15 Novembre 2016

Il potere di convocazione dell’assemblea da parte del socio

di Laura Mazzola Scarica in PDF

Al socio di maggioranza di una S.r.l., titolare di almeno un terzo del capitale, va riconosciuto, nel silenzio della legge e dell’atto costitutivo, il potere di convocazione dell’assemblea in caso di inerzia dell’organo di gestione.

Tale principio di diritto è stato affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza 25 maggio 2016, n. 10821.

In particolare, secondo detta giurisprudenza, non è estensibile alle S.r.l., per mancato richiamo nella disciplina di riforma del 2003, la disposizione prevista, dall’articolo 2367 del codice civile, in tema di convocazione su richiesta dei soci di S.p.a.

Si ricorda che tale norma prevede che “gli amministratori o il consiglio di gestione devono convocare senza ritardo l’assemblea, quando ne è fatta domanda da tanti soci che rappresentino almeno il ventesimo del capitale sociale nelle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio e il decimo dei capitale sociale nelle altre o la minore percentuale prevista nello statuto, e nella domanda sono indicati gli argomenti da trattare. Se gli amministratori o il consiglio di gestione, oppure in loro vece i sindaci o il consiglio di sorveglianza o il comitato per il controllo sulla gestione, non provvedono, il tribunale, sentiti i componenti degli organi amministrativi e di controllo, ove il rifiuto di provvedere risulti ingiustificato, ordina con decreto la convocazione dell’assemblea, designando la persona che deve presiederla”.

Inoltre, non è reputato possibile estendere, oltre il suo specifico oggetto (“nomina e revoca dei liquidatori”), l’articolo 2487, secondo comma, del codice civile, ai sensi del quale, se gli amministratori omettono la convocazione dell’assemblea, il Tribunale vi provvede su istanza di singoli soci o amministratori, ovvero dei sindaci, e, nel caso in cui l’assemblea non si costituisca o non deliberi, adotta con decreto le decisioni ivi previste.

Al riguardo, “la riforma del 2003” – ha affermato la Corte di Cassazione – “ha differenziato fortemente la disciplina delle S.r.l. da quella delle S.p.a., eliminando la tecnica del rinvio”.

Allo stesso tempo, però, l’inapplicabilità dell’articolo 2367 citato potrebbe portare ad una “paralisi della vita societaria”, qualora la richiesta di convocazione dell’assemblea, da parte di una maggioranza qualificata di soci, fosse ostacolata dagli amministratori.

Per ovviare a detta possibilità, nel silenzio della legge e, nel caso di specie, dell’atto costitutivo, la Corte di Cassazione riconosce il potere, in caso di inerzia dell’organo di gestione, di convocazione dell’assemblea da parte del socio di maggioranza titolare di un terzo del capitale.

Tale decisione appare particolarmente rilevante poiché riconosce, in linea anche con le indicazioni dei notai (Massima I.B. 27 del Comitato Triveneto dei Notai) e della giurisprudenza di merito, il potere centrale del socio di maggioranza di S.r.l..