2 Agosto 2016

Gli effetti dell’accoglimento dell’opposizione di terzo revocatoria

di Fabio Cossignani Scarica in PDF

Una recente sentenza della Corte di cassazione ha affrontato un tema classico del diritto processuale: l’ampiezza degli effetti dell’accoglimento dell’opposizione di terzo ex art. 404, co. 2, c.p.c. (cd. opposizione di terzo revocatoria), nella specie proposta da un «creditore». La Corte opta per effetti ampi: il provvedimento sarebbe inefficace non soltanto rispetto al terzo opponente, ma anche tra le parti originarie. Si coglie l’occasione per analizzare la questione nel quadro dei precedenti giurisprudenziali e delle opinioni espresse dalla dottrina.

Cassazione, 3 dicembre 2015, n. 24631

Gli effetti dell’accoglimento dell’opposizione di terzo revocatoria proposta da un creditore

La Cassazione è pronunciata di recente sulla questione relativa agli effetti dell’accoglimento dell’opposizione di terzo revocatoria.

Questo il caso.

Pronunciato decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo tra Tizio (creditore) e Caio (debitore) sulla base di assegno bancario, veniva iscritta ipoteca giudiziale sui beni di Caio. Il decreto non veniva opposto.

In seguito, Sempronio, creditore di Caio, proponeva un’azione in cui si chiedeva di accertare la simulazione del negozio che aveva dato causa all’emissione dell’assegno e ai conseguenti decreto ingiuntivo e ipoteca giudiziale.

Il tribunale, qualificata la domanda come opposizione di terzo revocatoria ex art. 404, co. 2, c.p.c., revocava il decreto ingiuntivo, ritenendo provata la simulazione dell’accordo. La sentenza veniva così dichiarata inefficace non soltanto rispetto all’opponente, ma anche tra le parti. Medesima inefficacia colpiva quindi anche l’iscrizione ipotecaria.

La sentenza, impugnata specificatamente sul punto, era poi confermata in appello e in Cassazione.

La Cassazione ha affermato testualmente che «La sentenza che accoglie l’opposizione di terzo revocatoria ex art. 404 c.p.c., comma 2, proposta da un avente causa o da un creditore di una delle parti avverso la sentenza passata in giudicato o comunque esecutiva (ovvero il decreto ingiuntivo divenuto esecutivo ai sensi dell’art. 647 c.p.c.), quando sia l’effetto di dolo o collusione a suo danno (e quindi pregiudichi un suo diritto o, comunque, una sua situazione giuridica favorevole), non comporta l’inefficacia del precedente giudicato opposto, nei soli confronti del terzo opponente, mantenendolo fermo nel rapporto tra le parti originarie, bensì la totale eliminazione della sentenza (o del decreto) passata in giudicato nei confronti delle parti del processo originario, con effetto riflesso e consequenziale nei confronti del terzo opponente».

L’assenza di un’espressa previsione di legge

L’art. 408 c.p.c., anche se rubricato genericamente «Decisione», disciplina in verità solo le conseguenze della definizione in rito dell’impugnazione per inammissibilità o improcedibilità della stessa.

Nulla invece viene disposto circa l’accoglimento e le sue conseguenze.

Tale circostanza investe l’interprete di un arduo compito ricostruttivo, reso più difficoltoso dalla duplice forma dell’opposizione (ordinaria – co. 1 – e revocatoria – co. 2) e dalla pluralità dei soggetti legittimati (ad es., nell’opposizione revocatoria, gli «aventi causa» e i «creditori»).

Le opinioni della dottrina

La dottrina ha espresso le più disparate opinioni sia sull’istituto dell’opposizione di terzo in generale, sia sulla specifica questione concernente gli effetti della decisione di accoglimento (a favore dell’inefficacia del provvedimento anche tra le parti originarie, v. Mortara, Commentario del codice e delle leggi di procedura civile, Milano, 1923, IV, 536 ss.; Redenti, Il giudizio civile con pluralità di parti, Milano, 1960, 101, nt. 100; Fabbrini, L’opposizione di terzo ordinaria nel sistema dei mezzi di impugnazione, Milano, 1968; Cerino Canova, Le impugnazioni. Struttura e funzioni, Padova, 1973, 657 ss.; Nicoletti, Opposizione di terzo, in Enc. dir., XXX, Milano, 1980, 516; per la tesi più restrittiva, classicamente, Chiovenda, Principi di diritto processuale civile, Napoli, 1965, 1017; Allorio, La cosa giudicata rispetto ai terzi, Milano, 1935, 310).

Non potendo analizzare nel dettaglio le diverse tesi, basti qui rilevare la (recente) prevalenza dell’impostazione volta a modulare gli effetti dell’accoglimento in ragione di quanto necessario per la tutela del terzo (agli autori già citati, adde Liebman, Manuale di diritto processuale civile, II, Milano, 1981, 392; Zumpano, Sugli effetti della sentenza che accogli l’opposizione di terzo ex art. 404, comma 2, c.p.c., in Giust. civ., 1989, I, 2182; Luiso, Opposizione di terzo, in Enc. giur., Roma, 1990, 8; Olivieri, Opposizione di terzo, in Dig. civ., XIII, Torino, 1995, 139).

Anche se in questa prospettiva non è semplice né opportuno compiere generalizzazioni, può comunque affermarsi che, in caso di opposizione ordinaria (co. 1), di regola l’accoglimento travolge integralmente la sentenza, conducendo peraltro alla sostituzione della stessa con altra decisione (cd. giudizio rescissorio: si pensi, al riguardo, all’opposizione del litisconsorte pretermesso ovvero all’accertamento di un diritto del terzo autonomo e prevalente).

Al contrario, questo ampio raggio di azione, peraltro non assoluto, si riduce (recte, tende a ridursi) nelle opposizioni revocatorie, fino a potersi predicare, specie per l’opposizione dei «creditori», un mero effetto di inopponibilità della sentenza al terzo, secondo un parallelismo con l’azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c. (ma si tratta, comunque, di un parallelismo imperfetto: cfr. Cerino Canova, op. cit., 660). In tal caso – analogo a quello affrontato da Cass. n. 24631/2015 – l’accoglimento dell’opposizione potrebbe conservare gli effetti della sentenza impugnata tra le parti originarie, a condizione che tale permanente e parziale validità non pregiudichi le ragioni del terzo.

Gli orientamenti giurisprudenziali

Anche la giurisprudenza, benché non copiosa, si è in prevalenza espressa per un’efficacia non predeterminabile in maniera rigida.

È massima ricorrente, infatti, quella secondo cui «il giudicato formatosi in sede di opposizione di terzo, anche se normalmente produce l’effetto di evitare che la sentenza impugnata arrechi pregiudizio al terzo, estende necessariamente la sua efficacia anche nei riguardi delle parti del giudizio originario qualora accerti un rapporto incompatibile con quello riconosciuto dalla sentenza gravata di opposizione» (v. Cass., 25 gennaio 1993, n. 833; v. anche v. Cass., 30 gennaio 1967, n. 260; Cass., 18 gennaio 197, n. 129; Cass. 21 febbraio 1992, n. 2115).

Rispetto a questo orientamento, Cass. n. 24631/2015 dimostra una evidente discordanza, in quanto il principio di diritto espresso appare perentorio nel senso della «totale eliminazione della sentenza impugnata», anche ove si tratti opposizione revocatoria del creditore, ossia anche nell’ipotesi in cui, di regola, si ritiene che gli effetti siano più limitati.

La giurisprudenza richiamata da Cass. n. 24631/2015

Cass. n. 24631/2015 richiama come precedenti conformi Cass., 27 giugno 1988, n. 4324 e Cass., 13 marzo 2009, n. 6261.

Proprio a Cass. n. 4324/1988 (pubblicata in Giust. civ., 1989, I, 2810, con nota di Zumpano) si deve il cambio di prospettiva rispetto alla giurisprudenza prevalente.

Si trattava anche in quel caso di una collusione a danno dell’opponente, ma la fattispecie si mostrava più ampia rispetto a quella oggetto della decisione del 2015.

Anche in quell’occasione l’obiettivo dell’opponente era rendere inefficace un decreto ingiuntivo provato da cambiali, cui aveva fatto seguito l’iscrizione di ipoteca sui beni del debitore.

Di diverso vi era che l’opponente aveva non una, ma due ragioni di credito nei confronti dell’ingiunto. In virtù di un rapporto contrattuale complesso, vantava, da un lato, un diritto pecuniario al risarcimento del danno; dall’altro, risultava promissario acquirente dei beni oggetto dell’ipoteca.

L’iscrizione, quindi, lo pregiudicava due volte: sia perché diminuiva la garanzia patrimoniale del suo credito pecuniario; sia perché gli impediva di acquistare la proprietà del bene promesso in vendita.

La Corte ha ritenuto che il danno non potesse essere impedito se non eliminando il giudicato tra le parti originarie ed eliminando parimenti «il rapporto giuridico accertato».

Il riferimento di Cass. n. 24631/2015 a Cass., 13 marzo 2009, n. 6261, invece, non sembra pertinente. Da un lato, infatti, la decisione del 2009 aveva ad oggetto l’opposizione di un avente causa (se non addirittura l’opposizione di terzo ordinaria promossa da un litisconsorte pretermesso) e non l’opposizione di un creditore. Dall’altro, la pronuncia appare consonante con la giurisprudenza più risalente, della quale infatti invoca testualmente gli insegnamenti, non escludendo quindi a priori che l’accoglimento dell’opposizione possa determinare una mera inefficacia relativa della decisione impugnata.

Brevi considerazioni

L’accertamento di un debito di Caio nei confronti di Tizio, di per sé, non pregiudica il diritto di Sempronio, creditore di Caio.

Infatti, l’accertamento non fa stato nei confronti del creditore rimasto estraneo al giudizio. Né il credito di quest’ultimo è incompatibile con la sussistenza di ragioni creditorie verso lo stesso debitore da parte di altri soggetti (cfr. Satta, Commentario, 364).

Il danno nei confronti di Sempronio si realizza in virtù del fatto che il provvedimento emesso inter alios è altresì titolo esecutivo nonché titolo per iscrivere ipoteca giudiziale. L’iscrizione, ottenuta mediante un processo viziato da dolo o collusione, lede la garanzia patrimoniale del credito di Sempronio.

Non è quindi così peregrino ritenere che, in questa fattispecie, sia sufficiente la mera inopponibilità a Sempronio del provvedimento in quanto tale (inopponibilità che discende dai principi generali: art. 24 Cost.) e delle iscrizioni compiute in forza di questo (inopponibilità determinata dall’accoglimento dell’opposizione).

Tale soluzione risulta convalidata se si ammette che l’opposizione possa riuscire fondata sulla base della semplice dimostrazione del dolo o della collusione, ossia anche qualora, in realtà, il credito di Tizio verso Caio sussista realmente (contra, Mortara, op. cit., 536). E d’altro canto, le reciproche contestazioni sull’esistenza dei rispettivi crediti potranno essere coltivate, sussistendovi l’interesse, secondo le norme ordinarie, ossia in sede distributiva ex art. 512 c.p.c. (diversamente orientato sembra invece Cecchella, L’opposizione del terzo alla sentenza, Torino, 1995, 294 s., secondo il quale colui che risultava creditore nella sentenza poi opposta dovrebbe sempre essere soddisfatto dopo il creditore opponente, in analogia all’art. 2902 c.c.).

In definitiva, poiché lo scopo principale dell’opposizione di terzo revocatoria non è la sostituzione di un accertamento ingiusto con una decisione giusta, quanto piuttosto la tutela del terzo dal pregiudizio sofferto (Zumpano, op. cit., 2181), l’accoglimento dell’opposizione di terzo revocatoria non sempre e non necessariamente impone la totale eliminazione della sentenza anche tra le parti originarie. Occorre valutare caso per caso.

Tale affermazione necessita tuttavia di una precisazione. Infatti, alla semplice opposizione potrebbe aggiungersi anche un ulteriore oggetto di accertamento, idoneo secondo i casi a reagire sull’ampiezza degli effetti dell’accoglimento della stessa opposizione di terzo.

Si prenda come esempio proprio la fattispecie concreta decisa da Cass. n. 24631/2015. L’opponente aveva instaurato un giudizio chiedendo, innanzitutto, l’accertamento della simulazione del negozio che aveva dato luogo al decreto ingiuntivo e all’iscrizione ipotecaria.

A prescindere dalle questioni di merito che una simile domanda potrebbe suscitare e dal tipo di connessione che si instaura tra essa e l’oggetto proprio dell’impugnazione (pregiudizialità o dipendenza), occorre preliminarmente domandarsi se tale oggetto possa essere deciso con efficacia di giudicato nell’ambito di un’opposizione di terzo, tenuto conto che tale giudizio potrebbe scontare la perdita di un grado di giurisdizione.

Se si opta per la risposta affermativa, diventa plausibile l’idea che l’accertamento erga omnes della simulazione si riverberi anche sull’oggetto dell’opposizione di terzo, incidendo così sull’ampiezza dei suoi effetti. Infatti, sarebbe contraddittorio ritenere che la simulazione assoluta del negozio sia accertata con effetti erga omnes ma che, ciononostante, la sentenza emessa sulla base del medesimo negozio continui ad essere efficace inter partes, benché inopponibile al terzo.