peraltro senza alcuna distinzione tra cause scindibili o inscindibili e con termine finale connesso all’udienza di comparizione e non ai termini per impugnare in via principale ex art. 325 e 327 c.p.c.

Infine, l’insegnamento della Cassazione confligge con il recente (e da molti auspicato) superamento del limiti soggettivi dell’impugnazione incidentale tardiva (v. Cass., sez. un., 27 novembre 2007, n. 24627; Cass., 29 marzo 2012, n. 5086). Se si ammette l’impugnazione incidentale tardiva ex art. 334 c.p.c. nei confronti di qualsiasi parte del giudizio di primo grado, senza che rilevi la scindibilità o inscindibilità delle cause, appare un controsenso pretenderne la notificazione, a pena di inammissibilità, entro i termini ex art. 325 e 327 c.p.c.