Pignorabili per intero i compensi degli amministratori di s.p.a.
di Viviana Battaglia Scarica in PDFEsecuzione forzata per obbligazioni pecuniarie – Compensi dell’amministratore di società – Pignoramento – Limite del quinto – Applicabilità – Esclusione (cod. proc. civ., artt. 409 n. 3, 545, comma 4).
[1] L’amministratore unico o il consigliere d’amministrazione di una società per azioni sono ad essa legati da un rapporto di tipo societario che, in considerazione dell’immedesimazione organica che si verifica tra persona fisica ed ente, e dell’assenza del requisito della coordinazione, non è compreso in quelli previsti dall’art. 409, n. 3, c.p.c., sicché i compensi spettanti ai soggetti predetti per le funzioni svolte in ambito societario sono pignorabili senza i limiti previsti dall’art. 545, comma 4, c.p.c.
CASO
All’esito di un’espropriazione presso terzi, il giudice dell’esecuzione assegnava alla Banca procedente l’intera somma accantonata da due s.p.a. in favore del debitore escusso a titolo di compensi per l’attività, qualificata di lavoro autonomo, di amministratore della prima società e di componente del consiglio di amministrazione della seconda.
Il debitore proponeva opposizione contestando, tra l’altro, la qualificazione della propria attività, che doveva ricondursi nell’ambito di applicazione dell’art. 409, n. 3, c.p.c., con conseguente limitazione della pignorabilità ad un solo quinto del totale. Accolta l’opposizione, il Tribunale revocava l’impugnata ordinanza e limitava l’assegnazione ad un quinto della somma che i terzi pignorati avevano accantonato.
Avverso la relativa sentenza la Banca creditrice proponeva ricorso per cassazione. Con ordinanza interlocutoria n. 3738 del 4 dicembre 2015, la terza sezione civile della S.C. sollecitava l’intervento delle SS. UU. per risolvere il rilevato contrasto giurisprudenziale sulla qualificazione giuridica del rapporto tra la s.p.a. ed il suo amministratore (se trattasi di lavoro parasubordinato o meno) e sul regime di pignorabilità dei compensi a questi spettanti (se siano pignorabili per intero ovvero nei limiti previsti per gli stipendi dall’art. 545, comma 4, c.p.c.).
SOLUZIONE
Alla luce delle modifiche legislative intervenute in ambito societario (d. lgs. n. 6/2003), le SS.UU. della S.C. ritengono necessario mutare l’orientamento dalle stesse inaugurato con sentenza n. 10680 del 1994 (e successivamente condiviso dalla prevalente giurisprudenza), secondo cui il rapporto tra amministratore e società deve qualificarsi come rapporto di lavoro parasubordinato ai sensi dell’art. 409 n. 3 c.p.c.
Invero, poiché la riforma del diritto societario ha reso l’amministratore “il vero egemone dell’ente sociale”, nell’attività da questi svolta non è più ravvisabile quella situazione di debolezza contrattuale ed eterodirezione che stanno alla base del coordinamento, quale presupposto indispensabile perché ai sensi dell’art. 409 n. 3 c.p.c. possa configurarsi un’attività parasubordinata.
Il rapporto che lega la società ed il suo amministratore rientra invece tra i rapporti societari, cui fa riferimento l’art. 3, comma 2, lett. a) del d. lgs. n. 168/2003 per l’individuazione della competenza ratione materiae del tribunale delle imprese.
Da ciò deriva che i compensi spettanti all’amministratore societario sono pignorabili senza limiti di sorta, non operando per essi il limite previsto dall’art. 545, comma 4, c.p.c.
QUESTIONI
La decisione in commento va senz’altro condivisa perché coerente col mutato assetto normativo in ambito societario. Essa affronta e risolve due questioni tra loro strettamente connesse: la prima riguarda la natura parasubordinata o meno del rapporto che lega la s.p.a. ed il suo amministratore; la seconda, il regime di pignorabilità dei compensi a questi spettanti per le funzioni svolte in ambito societario.
Sotto il primo profilo, la S.C. rammenta che il coordinamento presupposto dall’art. 409 n. 3 c.p.c. “deve essere inteso in senso verticale, ossia deve rappresentarsi come una situazione per cui il prestatore d’opera parasubordinata è soggetto ad un coordinamento che fa capo ad altri, in un rapporto che deve presentare connotati simili a quelli del rapporto gerarchico propriamente subordinato”. In altri termini, l’attività coordinata del lavoratore parasubordinato presuppone una forma di eterodirezione, o comunque di ingerenza e/o direttiva altrui, che la rende assimilabile a quella del lavoratore subordinato, tanto che entrambi i rapporti soggiacciono alla medesima disciplina processuale.
Ciò premesso, la Corte rileva che tale forma di eterodirezione non è assolutamente ravvisabile nell’attività dell’amministratore societario, atteso il generale ed esclusivo potere di gestione e rappresentanza dell’ente sociale conferitogli dai novellati artt. 2380 bis e 2384 c.c., nonché il carattere delimitato e specifico della competenza gestoria dell’assemblea (art. 2634 n. 5 c.c.), da cui discende l’impossibilità di ipotizzare un coordinamento da questa imposto all’amministratore.
Stando così le cose, tra amministratore ed ente sociale si configura un rapporto di immedesimazione organica funzionale alla vita stessa della società, e perciò non assimilabile né al rapporto parasubordinato né al contratto d’opera (in tal senso, cfr. già Cass. n. 22046/2014), ma annoverabile tra i rapporti societari di cui all’art. 3 d.lgs. n. 168/2003 (cfr. Cass. n. 14369/15).
Logico corollario della riferita impostazione è che i compensi spettanti all’amministratore o al consigliere di amministrazione di una società di capitali sono pignorabili per intero, non operando per essi il limite del quinto previsto dall’art. 545, comma 4, c.p.c. (sull’art. 545 c.p.c., che regola il pignoramento degli emolumenti retributivi e pensionistici v. V. Battaglia, Impignorabilità di stipendi e pensioni: le novità del D.L. 83/2015, in EC legal, 12 ottobre 2015).
Tutto ciò – sottolinea la S.C. – vale per gli emolumenti percepiti dall’amministratore nell’esercizio delle sue funzioni tipiche di gestione e rappresentanza della società.
Non è escluso, tuttavia, che tra quest’ultima e l’amministratore possa instaurarsi anche un diverso, autonomo e parallelo rapporto che assuma in concreto, secondo un accertamento che compete esclusivamente al giudice di merito, le caratteristiche di un rapporto subordinato o parasubordinato. I relativi emolumenti saranno pignorabili soltanto nei limiti del quinto.