17 Gennaio 2017

Sul sequestro civile di giornale on line: il principio di diritto espresso dalla Cassazione

di Elisa Bertillo Scarica in PDF

Cass., sez. un., 18 novembre 2016, n. 23469

Pres. Rordorf – Rel. De Stefano

Sequestro di giornali telematici – Equiparazione al giornale cartaceo – Tutela libertà di stampa – Applicazione  (Cod. proc. civ. artt. 363, 700; Cost. art. 21)

 [1] La tutela costituzionale assicurata dal terzo comma dell’art. 21 Cost. alla stampa si applica al giornale o al periodico pubblicato, in via esclusiva o meno, con mezzo telematico, quando possieda i medesimi tratti caratterizzanti del giornale o periodico tradizionale su supporto cartaceo e quindi sia caratterizzato da una testata, diffuso o aggiornato con regolarità, organizzato in una struttura con un direttore responsabile, una redazione ed un editore registrato presso il registro degli operatori della comunicazione, finalizzata all’attività professionale di informazione diretta al pubblico, cioè di raccolta, commento e divulgazione di notizie di attualità e di informazioni da parte di soggetti professionalmente qualificati. Pertanto, nel caso in cui sia dedotto il contenuto diffamatorio di notizie ivi pubblicate, il giornale pubblicato, in tutto o in parte, con mezzo telematico non può essere oggetto, in tutto o in parte, di provvedimento cautelare preventivo o inibitorio, di contenuto equivalente al sequestro o che ne impedisca o limiti la diffusione, ferma restando la tutela eventualmente concorrente prevista in tema di protezione dei dati personali.

(Principio di diritto pronunciato ai sensi dell’art. 363, comma 1, c.p.c.)

CASO

[1] Il presidente di un’università telematica, in proprio ed in tale sua qualità, proponeva dinanzi al Tribunale di Napoli ricorso per provvedimento cautelare d’urgenza ai sensi dell’art. 700 c.p.c. per la rimozione di un articolo, apparso sia in forma cartacea sia sul sito internet, prospettato come avente contenuto diffamatorio. Il ricorso, dichiarato inammissibile, era quindi oggetto di reclamo dinanzi allo stesso tribunale che, in sede collegiale, riconoscendo il contenuto diffamatorio dell’articolo, lo accoglieva, ordinando al gruppo editoriale di rimuovere l’articolo dalla pagina web e di deindicizzarlo presso i più comuni motori di ricerca, nonché di non rendere più visibile, sul sito web della testata, il blog collegato al medesimo articolo. Successivamente, il ricorrente proponeva un secondo ricorso avverso altri articoli ritenuti diffamatori pubblicati sul sito web di un quotidiano. Pur ritenendo il ricorso ammissibile, il Tribunale di Napoli lo respingeva nel merito, mentre il successivo reclamo veniva respinto dichiarando inammissibile la domanda cautelare proposta.

Riscontrata tale contrastante situazione e trattandosi di ordinanza emessa in sede di reclamo cautelare avverso provvedimento non ricorribile in cassazione e non altrimenti impugnabile, il ricorrente ha rivolto istanza al Procuratore Generale presso la Corte di cassazione di richiedere la pronuncia di un principio di diritto nell’interesse della legge ai sensi del primo comma dell’art. 363 c.p.c. Il Procuratore Generale ha, quindi, chiesto alla Corte l’enunciazione del principio di diritto al quale il giudice del merito avrebbe dovuto attenersi.

SOLUZIONE

[1] La Corte enuncia il principio di diritto riprodotto nella massima in epigrafe, riconoscendo, prima di tutto, la possibilità di equiparare il giornale telematico al giornale tradizionale pubblicato in forma cartacea, in quanto entrambi caratterizzati da «una testata, diffusi o aggiornati con regolarità, organizzati in una struttura con un direttore responsabile, una redazione ed un editore registrato presso il registro degli operatori della comunicazione, finalizzata all’attività professionale di informazione diretta al pubblico, cioè di raccolta, commento e divulgazione di notizie di attualità e di informazioni da parte di soggetti professionalmente qualificati». Riconosciuta tale equiparazione, la Corte afferma, quindi, la possibilità di riconoscere anche al giornale telematico la medesima tutela costituzionale assicurata alla stampa dal terzo comma dell’art. 21 Cost., secondo cui «si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l’indicazione dei responsabili».

QUESTIONI

[1] La pronuncia appare interessante sotto due differenti profili.

In primo luogo, rileva il ricorso al procedimento disciplinato dal primo comma dell’art. 363 c.p.c. per l’enunciazione di un principio di diritto nell’interesse della legge. Ai sensi del primo comma della disposizione citata, come novellato dall’art. 4 del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, «quando le parti non hanno proposto ricorso nei termini di legge o vi hanno rinunciato, ovvero quando il provvedimento non è ricorribile in cassazione e non è altrimenti impugnabile, il Procuratore generale presso la Corte di cassazione può chiedere che la Corte enunci nell’interesse della legge il principio di diritto al quale il giudice di merito avrebbe dovuto attenersi» (su cui v., tra gli altri, Fornaciari, L’enunciazione del principio di diritto nell’interesse della legge ex art. 363 c.p.c., in Riv. dir. proc., 2013, 32 ss.; Ianniruberto, Il «nuovo volto» dell’art. 363 c.p.c., id, 2010, 1087 ss.; De Cristofaro, Sub art. 363 c.p.c., in Codice di procedura civile commentato, diretto da Consolo, Milano, 2010, 872 ss.). L’istituto, di scarsa applicazione pratica, è caratterizzato, secondo la giurisprudenza, dalla natura di «procedimento autonomo e sui generis, del tutto privo di natura e funzione giurisdizionale» (così al punto 7 della motivazione della pronuncia in epigrafe.; in precedenza, nello stesso senso, cfr. Cass., sez. un., 1 giugno 2010, n. 13332, Foro it., 2011, I, 1862, con nota di Ianniruberto). Le sezioni unite hanno, infatti, fatto propria la tesi secondo cui vi è giurisdizione se ed in quanto il provvedimento emesso è destinato ad incidere su un’istanza di parte e nell’interesse della medesima (cfr. Id., La domanda del procuratore generale della Cassazione per l’enunciazione del principio di diritto: regole processuali, in Foro it., 2011, I, 1862), mentre il procedimento avviato a seguito dell’istanza del P.G. ha ad oggetto provvedimenti non impugnati e normalmente non impugnabili davanti alla Corte, sui quali peraltro la decisione della medesima non produce alcun effetto. La Corte ritiene, quindi, che il procedimento sia caratterizzato da una funzione nomofilattica pura, in quanto sua funzione è esclusivamente quella di condurre alla pronuncia di un principio di diritto che in nessun modo, per espressa volontà legislativa, può incidere sul provvedimento presupposto, che ne è mera occasione. Per attivare tale procedimento, la Corte richiede la compresenza di tre presupposti processuali: «a) l’avvenuta pronuncia di almeno uno specifico provvedimento giurisdizionale non impugnato o non impugnabile, tanto meno per Cassazione; b) la reputata illegittimità del provvedimento stesso (o, in caso di pluralità di provvedimento convergenti, di almeno uno di essi), quale indefettibile momento di collegamento ad una controversia concreta; c) un interesse della legge, quale interesse pubblico o trascendente quello delle parti, all’affermazione di un principio di diritto per l’importanza di una sua formulazione espressa». Tali presupposti vengono ritenuti sussistenti nel caso di specie, in cui ad essere oggetto della pronuncia della Corte sono due provvedimenti di carattere cautelare, non altrimenti impugnabili in Cassazione, che esprimono soluzioni opposte sulla medesima questione sottoposta all’attenzione dei giudici di merito circa il sequestro di giornali telematici e, più in generale, circa la tutela dell’informazione diffusa con quei mezzi, problema di particolare rilevanza data «l’importanza che la stampa telematica ha conquistato – per nozioni di comune esperienza, quando non di cronaca – nella vita quotidiana».

Sulla possibilità di sollevare la questione di legittimità costituzionale nell’ambito di un procedimento per la dichiarazione del principio di diritto, nel caso però di pronuncia d’ufficio, v. Cass. 1° ottobre 2014, n. 20661, id., 2014, I, 3444, con commento di A.D. De Santis, Sul rilievo di una questione di legittimità costituzionale da parte della cassazione che voglia pronunciare ex officio il principio di diritto nell’interesse della legge).

Passando al merito della questione, la Corte è chiamata a pronunciarsi circa l’applicabilità della tutela riconosciuta alla stampa in formato cartaceo dall’art. 21, terzo comma, Cost. alle pubblicazioni telematiche, questione cui viene offerta soluzione positiva in forza delle seguenti argomentazioni. Innanzitutto, la pronuncia analizza il termine «stampa» utilizzato dall’art. 21 della Costituzione, rilevando come, a tale nozione, possano essere ricondotte non solo le riproduzioni tipografiche destinate alla pubblicazione, ma altresì le pubblicazioni diffuse via internet: «in sostanza, mentre con la stampa tradizionale alla moltiplicazione dell’originale provvede direttamente in via per così dire accentrata lo stampatore e la distribuzione avviene in un tempo successivo, con quella telematica si ha la messa a disposizione dell’originale […] di una moltitudine indifferenziata di utenti finali, lasciando a questi il processo tecnico finale della visualizzazione». In tal mondo, la Corte aderisce alla soluzione in precedenza accolta dalle Sezioni Unite penali con la pronuncia 29 gennaio 2015, n. 31022 (id., 2016, II, 52, con nota di Palmieri), le quali avevano già ricondotto alla nozione di «stampa» i giornali telematici: «gli uni e gli altri […] sono qualificabili come prodotti editoriali, caratterizzati da una testata, dalla diffusione regolare, dall’organizzazione in una struttura con un direttore responsabile che sia giornalista professionista o pubblicista, una redazione ed un editore registrato presso il registro degli operatori della comunicazione, dalla finalizzazione all’attività professionale di informazione diretta al pubblico, per tale intendendosi quella di raccolta e commento di notizie di attualità e di informazioni da parte di soggetti professionalmente qualificati». Tale equiparazione conduce, pertanto, la Corte ad affermare l’applicabilità, anche ai periodici telematici, della tutela offerta alla «stampa» dal terzo comma dell’art. 21 della Costituzione e, quindi, ad escludere il sequestro o ogni altra forma di controllo di tipo preventivo, quanto meno nelle ipotesi in cui, come nel caso di specie, si ritenga leso il diritto all’onore e alla reputazione, che «benché certamente anch’esso fondamentale in quanto inerente in modo diretto alla personalità o alla dignità dell’individuo, deve intendersi recessivo dinanzi alla tutela della libertà di stampa». La medesima conclusione non può, tuttavia, secondo l’espresso dettame della Corte, essere estesa ad ipotesi di conflitti con altri diritti, assistiti da specifiche e differenti normative, come ad esempio quella in materia di protezione dei dati personali.